TESTO DEI MOTIVI DI RICORSO AL TAR LAZIO PROPOSTO DAL COORDINAMENTO AER – ANTI – CORALLO PER L’ANNULLAMENTO DELLA DELIBERAZIONE N.105/99 DEL 14 LUGLIO 1999 DELLA AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI RECANTE L’INTEGRAZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI ASSEGNAZIONE DELLE FREQUENZE PER LA RADIODIFFUSIONE TELEVISIVA (PIANO DI SECONDO LIVELLO). |
Con la deliberazione n. 68/98 resa nella riunione di Consiglio del 30/10/98, pubblicato in G.U. del 10/11/98 l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Pres. Prof. Cheli, Relatore Ing. Lari) ha emanato il piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva (cosiddetto piano di I livello).
Tale piano è costituito da un tabulato suddiviso in ventuno parti ciascuna delle quali riferita ad una regione o provincia autonoma, che costituisce singolo bacino di utenza, recante anche indicazione delle varie postazioni di emissione (anche denominati siti comuni) con specificazione per ognuna di :
- nome della postazione ;
- provincia ove è ubicata la postazione ;
- longitudine e latitudine ;
- quota ;
- polarizzazione dell’antenna trasmettente ;
- tipo di offset da impegnare negli impianti e relativo valore ;
- altezza del sistema radiante ;
- area interessata dal servizio ;
- canali utilizzabili ;
- potenza equivalente irradiata in Dbk ;
- angolo di abbassamento in gradi rispetto al piano orizzontale del lato di irradiazione.
Costituisce parte integrante del piano la relazione illustrativa con le relative quattro tabelle allegate, concernenti la copertura del territorio delle regioni e province autonome ed i siti previsti.
Il numero delle reti nazionali viene stabilito in undici.
I siti complessivamente previsti sono 487.
Da ogni sito è possibile irradiare su 17 canali (di cui undici per ognuna delle suddette reti nazionali e sei per le emittenti locali).
Ne consegue che gli impianti (ad ogni impianto corrisponde un canale) complessivamente previsti dal piano (di I livello) sono 8279 (487 X 17 = 8.279).
Di questi :
- 5357 (487 X 11 = 5357) sono destinati alle undici TV nazionali ;
- 2922 (487 X 6 = 2922) sono destinati alle TV locali.
Non è stato definito (contrariamente a quanto previsto dall’art.2, comma 6 della legge 249/97) il numero delle emittenti locali.
I canali irradiabili attraverso i suddetti impianti sono 51 e precisamente :
6 in banda III (banda VHF)
45 in banda IV e V (banda UHF)
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51 totale
Conseguentemente rispetto ai 59 canali previsti per la radiodiffusione televisiva dal piano nazionale di ripartizione delle frequenze (DM 31/1/83 e successive modifiche e integrazioni) ne sono stati sottratti otto e precisamente :
in Banda I : i canali A e B (che ai sensi del punto 5 della deliberazione, in considerazione “delle specifiche caratteristiche di propagazione e della necessità di antenne di utente diverse da quelle di tutte le altre bande di frequenza utilizzate e quindi del loro difficile impiego, sono assegnati agli operatori che attualmente ne fanno uso e in particolare al servizio pubblico (RAI) sino all’introduzione completa della radiodiffusione televisiva in tecnica digitale”).
In Banda III: il canale H2 (12 della canalizzazione europea) riservato alle trasmissioni sperimentali digitali radiofoniche (DAB -T) ;
il canale G (9 della canalizzazione europea) riservato alle trasmissioni sperimentali digitali televisive (DVB-T) ;
in Banda V: i canali 66, 67, 68 riservati alle trasmissioni sperimentali digitali televisive (DVB-T) ;
il canale 69 in quanto riservato al Ministero della Difesa ai sensi del DM 31/1/83 e successive modifiche e integrazioni (piano ripartizione delle radio frequenze).
Per la costituzione di ciascuna delle sopraindicate 17 reti (undici per le TV nazionali e sei per le TV locali) sono stati utilizzati (punto 3 della deliberazione) tre canali generici (metodo tipico della telefonia cellulare).
