TESTO DEI MOTIVI DEL RICORSO AL TAR LAZIO PROPOSTO DAL COORDINAMENTO AER – ANTI – CORALLO PER L’ANNULLAMENTO DEL DECRETO 10 SETTEMBRE 1998 N.381 DEL MINISTRO DELL’AMBIENTE DI INTESA CON IL MINISTRO DELLA SANITÀ E CON IL MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI RECANTE IL REGOLAMENTO PER LA DETERMINAZIONE DEI TETTI DI RADIOFREQUENZA COMPATIBILI CON LA SALUTE UMANA |
L’art. 1, comma 6, lettera A), n.15 della legge 31/7/97 n.249 dispone che il Ministero dell’Ambiente di intesa con il Ministero della Sanità e con il Ministero delle Comunicazioni, sentiti l’Istituto Superiore di sanità e l’Agenzia Nazionale per la protezione dell’ambiente (ANPA), fissi i tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana tenendo conto anche delle norme comunitarie. Con decreto 10 settembre 1998, n.381 pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 3/11/98 il Ministro dell’Ambiente d’intesa con il Ministro della Sanità e con il Ministro delle Comunicazioni ha conseguentemente emanato il Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana. Tale regolamento fissa i valori limite di esposizione della popolazione (esclusi i lavoratori esposti per ragioni professionali) ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all’esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza compresa tra 100 KHZ e 300 GHZ. In particolare nell’intervallo di frequenza compresa tra 3 MHZ e 3 GHZ (3000 MHZ), cioè nell’intervallo di frequenza in cui operano tutti gli impianti di diffusione delle imprese radiofoniche e televisive private e molti impianti di collegamento delle stesse, il limite di valore efficace di intensità di campo elettrico E viene stabilito in 20 V/M ; nell’intervallo di frequenza compresa tra 3 GHZ (3000 MHZ) e 300 GHZ (300.000 MHZ), cioé nell’intervallo di frequenza in cui operano molti impianti di collegamento delle imprese televisive private e alcuni impianti di collegamento delle imprese radiofoniche private il limite di valore efficace di intensità di campo elettrico “E” viene stabilito in 40 V/M. Nel caso di campi elettromagnetici generati da più sorgenti, la somma dei relativi contributi normalizzati, definiti in allegato B, deve essere minore all’unità. L’art. 4 del Decreto stabilisce poi che, fermi restando i limiti definiti dal provvedimento (tra i quali quelli sopracitati), la progettazione e la realizzazione dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza compresa tra 100 KHZ e 300 GHZ (e quindi anche dei sistemi delle imprese radiofoniche e televisive private) e l’adeguamento di quelle preesistenti deve avvenire in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico più bassi possibile, compatibilmente con la qualità del servizio svolto dal sistema stesso al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione. Per detti fini in corrispondenza di edifici adibiti a permanenza non inferiore a quattro ore non deve essere superato (tra gli altri) il valore di 6 V/M per il campo elettrico, indipendentemente dalla frequenza, mediato su un’area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti.
Il comma 3 dello stesso art. 4 stabilisce poi che nell’ambito delle proprie competenze, fatte salve le attribuzioni dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, le Regioni e le Province autonome disciplinano l’installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione al fine di garantire il rispetto dei limiti e dei valori stabiliti, il raggiungimento di eventuali obiettivi di qualità, nonché le attività di controllo e di vigilanza in accordo con la normativa vigente, anche in collaborazione con l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, per quanto attiene all’identificazione degli impianti e delle frequenze loro assegnate. L’art. 5 del Decreto stabilisce inoltre che nelle zone abitative o sedi di attività lavorativa per lavoratori non professionalmente esposti o nelle zone comunque accessibili alla popolazione ove vengono superati i limiti stabiliti, devono essere attuate azioni di risanamento a carico dei titolari degli impianti. Le modalità e i tempi di esecuzione per le azioni di risanamento sono prescritte dalle Regioni e delle Province autonome secondo la regolamentazione di cui al sopracitato art. 4, comma 3. La riduzione a conformità da svolgere nell’ambito della citata attività di risanamento deve essere effettuata in accordo a quanto riportato nell’allegato C al Decreto.
