Intervento di apertura di mons. Claudio Giuliodori, direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali, al convegno organizzato dalla CEI nei giorni 7,8,9 novembre 2002 “Parabole mediatiche – fare cultura nel tempo della comunicazione”

Intervento di apertura di mons. Claudio Giuliodori, direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali, al convegno organizzato dalla CEI nei giorni 7, 8, 9 novembre 2002 “Parabole mediatiche – fare cultura nel tempo della comunicazione”.

 

All’inizio di questo Convegno molti si aspettano di ricevere qualche indicazione in più circa il tema scelto “Parabole mediatiche: fare cultura nel tempo della comunicazione”. In tanti, incuriositi per questo linguaggio un po’ inusuale, ci hanno chiesto spiegazioni. Se è abbastanza chiaro il significato della seconda espressione “fare cultura nel tempo della comunicazione” resta per molti emblematica la prima parte: “parabole mediatiche”. La duplice referenza del termine parabole, che richiama sia l’innovazione tecnologica sia uno dei linguaggi usati da Gesù nel suo insegnamento, vuole indicare, in primo luogo, che la comunicazione del Vangelo, oggi, non può essere pensata e non può avvenire senza tener conto dei nuovi linguaggi e della nuova cultura generata dai media. Ma l’accostamento, volutamente intrigante, non è solo estrinseco e occasionale o dettato dalla singolare convergenza dei termini, intende piuttosto evidenziare una dimensione profonda del comunicare iscritta nello stesso linguaggio parabolico, ampiamente utilizzato da Gesù.
Questo genere letterario, infatti, evidenzia l’eccedenza del messaggio che va oltre le parole e le immagini usate. La parabola esalta la forza evocativa del linguaggio ma nello stesso tempo ne palesa i limiti. Rispondendo ai discepoli che gli domandano la ragione di tale scelta Gesù risponde: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato” e prosegue “perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono (Cf Mt 13, 10-13). Con il loro linguaggio narrativo e metaforico, le parabole di Gesù esprimono la trascendenza del regno di Dio che non a tutti è dato di comprendere, soprattutto quando manca la predisposizione interiore.
Annunciare la presenza e nello stesso tempo la trascendenza del regno di Dio è compito, da sempre, di quanti abbracciano la sequela di Cristo e intendono comunicare la fede nel contesto in cui si trovano a vivere. Le parabole di Gesù ci testimoniano che è possibile dire l’eterno nella caducità del vissuto quotidiano, che è possibile raccontare la verità assoluta nella precarietà della cultura che muta, che il tutto può risplendere nel frammento della vita. Ancora oggi, seguendo la sapienza del Verbo fatto carne siamo chiamati a comunicare il Vangelo, come suggeriscono gli orientamenti pastorali per il decennio, innestando la nostra testimonianza nelle pieghe della storia contemporanea, il cui codice interprativo è da ricercare nella cultura mediale che ci avvolge.
La moltiplicazione dei mezzi di comunicazione e la loro accresciuta potenza possono favorire la conoscenza della verità e del bene dell’uomo, ma il più delle volte rischiano di essere usati in modo indiscriminato contro l’uomo e la verità: invece di unire dividono, invece di illuminare oscurano e confondono, invece di far risplendere e comunicare la bellezza delle cose indugiano sul male e ne amplificano gli effetti. I nostri giorni non sono così diversi da quelli in cui l’umanità affrontò l’impresa della Torre di Babele, sperimentando, in modo tragico, la confusione delle lingue. L’uomo che pensa di farsi come Dio e pensa di poterlo fare oscurando Dio stesso, resta disorientato e finisce per smarrirsi. L’umanità ha bisogno di recuperare lo spirito della Pentecoste, di ritrovare una comunicazione fondata sulla dignità inviolabile della persona, sulla promozione della pace e della giustizia, sull’apertura ai valori spirituali.
E’ questa una delle principali componenti della sfida culturale che siamo chiamati ad affrontare e a cui la Chiesa italiana ha messo mano da qualche anno con determinazione e con senso profetico. Il progetto culturale, entro cui si colloca questo appuntamento, vuole essere, infatti, la risposta alle domande che emergono con sempre più insistenza nella nostra società: quale senso dare alla convivenza civile? Quale destino attende l’uomo diventato così potente, ma anche cosi tragicamente fragile? Quale contributo possono dare coloro che vivono la fede in Dio, e in particolare i cattolici? Una prima condizione per affrontare questa sfida culturale è quella di non essere passivi; non ce lo permette la fede che professiamo, non corrisponde alla tradizione dei cattolici italiani, non ce lo consente il tempo presente segnato da profondi e rapidi cambiamenti. La presenza così numerosa a questo convegno e l’adesione ancor più ampia all’Udienza del Santo Padre, che per la prima volta incontrerà gli operatori della comunicazione e della cultura, testimoniano che nella Chiesa italiana ci sono tante persone desiderose di servire il Vangelo impegnandosi su quella frontiera avanzata dell’annuncio che passa attraverso la cultura mediale.