Le frequenze (canali) effettivamente associate alle frequenze generiche dovranno essere determinate in sede di rilascio delle concessioni.
Il territorio nazionale è stato suddiviso in bacini di utenza coincidenti rigorosamente con il territorio delle regioni e delle provincie autonome di Trento e Bolzano (si veda la premessa della deliberazione).
Ogni impianto ricompreso nel piano serve un’area contenuta nell’ambito di una sola regione o provincia autonoma, salvi gli inevitabili debordamenti (si veda la premessa della deliberazione).
E’ stata configurata pertanto una struttura regionale delle reti per la radiodiffusione televisiva di programmi in ambito nazionale, assumendo per tutte una copertura almeno dell’80% del territorio nazionale e di tutti i capoluoghi di provincia, con servizio di circa il 92% della popolazione (si veda la premessa della deliberazione).
Tutti gli impianti che servono la stessa area, come si è detto, sono stati localizzati in un sito comune (si veda la premessa della deliberazione).
La qualità della ricezione è stata stabilita ad un valore corrispondente al grado 4, riferito ai livelli della scala di qualità soggettiva UIT-R Unione Internazionale delle Telecomunicazioni-Radiocomunicazioni (si veda il punto 2 della deliberazione).
Non è previsto l’uso di collegamenti a rimbalzo e quindi la protezione di questi contro le interferenze (si veda la premessa della deliberazione).
Successivamente il DL 15/99, convertito con modificazioni dalla legge 78/99 ha previsto l’obbligo dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di procedere all’integrazione del suddetto piano delle frequenze anche con riferimento alle ulteriori risorse da assegnare ai sensi dell’art. 2, comma 6 della legge 249/97, nonché l’obbligo di stabilire il numero delle emittenti locali che potranno operare in ogni bacino (a seguito del rilascio delle nuove concessioni ugualmente disciplinate dalla legge 78/99). Tale integrazione (cosiddetto piano di II livello) è stata emanata dall’Autorità con deliberazione n.105/99 del 14/7/99, pubblicata in G.U. n.192 del 17/8/99. Tale piano di II livello prevede 280 siti (quindi 207 di meno rispetto al piano di I livello). Su 260 di tali siti il numero dei canali aggiuntivi utilizzabili per le esigenze della emittenza televisiva locale sono 17, mentre su 23 di tali siti sono 34 (probabilmente la deliberazione contiene un errore in quanto 260 + 23 dà come risultato 283 e non 280). La percentuale del territorio coperto con il piano di II livello è pari a solo il 43,2% (45,4% per il territorio al di sotto dei 1800 M. di quota).
La percentuale della popolazione servita con tale piano è pari a solo il 65,4%.
Sono coperti tutti i capoluoghi di regione, mentre viene data copertura a solo 84 capoluoghi di provincia su 103 (compresi i capoluoghi di regione). In particolare non sono servite con le risorse di secondo livello le seguenti province:
EMILIA ROMAGNA: Ferrara, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini.
LOMBARDIA: Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova.
PIEMONTE: Alessandria, Novara, Verbania, Vercelli.
VENETO: Vicenza, Rovigo.
SICILIA: Enna.
Ne consegue che il piano di II livello esclude ancora più siti (tra quelli nei quali sono attualmente ubicati impianti delle emittenti) del piano di I livello; crea inoltre le condizioni per una drastica riduzione delle emittenti in molte aree, e per una riduzione della copertura territoriale nelle altre. Infine non stabilisce il numero delle emittenti locali che potranno operare in ogni bacino. L’atto impugnato è pertanto illegittimo per i seguenti
MOTIVI DI DIRITTO
1)VIOLAZIONE DELL’ART.1, CO. 6, LETTERA A, N.2 DELLA LEGGE 249/97.
L’art. 1, comma 6, lettera A n. 2 della Legge 249/97 prevede che l’Autorità elabori il piano, sentite le Associazioni a carattere Nazionale di emittenti reti e private.