Il Decreto 381/98 impugnato con il presente ricorso introduce limiti di campo elettromagnetico eccessivi (6 V/M) e demanda alle Regioni e alle Province Autonome attività di regolamentazione in materia di controllo, di vigilanza e di definizione delle modalità e dei tempi di esecuzione delle azioni di risanamento in aperto contrasto con la legge 249/97 e quindi in violazione del generale principio della gerarchia delle fonti. Peraltro dallo stesso preambolo del Decreto si evince che l’Istituto Superiore di Sanità e la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome hanno espresso pareri non conformi al contenuto del decreto stesso. In considerazione che i ricorrenti non conoscono il contenuto di tali pareri si ritiene opportuno l’acquisizione degli stessi in via istruttoria. Il Coordinamento AER – ANTI – CORALLO organismo federale composto da AER – ANTI – CORALLO che complessivamente rappresentano la maggioranza delle imprese radiotelevisive private locali operanti in Italia nonché la Videoregione srl titolare dell’omonima impresa televisiva concessionaria, la Puntoradio 96 srl titolare dell’omonima impresa radiofonica concessionaria e la Radio Gold Fm srl titolare dell’omonima impresa radiofonica concessionaria impugnano il Decreto 381/98 ritenendolo illegittimo per i seguenti
MOTIVI DI DIRITTO
1) VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1, CO. 6 LETTERA A) N.15 DELLA LEGGE 249/97 – VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA COMUNITARIA IN MATERIA – ERRORE SUI FATTI – MANCANZA DI MOTIVAZIONE – VIOLAZIONE DELLE NORME DEL GIUSTO PROCEDIMENTO – SPROPORZIONE TRA OBIETTIVO PERSEGUITO E LIMITI IMPOSTI.
Come si è detto l’art. 4, comma 2 del Decreto impugnato stabilisce che in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore non deve essere superato (tra gli altri) il valore di 6 V/M per il campo elettrico, indipendentemente dalla frequenza, mediato su un’area equivalente alla sezione verticale del corpo umano e su qualsiasi intervallo di sei minuti.
La previsione di tale limite costituisce vizio di legittimità dell’atto impugnato per le seguenti ragioni :
a) per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 6, lettera A, n.15 della legge 249/97 che prevede espressamente che i tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana vengano fissati tenendo conto anche delle norme comunitarie. Tali norme prevedono tetti molto meno restrittivi ;
b) per violazione e/o falsa applicazione della sopracitata normativa sotto diverso aspetto e per violazione delle norme del giusto procedimento, stante la palese sproporzione sussistente tra l’obiettivo perseguito con il citato art. 1, comma 6, lettera A, n.15 della legge 249/97 (tutela della salute umana) e il tetto di 6 V/M imposto dal decreto impugnato. Al riguardo si evidenzia che gli USA che sono uno dei paesi che ha dato i maggiori contributi allo studio degli effetti prodotti dalla esposizione delle suddette radiazioni sui sistemi biologici ha adottato un limite all’esposizione per la popolazione di 63,2 V/M. Inoltre le raccomandazioni internazionali IRPA fanno riferimento al limite di 27,5 V/M. Le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità hanno sempre fatto riferimento al limite di 20 V/M. Le normative regionali esistenti in Italia fanno riferimento a 20 V/M (Leggi Regionali del Piemonte, Abruzzo e Lazio) e a 27,5 V/M (Legge Regionale Veneto). In considerazione che tali normative e raccomandazioni sono state assunte sulla base di uno stesso stato di conoscenza scientifica della problematica risulta evidente che il limite di 6 V/M sia esageratamente restrittivo ;
c) per assoluta mancanza di motivazione circa le ragioni di tale adozione. Nel preambolo del decreto si legge che si è ritenuto di riservare (addirittura su parere difforme dell’Istituto Superiore di Sanità) misure più cautelative perlomeno nei casi in cui si possano verificare esposizione a campi elettromagnetici per tempi prolungati (appunto 6 V/M in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore) da parte di recettori sensibili non esposti per ragioni professionali. Tuttavia non è stata spesa neppure una parola per motivare le ragioni di tale scelta contrastante con l’impostazione dell’Istituto Superiore di Sanità e con tutte le normative e raccomandazioni in materia ;
d) per evidente errore sui fatti, cioé sugli elementi che hanno portato a ritenere idoneo il limite di 6 V/M.
2) VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1,COMMA 6, LETTERA A, N.15 DELLA LEGGE 249/97 SOTTO ULTERIORE ASPETTO.
L’art. 1, comma 6, lettera A, n.15 della legge 249/97 attribuisce alla Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni il potere – dovere di vigilare sui tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana e di verificare che tali tetti, anche per effetto congiunto di più emissioni elettromagnetiche non vengano superati. La stessa norma stabilisce inoltre come si è detto, che il Ministero dell’Ambiente di intesa con il Ministero della Sanità e con il Ministero delle Comunicazioni sentiti l’Istituto Superiore di Sanità e l’ANPA fissi i tetti di cui sopra. Risulta pertanto evidente la violazione e/o falsa applicazione di tale norma in quanto :
a) la stessa (contrariamente a quanto previsto all’art. 4, comma 3 e all’art. 5 dell’impugnato decreto) non demanda alle Regioni e alle Province autonome alcun potere – dovere in materia di vigilanza sui tetti de quibus e di verifica del rispetto degli stessi ;
b) la stessa (contrariamente a quanto previsto dall’art. 5, comma 2 dell’impugnato decreto e dal relativo allegato C) non prevede un intervento di regolamentazione delle modalità di riduzione a conformità nel caso di superamento dei limiti, risultando evidente che tale disciplina spetti alla Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nell’ambito delle attività di verifica demandatele dalla legge.
3) VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 6, LETTERA A, N.2 E DELL’ART. 2, COMMA 6 DELLA LEGGE 249/97.
L’art. 1, comma 6, lettera A, n.2 della legge 249/97 prevede che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni elabori i piani di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora e televisiva su frequenze terrestri. L’art.2 comma 6, della stessa legge 249/97 stabilisce poi che nel piano di assegnazione delle frequenze, redatto per l’ubicazione degli impianti sentite le Regioni e, al fine di tutelare le minoranze linguistiche di intesa con le Regioni Valle D’Aosta e Friuli Venezia Giulia e con le province autonome di Trento e Bolzano, l’Autorità fissi il numero delle reti e dei programmi irradiabili in ambito nazionale e locale, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e delle frequenze pianificate. Con la stessa norma stabilisce inoltre i criteri per procedere alla pianificazione. Il piano di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva è stato emanato con deliberazione n.68/98 del 30/10/1998 dell’Autorità (in G.U. del 10/11/98). Tale piano stabilisce i siti (487) dai quali sarà possibile esercire impianti di radiodiffusione televisiva (17 impianti per ognuno dei 487 siti) nonché le caratteristiche tecniche che dovranno essere adottate per detti impianti (identiche per ognuno dei 17 impianti di ogni sito). Il piano di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora deve essere emanato (art. 1, comma 1 della legge 122/98) entro il 30/9/99. Da quanto esposto risulta evidente la violazione e/o falsa applicazione delle soprarichiamate norme in quanto la legge 249/97 (contrariamente a quanto previsto dall’art. 4, comma 3 e dall’art. 5 dell’impugnato decreto) riserva alle Regioni esclusivamente la possibilità di formulare all’Autorità un parere sull’ubicazione degli impianti (parere che peraltro, ai sensi della legge 122/98, si intende favorevole qualora non espresso entro trenta giorni dalla relativa richiesta), ovvero, per le Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle D’Aosta e per le Province autonome di Trento e Bolzano, di raggiungere un’intesa con l’Autorità su detta ubicazione. Ciò in quanto l’ubicazione degli impianti (siti) e le relative caratteristiche tecniche vengono definiti dai piani di assegnazione delle frequenze. Ne consegue di tutta evidenza l’illegittimità dell’art. 4, comma 3 e dell’art. 5 del Decreto impugnato nella parte in cui demanda alle Regioni e alle province autonome la disciplina della installazione, modifica (anche ai fini delle azioni di risanamento) degli impianti radiotelevisivi.
4) GENERICITA’ DELLE MODALITA’ DI RIDUZIONE A CONFORMITA’ – MANCANZA DI MOTIVAZIONE.
Le disposizioni di cui all’art. 5 e relativo allegato C dell’impugnato decreto sono troppe generiche e assolutamente non motivate. Non vengono ad esempio stabilite le modalità di intervento qualora il superamento congiunto sia conseguente all’attivazione di un nuovo impianto o al potenziamento di un impianto preesistente.