Impresa certamente non facile, anzi ardua, per la quale servono energie nuove, competenze specifiche e, soprattutto, un cambiamento di mentalità da parte di tutta la comunità ecclesiale. Dal Convegno di Palermo ad oggi, è stata tracciata una strada fatta di riflessione e di iniziative concrete, sul versante dei media e su quello della cultura, promuovendo sinergie e prestando attenzione ai profili nazionali delle problematiche come anche alle realtà locali e alla presenza viva della Chiesa nel territorio. Contrariamente a quanto emerge dalla pubblicistica più diffusa, l’attitudine della Chiesa non è certo di conservazione; per sua natura, infatti, ossia per l’opera instancabile del suo Signore, che fa “nuove tutte le cose” (cf Ap 21,5), la comunità ecclesiale è chiamata a dare risposte adeguate e originali all’altezza dei tempi e della missione che ha ricevuto. Questo Convegno viene quindi da lontano e speriamo che possa portare lontano, sulla scia degli orientamenti pastorali per il decennio di cui intende essere un approfondimento e nello stesso tempo una forte attuazione progettuale. Il Convegno non ha la pretesa di essere un momento alto di studio; la ricerca e l’approfondimento sono stati affidati a degli strumenti già inviati nelle diocesi e ai referenti nei mesi scorsi o inseriti ora in cartella; nuovi materiali saranno messi a disposizione nel corso del Convegno, altri ancora saranno reperibili attraverso internet. Questo Convegno vuole essere, piuttosto, l’occasione per una forte convergenza dei responsabili della comunicazione e dei media che si ritrovano con i referenti per il progetto culturale e con i responsabili dei Centri culturali, attorno ad un progetto della Chiesa italiana che ha molte sfaccettature e si esprime in mille iniziative, ma tutte riconducibile al medesimo obiettivo: contribuire al rinnovamento culturale del Paese valorizzando la valenza culturale della fede e il patrimonio di tradizione e di capacità creativa dei cattolici italiani.
Pur nella brevità delle giornate che potremo trascorre insieme, cercheremo di affrontare alcune questioni nodali a partire dai contributi che verranno, in primo luogo dalla prolusione del Cardinale Camillo Ruini, Presidente della CEI, a cui va la nostra più sentita riconoscenza per aver lanciato con i vescovi italiani il progetto culturale e per il sostegno dato ai media e alle attività culturali nonché a questo Convegno, e poi dalla relazione del Prof. Zygmunt Bauman, che ci aiuterà ad inquadrare i lavori all’interno dei grandi scenari del nostro tempo. La giornata di domani sarà particolarmente intensa con la presentazione della ricerca, appositamente commissionata per questo Convegno e curata dalla Fondazione Censis, sul rapporto tra giovani e cultura.
Seguirà poi una tavola rotonda circa l’impegno dei cattolici per fare cultura nel nostro tempo. La proiezione della nostra riflessione sulla situazione del Paese avverrà anche attraverso l’incontro con esponenti istituzionali, a cui chiederemo di fare il punto sulle prospettive del Paese, in particolare sul versante della comunicazione, che tanti interrogativi solleva sia in ordine agli assetti sia per quanto concerne la qualità dei programmi. Nel pomeriggio ci soffermeremo sulla situazione europea e sull’impegno delle aggregazioni che, in Italia, operano nei vari settori delle comunicazioni sociali e delle attività culturali. Approfitteremo anche delle due serate per alcuni momenti alti di comunicazione. Questa sera, in questa stessa sala che diverrà un set televisivo, si svolgerà un dibattito che verrà trasmesso in diretta da Sat2000 e dalle emittenti collegate, mentre domani potremo partecipare all’anteprima del Film sull’Apocalisse, realizzato dalla Lux Vide, che verrà messo in onda dalla Rai nelle prossime settimane.
Il Convegno vivrà il suo momento culminante nell’udienza speciale concessa dal Santo Padre, alla cui persona fin d’ora va il nostro affettuoso saluto e il nostro più sentito ringraziamento per quanto vorrà dirci. L’udienza sarà preceduta dalla sessione allargata del Convegno che affronterà, in una prospettiva interdisciplinare, il tema: “Comunicazione e cultura: nuovi percorsi per l’evangelizzazione nel terzo millennio”. Nell’Aula Paolo VI si uniranno a noi tantissimi operatori della comunicazione e della cultura che da tutta Italia, con un’adesione che è andata oltre le aspettative, verranno a Roma per incontrare il Santo Padre e per condividere assieme un progetto che si fa ogni giorno più affascinante e coinvolgente. Con questo primo incontro degli operatori o animatori della comunicazione e della cultura, si rende ancor più visibile quanto grandi siano le potenzialità della Chiesa italiana e nello stesso tempo quanto importanti siano, per il bene della Chiesa e del Paese, tutti coloro che vivono e testimoniano la loro fede cercando ogni giorno di fare cultura alla luce del Vangelo.
È doveroso, infine, dire un grazie a tutti i relatori per il contributo che sapranno offrirci e a tutti coloro che hanno lavorato per la realizzazione di questo appuntamento, facendo fronte anche alla gradita sorpresa, non priva però di qualche inconveniente per il quale ci scusiamo fin d’ora, di una partecipazione molto più ampia del previsto. Anche a nome dei responsabili del servizio nazionale per il progetto culturale, con cui abbiamo curato la progettazione e l’organizzazione di questo Convegno, promosso dalla Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, auguro a tutti buon lavoro.