Le ricorrenti associazioni AER, ANTI, CORALLO e l’organismo federale comprendente le stesse (Coordinamento AER, ANTI, CORALLO) sono state “sentite” dall’Autorità in ordine la piano esclusivamente nel corso dell’audizione del 14 maggio 1999.
In tale occasione nonostante le ripetute richieste delle ricorrenti, l’Autorità non ha fornito alle stesse lo schema del piano di assegnazione delle frequenze di secondo livello sul quale esprimere il parere.
A seguito di tale modo di procedere AER, ANTI e CORALLO e l’organismo federale tra le stesse non hanno avuto alcuna possibilità di esprimere il parere sul contenuto del piano, mancando l’oggetto sul quale esprimere il parere stesso.
Le ricorrenti hanno potuto soltanto esprimere generiche considerazioni e proposte in ordine alle modalità di pianificazione, senza poter esprimere invece valutazioni concrete sul numero delle emittenti, sulle localizzazioni dei siti, sulla determinazione dei bacini, sulla individuazione dei canali, etc.
2) VIOLAZIONE DELLA LEGGE 122/98 (ART. 1, COMMI 1 E 2)
Non risulta che l’Autorità abbia rimesso alle Regioni lo schema di piano di II livello al fine di acquisire il parere previsto dall’art. 2, comma 6 della legge 249/97 e dell’art. 1, commi 1 e 2 della legge 122/98. Né può essere considerato valido il parere reso relativamente al piano di I livello.
3) VIOLAZIONE DEGLI ART. 3, 41 E 97 DELLA COSTITUZIONE E DELLA SENT. 202/76 DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Il Piano delle frequenze televisive elaborato dall’Autorità (sia di primo che di secondo livello) è contrario ai principi costituzionali poichè invece di rappresentare uno strumento tecnico per il corretto uso dell’etere (cioè finalizzato a ottimizzare gli equilibri interferenziali nonchè a risolvere le problematiche di carattere urbanistico, ambientale e igienico-sanitario), diversamente è in buona sostanza uno strumento che ha come risultato quello di ridurre drasticamente l’emittenza televisiva locale ; e ciò in contrasto con ogni principio di pluralismo, libertà di pensiero e libertà di impresa.
Il piano di cui alla deliberazione 105/99 non persegue il pluralismo bensì va in direzione esattamente opposta.
Il provvedimento impugnato anzichè prevedere una pianificazione basata sulla compatibilizzazione, ottimizzazione e razionalizzazione dell’esistente, che avrebbe permesso appunto, nel rispetto dei criteri indicati dalle Leggi 223/90, 249/97 e 122/98, di ottimizzare le utilizzazioni radioelettriche e gli equilibri interferenziali, diversamente ha previsto una pianificazione assolutamente teorica e completamente avulsa dell’esistente che ha avuto come risultato quello di ridurre drasticamente (a fronte di alcun effettivo vantaggio tecnico) gli spazi di trasmissione.
L’Autorità, in buona sostanza, ha ritenuto di non tenere in alcun conto l’esperienza televisiva maturata nel campo, che ha permesso di pervenire in ventidue anni di trasmissioni in concreto, ad un assetto distributivo delle frequenze di trasmissione piuttosto equilibrate e, per lo più, privo di problematiche interferenziali significative (il contenzioso tra emittenti per questioni interferenziali, negli ultimi anni, si è quasi azzerato).
4) VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 3 DELLA LEGGE 78/99
L’art. 1, comma 3 del DL 15/99, convertito con modificazioni dalla legge 78/99 stabilisce che l’integrazione del piano deve contenere l’indicazione del numero delle emittenti che possono operare in ciascun ambito locale (cioè che potranno ottenere le nuove concessioni ai sensi della stessa legge 78/99).
Tale norma è molto importante in quanto finalizzata a garantire massima trasparenza in sede di rilascio delle concessioni e a limitare la discrezionalità della P.A. nel relativo procedimento.
Peraltro già l’art. 2, comma 6 della legge 249/97 stabiliva che l’Autorità dovesse fissare il numero delle reti e dei programmi irradiabili in ambito nazionale e locale.
