AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI
DELIBERA N. 37/23/CONS
L’AUTORITA’
NELLA riunione di Consiglio del 22 febbraio 2023;
VISTA la legge 31 luglio 1997, n. 249, recante “Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo”;
VISTA la direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, in considerazione dell’evoluzione delle realtà del mercato (di seguito, Direttiva);
VISTO il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, concernente il Testo unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi in considerazione dell’evoluzione delle realtà del mercato” (di seguito, Testo Unico);
VISTO l’articolo 21 (Non discriminazione) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000 e, in particolare, il comma 1, secondo il quale “È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”;
VISTO l’articolo 22 (Diversità culturale, religiosa e linguistica) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000 secondo il quale “L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica”;
VISTO l’articolo 3 della Costituzione secondo cui “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”;
VISTA la Raccomandazione di politica generale n. 15 della ECRI (Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza del Consiglio d’Europa), relativa alla lotta contro il discorso dell’odio adottata l’8 dicembre 2015 che stimola gli Stati ad agire concretamente affinché ogni forma di discriminazione etnica sia contrastata ed eliminata, coerentemente con il diritto internazionale che tutela i diritti umani;
VISTA la Decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale;
VISTO l’articolo 6 della direttiva 2010/13/UE, come modificato dalla direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, a norma del quale “1. Fermo restando l’obbligo degli Stati membri di rispettare e proteggere la dignità umana, gli Stati membri assicurano mediante appositi mezzi che i servizi di media audiovisivi erogati dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione non contengano: a) istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all’articolo 21 della Carta; b) alcuna pubblica provocazione a commettere reati di terrorismo di cui all’articolo 5 della direttiva (UE) 2017/541. 2. Le misure adottate ai fini del presente articolo devono essere necessarie e proporzionate e rispettare i diritti e i principi sanciti dalla Carta”;
VISTO l’articolo 4, comma 1, del Testo Unico, che stabilisce che “1. Sono principi generali del sistema dei servizi di media audiovisivi, della radiofonia e dei servizi di piattaforma per la condivisione di video la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, la tutela della libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la libertà di opinione e quella di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza limiti di frontiere, nel rispetto della dignità umana, del principio di non discriminazione e di contrasto ai discorsi d’odio, l’obiettività, la completezza, la lealtà e l’imparzialità dell’informazione, il contrasto alle strategie di disinformazione, la tutela dei diritti d’autore e di proprietà intellettuale, l’apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose e la salvaguardia delle diversità etniche e del patrimonio culturale, artistico e ambientale, in ambito nazionale e locale, nel rispetto delle libertà e dei diritti, in particolare della dignità della persona e della protezione dei dati personali, della promozione e tutela del benessere, della salute e dell’armonico sviluppo fisico, psichico e morale del minore, garantiti dalla Costituzione, dal diritto dell’Unione europea, dalle norme internazionali vigenti nell’ordinamento italiano e dalle leggi statali e regionali”;
VISTO l’articolo 6, comma 3, del Testo Unico a norma del quale l’Autorità stabilisce ulteriori regole per le emittenti per rendere effettiva l’osservanza nei programmi di informazione dei principi generali del sistema dei servizi di media di cui all’articolo 4 del Testo Unico;
VISTO l’articolo 9, comma 1, del Testo Unico a norma del quale “L’Autorità, nell’esercizio dei compiti ad essa affidati dalla legge, assicura il rispetto dei diritti fondamentali della persona nel settore delle comunicazioni, anche mediante servizi di media audiovisivi o radiofonici. L’Autorità esercita i propri poteri in modo imparziale e trasparente nonché in conformità agli obiettivi della direttiva 2018/1808/UE, in particolare per quanto attiene al pluralismo dei media, alla diversità culturale e linguistica, alla tutela dei consumatori, all’accessibilità, alla non discriminazione, al buon funzionamento del mercato interno e alla promozione della concorrenza”;