Al punto 3 della deliberazione 68/98 l’Autorità però stabiliva soltanto che le reti sono 17 di cui 6 riservate alle esigenze della radiodiffusione televisiva in ambito locale e 11 assegnate alla radiodiffusione televisiva in ambito nazionale.
Tale deliberazione pertanto nulla diceva sul numero dei programmi irradiabili in ambito locale (cioè sul numero delle emittenti, in quanto ad ogni emittente corrisponde necessariamente un programma), limitandosi a prevedere (con una errata interpretazione del citato art. 2, comma 6 della legge 249/97) che per l’emittenza locale erano destinati un numero di impianti corrispondenti a quelli di sei reti nazionali.
La violazione di legge era pertanto di tutta evidenza.
La legge 78/99 è intervenuta eliminando ogni equivoco interpretativo e stabilendo con chiarezza che deve essere indicato il numero delle emittenti locali che possono operare in ciascun ambito locale (cioè in ciascun bacino).
Con il preciso riferimento al numero delle emittenti (anziché al numero dei programmi come faceva la legge 249/97) è dunque inequivocabile l’obbligo normativo.
Diversamente l’Autorità anche con il piano di secondo livello non ha indicato il numero delle emittenti locali che possono operare in ogni ambito locale, limitandosi soltanto a formulare una serie di ipotesi peraltro completamente diverse tra loro. La violazione di legge è di tutta evidenza.
La mancanza dell’indicazione del numero delle emittenti si riflette su tutti gli atti successivi relativi al rilascio delle nuove concessioni.
Come sarà possibile ad es. partecipare ad una gara per il rilascio delle concessioni televisive locali in Toscana quando non si conosce il numero dei soggetti che potranno ottenere le concessioni?? Come sarà possibile redigere la relativa graduatoria??
5) MANCANZA DI MOTIVAZIONE NELLA SOPPRESIONE DEI SITI
La deliberazione n.105/99 dell’Autorità è stata assunta senza alcuna motivazione circa le ragioni per le quali si è ritenuto di escludere i siti de quibus.
6) MANCATO RISPETTO DELLA VALORIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI ESISTENTI E AL MANCATO RISPETTO DEL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DI AFFIDAMENTO
Tutta la normativa di settore che si è susseguita negli anni è finalizzata alla valorizzazione degli impianti esistenti e degli investimenti operati dalle imprese.
In particolare :
– l’art. 34 della legge 223/90 ha stabilito che gli impianti censiti in base alla legge 10/85 costituiscono elementi per la definizione del piano ;
– l’art. 1, comma 2 della legge 422/93 chiarisce che gli acquisti di impianti televisivi operanti prima di tale normativa sono legittimi ;
– l’art. 6, comma 1 della stessa legge 422/93 prevede la possibilità di compravendita di intere emittenti (per tre anni) nonché di impianti o rami di azienda (per sei mesi) tra concessionari ;
– l’art. 1, comma 13 della legge 650/96 estende la possibilità di compravendita di intere emittenti, impianti o rami di azienda a tutto il periodo di durata delle nuove concessioni ;
– l’art. 1, comma 7 della legge 122/98 estende la possibilità di effettuare compravendite anche con riferimento agli impianti (esistenti e non interferenti) operanti in virtù di provvedimento della Magistratura ;
– l’art. 1, comma 5 della legge 122/98 prevede la compatibilizzazione, ottimizzazione e razionalizzazione delle utilizzazioni radioelettriche ;
– l’art. 3, comma 22 della legge 249/97 prevede l’applicabilità delle norme di cui all’art. 4 della legge 223/90 (norme urbanistiche e in materia di esproprio) anche in assenza del piano di assegnazione delle frequenze.
In base a tutte le soprarichiamate norme le imprese televisive hanno operato in questi anni investimenti attraverso l’acquisto di intere emittenti, di impianti e/o rami di azienda (con conseguente subentro nel diritto all’uso dei relativi canali di emissione), nonché hanno operato aggiustamenti tecnici dei propri impianti finalizzati alla compatibilizzazione, ottimizzazione e razionalizzazione.
L’esercizio degli impianti in questi anni ha inoltre comportato la capitalizzazione del valore della cosiddetta presintonizzazione di canali, cioè della memorizzazione nei televisori degli utenti dei canali irradiati (che costituisce il vero valore di avviamento dell’impresa televisiva).
Le suddette imprese hanno operato i suddetti investimenti confidando nelle citate disposizioni di legge che, evidentemente, prevedendo la possibilità di effettuare gli stessi, hanno ingenerato il convincimento che tali investimenti avrebbero avuto tutela nei successivi provvedimenti normativi.
Il piano delle frequenze è invece intervenuto azzerando completamente l’esistente e vanificando pertanto tutti i citati investimenti.
L’Autorità non ha ritenuto di tenere in alcuna considerazione tali problematiche seppure effettivamente esistenti e riconosciute.
In buona sostanza mentre tutta la normativa di settore ha avuto (e ha ) come obiettivo la razionalizzazione dell’esistente (attraverso compravendite, fusioni, accorpamenti nonché ottimizzazioni radioelettriche) a seguito della fase caotica intercorsa tra la Sentenza liberalizzatrice N. 202/76 della Corte Costituzionale e l’entrata in vigore della Legge 223/90, tenendo però ben presente l’esigenza di non causare particolare contracolpi alle emittenti in termini tecnici e commerciali, diversamente il piano si inserisce, in totale distonia con il suddetto processo di razionalizzazione azzerando l’esistente, azzerando gli investimenti operati e riducendo gli spazi utilizzabili dalle emittenti in modo drastico.
Tutto ciò contrasta sia con l’impostazione di tutta la normativa soprarichiamata, e quindi con il principio di affidamento.
7) MANCATA PREVISIONE DEI CANALI (E RELATIVE FREQUENZE) SU CUI OPERARE DA OGNI SINGOLO IMPIANTO
L’atto impugnato è illegittimo per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 6 della legge 249/97 in quanto stabilisce esclusivamente i siti ove potranno essere ubicati gli impianti ma non stabilisce allo stesso tempo i canali di ogni singolo impianto (come dovrebbe fare un piano delle frequenze e come prevedeva appunto il piano di cui al DPR 20/1/92). Ciò appare in contrasto con i criteri enunciati dall’art. 2, comma 6 della legge 249/97 (tale norma fa riferimento all’obbligo dell’Autorità di procedere “tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e delle frequenze pianificate”).
8) PREVISIONE DI UN NUMERO DI CANALI RISERVATI ALLE TRASMISSIONI DIGITALI (SPERIMENTALI) MOLTO PIU’ ELEVATO DI QUANTO PREVISTO DALLA LEGGE
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 6, lett. D della legge 249/97 e arbitraria scelta dei canali 9, 12, 66, 67 e 68 per la radiodiffusione digitale. Difetto di motivazione
VIOLAZIONE DELL’ART. 6, COMMA 4 DELLA LEGGE 422/93 E DEL DM 20/2/98 – MANCATA INDIVIDUAZIONE DEI CRITERI PER L’ACCESSO AL DIGITALE. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI IMPARZIALITA’ E DI PARITA’ DI CONCORRENZA
La deliberazione n. 105/99 dell’Autorità (così come la deliberazione 68/98), riserva 5 canali (e le relative radiofrequenze) alle trasmissioni in tecnica digitale e precisamente il canale 12 (H2) per le trasmissioni radiofoniche DAB-T e i canali 9 (G) 66, 67, 68 per le trasmissioni televisive DVB-T.
Diversamente l’art. 2, comma 6 lettera d) della legge 249/97 prevede un solo canale digitale TV (invece dei quattro previsti) e un solo canale digitale radio (che dovrebbe essere previsto nel piano di assegnazione delle frequenze radiofoniche e non nel piano di assegnazione delle frequenze TV, in esame).
Quindi la riserva di cinque canali è illegittima, arbitraria e immotivata.
La previsione dei suddetti canali riservati al digitale è illegittima anche perché sottrae risorse al sistema analogico quando già norme vigenti hanno individuato i criteri per recuperare risorse da utilizzare per la sperimentazione.