VISTO l’articolo 30, comma 1, del Testo Unico che stabilisce che “1. I servizi di media audiovisivi prestati dai fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione italiana non devono contenere alcuna istigazione a commettere reati ovvero apologia degli stessi, in particolare: a) istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o in violazione dell’art. 604–bis del codice penale; b) alcuna pubblica provocazione a commettere reati di terrorismo di cui all’articolo 5 della direttiva (UE) 2017/541”;
VISTA la delibera n. 157/19/CONS con la quale è stato approvato il “Regolamento recante disposizioni in materia di rispetto della dignità umana e del principio di non discriminazione e di contrasto all’hate speech”;
VISTA la delibera n. 410/14/CONS, del 29 luglio 2014, recante “Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative e impegni e Consultazione pubblica sul documento recante Linee guida sulla quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni” come modificata, da ultimo, dalla delibera n. 697/20/CONS;
VISTA la delibera n. 223/12/CONS, del 27 aprile 2012, recante “Regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”, come modificata, da ultimo, dalla delibera n. 434/22/CONS;
VISTA la delibera n. 292/22/CONS recante “Consultazione pubblica sullo schema di regolamento in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona, di rispetto del principio di non discriminazione e di contrasto ai discorsi d’odio”;
VISTO il Contratto nazionale di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai–Radiotelevisione italiana S.p.A. 2018–2022;
VISTO il “Testo unico dei doveri del giornalista”, approvato dal Consiglio Nazionale dei giornalisti nella riunione del 19 novembre 2020 che stabilisce che “il giornalista rispetta i diritti fondamentali delle persone e osserva le norme di legge poste a loro salvaguardia; […] applica i principi deontologici nell’uso di tutti gli strumenti di comunicazione, compresi i social network”;
VISTO, in particolare, l’articolo 9 del “Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica”, allegato al “Testo unico dei doveri del giornalista” sopracitato, che stabilisce che “nell’esercitare il diritto–dovere di cronaca, il giornalista è tenuto a rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali;
CONSIDERATO che il comma 2 del richiamato articolo 30 del Testo Unico amplia gli strumenti a disposizione dell’Autorità in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona e di contrasto ai discorsi d’odio demandando alla medesima la definizione, con un apposito regolamento, di idonei criteri vincolanti al fine di indirizzare la programmazione dei fornitori dei servizi di media audiovisivi in modo da prevenire la violazione dei divieti previsti dal comma 1 della medesima norma;
CONSIDERATO che il successivo comma 3 dell’articolo 30 introduce uno specifico presidio sanzionatorio per i casi di inosservanza delle disposizioni di cui al comma 1 e di quelle stabilite nel regolamento adottato dall’Autorità e che, a norma dell’articolo 67 del Testo Unico, l’Autorità eroga le sanzioni amministrative pecuniarie da 30.000 euro a 600.000 euro in caso di violazione delle “disposizioni in materia di tutela dei diritti fondamentali di cui all’articolo 30”;
CONSIDERATO che gli articoli 41 e 42 del Testo Unico hanno introdotto specifiche disposizioni applicabili ai servizi di piattaforma per la condivisione di video con riguardo alla lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché contro la violazione della dignità umana, attribuendo all’Autorità nuove competenze in materia, tra cui la definizione delle modalità di esercizio delle nuove funzioni di regolazione, di vigilanza e sanzionatorie;
CONSIDERATO, in particolare, che l’articolo 41, comma 9, del Testo Unico demanda all’Autorità la definizione con proprio regolamento della procedura per l’adozione dei provvedimenti previsti dal comma 7 della medesima norma con i quali può essere limitata “la libera circolazione di programmi, video generati dagli utenti e comunicazioni commerciali audiovisive veicolati da una piattaforma per la condivisione di video” per fini di “lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché contro la violazione della dignità umana”;
CONSIDERATO, altresì, che i fornitori di piattaforma per la condivisione di video soggetti alla giurisdizione italiana devono adottare misure adeguate a tutelare (…) il grande pubblico da programmi, video generati dagli utenti e comunicazioni commerciali audiovisive che istighino alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e che tale previsioni sono adottate mediante procedure di auto e co–regolamentazione tramite codici di condotta;
CONSIDERATO, pertanto, che l’Autorità definirà le disposizioni relative ai servizi per la piattaforma di condivisione video attraverso distinti regolamenti in ragione della specificità delle norme del Testo Unico in materia di tutela della dignità umana e di contrasto ai discorsi d’odio applicabili ai fornitori di servizi di piattaforma per la condivisione di video;
CONSIDERATO che, alla luce delle disposizioni normative vigenti, i principi fondamentali del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia rappresentati dalla libertà di espressione, di opinione e di ricevere e comunicare informazioni – comprensivi anche dei diritti di cronaca, di critica e di satira – devono conciliarsi con il rispetto dei diritti fondamentali della persona;
RILEVATA l’esigenza di garantire, in particolare nei programmi di informazione e intrattenimento, effettività alla tutela dei diritti fondamentali della persona, nel rispetto del principio di non discriminazione. In particolare, nel rispetto della libertà editoriale e del diritto di libera manifestazione del pensiero e di cronaca, ciascun fornitore di servizi media deve garantire la completezza dell’informazione e l’assenza di discorsi d’odio: la Corte europea dei diritti dell’uomo si è soffermata più volte sulla distinzione tra forme di discorso pubblico tollerato in una società democratica e discorso che deve essere limitato e sanzionato al fine di proteggere il diritto di individui e gruppi di non essere discriminati, o discorso che può portare alla violenza, ai disordini pubblici e alla criminalità;
ESPLETATA la consultazione pubblica prevista dalla delibera n. 292/22/CONS;
VISTI i contributi acquisiti nell’ambito della consultazione pubblica ed in particolare le osservazioni trasmesse da: Rai–Radiotelevisione italiana S.p.A. (prot. 0266842 del 16 settembre 2022); R.T.I. S.p.A. Reti televisive italiane (prot. n. 0282705 del 3 ottobre 2022); La7 S.p.A. (prot. n. 126634 del 22 marzo 2019); Sky Italia S.r.l. (prot. n. 0282095 del 3 ottobre 2022); Aeranti Corallo (0280730 del 30 settembre 2022); Confindustria Radio Televisioni (prot. n. 0281460 del 30 settembre 2022); Associazione Giulia giornaliste (prot. n. 0280715 del 30 settembre 2022); Centro Antiviolenza Demetra (prot. n. 0283024 del 3 ottobre 2022); Centro di Ascolto per mobbing e stalking UILSERVIZI (prot. n. 0279748 del 29 settembre 2022); Academic Network UN.I.RE. dell’Università degli Studi di Milano–Bicocca (prot. n. 0283515 del 4 ottobre 2022); Centro Studi di Informatica Giuridica di Ivrea Torino (prot.n. 0281236 del 30 settembre 2022); Centro di ricerca multidisciplinare universitario “Grammatica e sessismo” dell’Università Tor Vergata (prot. n. 0282940 del 3 ottobre 2022); Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD) (prot. n. 0283517 del 4 ottobre 2022); Cooperativa Befree (prot. n. 0282506 del 3 ottobre 2022); Coordinamento Pari Opportunità e Politiche di Genere UIL (prot. n. 0278296 del 28 settembre 2022); Associazione Differenza Donna (prot. n. 0282600 del 3 ottobre 2022); Associazione Federconsumatori (prot. n. 0269490 del 20 settembre 2022); Associazione Casa Africa (prot. n. 0282215 del 3 ottobre 2022); Gruppo di ricerca STEP. Università La Sapienza (prot. n. 0282173 del 3 ottobre 2022), Istituto per le Politiche dell’Innovazione (prot. n. 0283480 del 4 ottobre 2022); Associazione Noi Rete Donne (prot. n. 0282177 del 3 ottobre 2022); Associazioni Rete per la parità e Donna In Quota (prot. n. 0282497 del 3 ottobre 2022) Coordinamento nazionale Pari Opportunità e Politiche di genere della Uil Pensionati (prot. n. 0280700 del 30 settembre 2022); Associazione Women in Film, Television & Media Italia (prot. n. 0282183 del 3 ottobre 2022); Sara Fresi (prot. n. 0240084 del 4 ottobre 2022), Cinzia Leone (prot.n. 0282185 del 3 ottobre 2022) Angelo Mandelli (prot. n. 0282334 del 3 ottobre 2022);
SENTITE le osservazioni formulate nel corso delle audizioni dai seguenti soggetti che ne hanno fatto richiesta: Aeranti Corallo (in data 3 novembre 2022); Confindustria Radio e Tv (in data 4 novembre 2022); R.T.I. Reti Televisive Italiane S.p.A. (in data 4 novembre 2022); Associazione Women in Film, Television & Media Italia (in data 7 novembre 2022); Cooperativa Befree (in data 7 novembre 2022); Cinzia Leone (in data 8 novembre 2022); Angelo Mandelli (in data 7 novembre 2022);
CONSIDERATO quanto segue:
Il regolamento in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona è finalizzato a dare attuazione alla disposizione contenuta nell’articolo 30 del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi, applicabile ai fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione italiana, concernente il rispetto del divieto di istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o in violazione dell’art. 604 –bis del codice penale.