Si richiamano al riguardo l’art. 6, comma 4 della legge 422/93 che stabilisce che le frequenze resesi disponibili sono utilizzate per la ricerca e la sperimentazione di nuove tecniche di comunicazione. Il DM 20/2/92 prevede analogamente per le frequenze dismesse.
La scelta di sottrarre i suddetti canali 9, 12, 66, 67 e 68 per affidarli alla sperimentazione di alcuni soggetti viola clamorosamente le esigenze di imparzialità e parità di trattamento : è inaccettabile che alcune imprese possano intraprendere attività di trasmissione anche con la nuova tecnica, acquisendo così un bagaglio tecnologico privilegiato.
Peraltro non sono stati definiti i criteri per definire i soggetti ai quali spetteranno i canali per la sperimentazione digitale.
Da ultimo appare irragionevole, stante la scarsità di frequenze, riservare alcune di esse alla sperimentazione digitale in modo rigido su tutto il territorio nazionale, mentre dovevano essere individuate zona per zona le più idonee (tenendo conto delle utilizzazioni appunto per ogni zona).
A titolo esemplificativo si poteva ipotizzare di utilizzare i canali A e B (esclusi dalla pianificazione e riservati – peraltro illegittimamente – alla RAI).
9) OMESSA PREVISIONE DEI TRASFERIMENTI DEL SEGNALE AGLI IMPIANTI DI TRASMISSIONE
Il provvedimento impugnato, in aperta violazione dell’art. 2, comma 6, lettera C della legge 249/97 (che stabilisce che il piano deve prevedere l’uso integrato del satellite, del cavo e dei ponti radio su frequenze terrestri per i collegamenti tra gli impianti di radiodiffusione) non fornisce alcuna indicazione per ciò che concerne le radiofrequenze utilizzabili per il necessario trasferimento del segnale (cioè per il collegamento tecnico) dagli studi della televisione agli impianti di diffusione previsti dal piano e da un impianto di diffusione ad un altro ; cioè non fornisce alcuna indicazione circa i ponti radio.
Senza questi “ponti” il piano non potrà mai funzionare.
L’unica indicazione contenuta nel piano relativa ai collegamenti tecnici, peraltro in senso negativo, è l’affermazione relativa alla soppressione dei collegamenti a rimbalzo (si veda la premessa della deliberazione) operata senza alcuna motivazione, senza sostituire tali collegamenti con altri, e senza spendere alcuna altra parola per tutti gli altri collegamenti.
10) ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA MANIFESTA, CONTRADDITTORIETA’, TRAVISAMENTO DEI FATTI
L’Autorità con evidente contraddittorietà pretenderebbe di raggiungere elevati livelli di qualità di ricezione dei segnali e di assenza delle interferenze, mentre allo stesso tempo impone illogicamente drastiche riduzioni di potenza rispetto a quelle oggi utilizzate.
Tale comportamento peraltro nelle zone confinanti con paesi stranieri sarà causa di gravi situazioni interferenziali in danno delle emissioni delle emittenti italiani. Il piano di II livello (come quello di I) infatti non opera alcun coordinamento tecnico tra i paesi confinanti al fine di prevenire l’insorgere di dette situazioni interferenziali.
11) CRITERI TECNICI IRRAZIONALI – L’ATTUAZIONE DEL PIANO COMPORTA L’ASSENZA DI SERVIZIO IN DETERMINATE AREE
La pianificazione è stata effettuata con lo stesso criterio (assegnazione di cellule territoriali servite da tre siti) adatta alla telefonia mobile e non certo alla diffusione televisiva. Il piano, inoltre, a seguito della soppressione di centinaia di siti causa l’assenza di servizio televisivo in molte zone geografiche. La stessa relazione al piano conferma tale circostanza.
12) DANNO PER L’UTENZA
Il piano danneggia non solo gli editori televisivi bensì tutta l’utenza che, a seguito dell’azzeramento dell’esistente sarà costretta a modificare le proprie antenne di ricezione e a risintonizzare i propri televisori.