In particolare, l’articolo 30 del Testo Unico amplia gli strumenti a disposizione dell’Autorità in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona attribuendo all’Autorità nuove funzioni di regolazione, di vigilanza e sanzionatorie.
Tale norma demanda all’Autorità la definizione, con un apposito regolamento, di criteri vincolanti al fine di indirizzare la programmazione dei fornitori dei servizi di media audiovisivi in modo da prevenire la violazione dei divieti di istigazione a commettere reati e di apologia degli stessi e prevede uno specifico presidio sanzionatorio per i casi di inosservanza dei predetti divieti.
2. Con riferimento a quanto emerso nell’ambito della consultazione pubblica sullo schema di regolamento, in particolar modo in ordine alle definizioni, al campo di applicazione nonché ai profili procedurali, si riportano di seguito le principali osservazioni svolte dai partecipanti, unitamente alle valutazioni conclusive dell’Autorità:
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Osservazioni di carattere generale
I partecipanti alla consultazione hanno espresso apprezzamento per le finalità del regolamento.
Alcuni partecipanti (Confindustria Radio e Tv, Aeranti Corallo, RTI) hanno tuttavia evidenziato che le espressioni o discorsi d’odio (hate speech), sono di regola diffuse non sui media tradizionali (tv, radio, carta stampata), ma tramite il web, spesso a causa di notizie diffuse senza la intermediazione operata dai giornalisti (il pubblico è raggiunto da ogni genere di notizia attraverso social, blog e siti).
Ciò in quanto i fenomeni di discorsi d’odio nei media tradizionali sono trascurabili rispetto a quanto accade nella rete, e pertanto hanno rilevato che alcune norme risultano eccessivamente gravose per i fornitori di servizi di media audiovisivi, mentre nessuna disposizione cogente viene rivolta alle piattaforme o ai social e, in generale, a quanto diffuso on line. Questo, ad avviso di alcuni partecipanti, determina conseguenze negative, sia con riguardo al level playing field tra le stesse piattaforme e i media audiovisivi, sia in relazione all’evidente emergenza rappresentata dalla diffusione dell’hate speech in rete.
Un partecipante (RTI) rileva che mentre i fornitori di servizi di media audiovisivi italiani costituiscono espressione di informazione e intrattenimento ispirati a grande attenzione per i diritti fondamentali della persona, le piattaforme di condivisione video sovente ospitano contenuti caratterizzati da totale disattenzione per i medesimi.
Alcuni soggetti (Noi Rete Donne, Academic Network UN.I.RE.) non condividono la scelta dell’Autorità di adottare regolamenti diversi per i servizi media e per le piattaforme.
In particolare, un soggetto (Academic Network UN.I.RE.) propone di includere nel regolamento anche il riferimento alle piattaforme e alla disinformazione digitale (o infodemia), considerata la crescente importanza che esse stanno assumendo in termini di opinione pubblica, ai fini di una migliore diffusione della comunicazione e delle informazioni, con proposte di educazione digitale.
Osservazioni dell’Autorità
L’ambito di applicazione del regolamento non comprende i fornitori di piattaforme per la condivisione di video in quanto le disposizioni applicabili ai servizi di piattaforma per la condivisione di video con riguardo alla lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché contro la violazione della dignità umana sono contenute negli articoli 41 e 42 del Testo Unico che attribuiscono all’Autorità specifiche competenze in materia.
Pertanto, l’Autorità definirà le modalità di esercizio delle nuove funzioni di regolazione, di vigilanza e sanzionatorie con specifici regolamenti applicabili ai servizi di piattaforma per la condivisione di video.
CAPO I – Disposizioni generali
Art. 1 (Definizioni)
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Alcuni soggetti (Confindustria Radio e Tv e RTI) rilevano che l’ambito di applicazione
del regolamento non può eccedere il contenuto dell’art. 30, comma 1, del Testo Unico il quale si riferisce esclusivamente ai casi di “istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o in violazione dell’art. 604-bis c.p.”.
Pertanto, non ritengono opportuno allargare il campo di applicazione del regolamento all’hate speech come definito nello schema sottoposto a consultazione che menziona anche concetti estremamente ampi e indefiniti come “la dignità umana” e non condividono la definizione di “espressioni d’odio” contenuta nella lett. i) dell’art. 1 in quanto appare eccessivamente ampia rispetto e aggiunge una serie di fattispecie non previste dall’art. 30 come la generica previsione dell’offesa alla dignità umana.
In particolare, un soggetto (Confindustria Radio e Tv) suggerisce di modificare la definizione di “espressioni o discorsi d’odio (hate speech)” contenuta nella lettera i) dell’art. 1 come segue: “espressioni scritte o audiovisive che contengano istigazione a commettere reati ovvero apologia degli stessi, in particolare istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o in violazione dell’art. 604–bis c.p”.
Un partecipante (RTI) precisa, inoltre, che i riferimenti contenuti nella definizione di cui all’art. 1 lett. i) a “giustificare, minimizzare o in altro modo legittimare la discriminazione” riguardano condotte che non trovano riscontro nelle categorie normative dell’istigazione, dell’apologia o della propaganda.
Un soggetto (Federconsumatori) propone di rendere il testo maggiormente inclusivo e di evitare qualsiasi forma di classificazione degli individui all’interno di schemi e/o categorie predefinite.
Due soggetti (CILD e Coordinamento Pari Opportunità e Politiche di Genere UIL) suggeriscono invece di includere fra le cause di discriminazione anche tutti i fattori legati alla propria identità, compresa quella di genere, o all’età (Coordinamento nazionale Pari Opportunità e Politiche di genere della Uil Pensionati).
Osservazioni dell’Autorità
Con riferimento ai diversi rilievi formulati in relazione alla definizione di “espressioni o discorso d’odio”, si ritiene opportuno, ai fini del regolamento, eliminare dal testo dell’art. 1 tale definizione, in quanto il regolamento disciplina solo le fattispecie individuate dall’art. 30 del Testo Unico, per le quali la norma prevede l’applicazione delle sanzioni pecuniarie di cui all’art. 67, comma 1, lettera q), e comma 2, lettera g) Testo Unico.
Per quanto riguarda le proposte di estendere i motivi di discriminazione rilevanti ai fini dell’individuazione delle condotte vietate dal richiamato art. 30, includendo ad esempio i fattori legati all’identità di genere, si evidenzia che l’art 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, cui l’art. 30 rinvia, contiene un elenco non esaustivo di motivi di discriminazione, come si evince dalla formulazione “in particolare”.
Art. 2 (Finalità e ambito di applicazione)
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Un soggetto (Noi Rete Donne) suggerisce di inserire all’art. 2 comma 2 del regolamento che, oltre alle competenze dell’Ordine dei Giornalisti, sono salve le competenze dell’autorità giudiziaria, in ragione di quanto previsto dall’art. 67, comma 13, del Testo Unico secondo cui “Le sanzioni amministrative previste dal presente articolo si applicano anche se il fatto costituisce reato e indipendentemente dall’avvio di un’azione penale”.
Osservazioni dell’Autorità
In accoglimento dell’osservazione proposta, si ritiene di inserire la disposizione di cui
all’art. 67, comma 13, nel testo del successivo art. 8 del regolamento.
Art. 3 (Principi generali in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona)
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Un partecipante (CILD) propone di precisare all’art. 3 comma 2 del regolamento che la libertà di espressione, di opinione e di ricevere e comunicare informazioni – comprensivi anche dei diritti di cronaca, di critica e di satira – debbano conciliarsi con quanto previsto dalla Costituzione Italiana e dai Trattati internazionali in materia di diritti umani, nonché con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani.
Un altro partecipante (Confindustria Radio e Tv) ritiene opportuno riformulare tale disposizione in modo tale da ribadire il valore della libertà di espressione e del divieto di atti discriminatori, richiamando i principi e le norme dei codici deontologici per l’attività giornalistica.
Osservazioni dell’Autorità
Il riferimento contenuto nell’art. 3, comma 1, ai “principi fondamentali sanciti a tutela dei diritti fondamentali della persona” è da ritenersi sufficiente a richiamare tutte le disposizioni vigenti in materia di tutela dei diritti della persona.
L’art. 3 inoltre tiene conto dell’equo bilanciamento tra l’esigenza espressa dal legislatore nell’art. 30 del Testo Unico di tutelare i diritti fondamentali della persona e quella di salvaguardare la libertà di espressione e di informazione tutelata dall’art. 21 della Costituzione, nonché, in particolare, l’autonomia editoriale.
CAPO II – Rispetto del principio di non discriminazione e di contrasto ai discorsi d’odio
Art. 4 (Prevenzione della discriminazione e contrasto ai discorsi d’odio)
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Un partecipante (RTI) rileva che i criteri vincolanti individuati dall’art. 4 comma 2 cui i fornitori di servizi di media audiovisivi devono conformarsi non possono che riguardare comportamenti rilevanti rispetto ai divieti previsti dal comma 1 dell’art. 30 del Testo Unico e suggerisce pertanto di eliminare l’espressione “offendere la dignità umana” contenuta nella lett. a) della disposizione regolamentare.
Inoltre, non condivide l’utilizzo, nell’ambito dell’art. 4, comma 2, lett. b) di termini generici e indeterminati quali “deresponsabilizzazione dell’autore”, “corresponsabilizzazione della vittima”, “vittimizzazione secondaria”, “romanticizzazione”, “estetizzazione”, “eroticizzazione” che non trovano riscontro nella giurisprudenza penale, in quanto si potrebbe creare un problema di definizione dei confini tra la lecita espressione di giudizi e le condotte vietate dal regolamento.
Altri partecipanti (Cooperativa Befree, Associazione WIFTMI, Rete per la Parità e DonneinQuota, Gruppo di ricerca STEP, Academic Network UN.I.RE., Noi Rete Donne) esprimono invece apprezzamento per i riferimenti a tali categorie di condotte.
Un soggetto (WITFMI) ritiene che tale riferimento potrebbe utilmente essere inserito nella parte motivazionale della delibera anziché nel testo regolamentare, potendo in quella sede essere maggiormente valorizzato.
Con riferimento ai criteri di cui all’art. 4 dello schema di regolamento, un partecipante (WIFTMI), nell’apprezzare la responsabilizzazione dei fornitori di servizi media, suggerisce di introdurre un principio di congruenza da rispettare nella programmazione offerta, anche in relazione alle persone invitate o intervistate nelle trasmissioni, in ordine alla tipologia di programma (ad esempio, informativo o di intrattenimento, in diretta o in differita). Un altro soggetto (Cooperativa Befree) manifesta apprezzamento per la responsabilizzazione delle emittenti in ordine alla materia dell’hate speech attraverso la fissazione dei criteri di cui all’art. 4, in particolare con riferimento al doveroso discostamento in caso di verificazione dell’evento, e suggerisce di inserire un criterio in cui si pone l’attenzione sull’equilibrio nella scelta degli inviti da fare nelle trasmissioni, in modo da garantire il rispetto della persona.
Un altro partecipante (Confindustria Radio e Tv) ritiene necessario riformulare la disposizione di cui all’art. 4, comma 2, lett. d), relativamente al discostamento da parte del conduttore. L’attuale formulazione, facendo riferimento alla tempestività, sembra attribuire al giornalista conduttore la responsabilità e il dovere di valutare in pochi secondi se un contenuto può essere contrario ai principi del Regolamento. A tal fine suggerisce di adottare la formulazione “in un tempo ragionevole” o di spiegare all’interno della delibera il concetto di tempestività, consentendo al fornitore di adeguarsi in un tempo congruo alla specificità del caso concreto.
Osservazioni dell’Autorità
Con riferimento ai rilievi emersi nel corso della consultazione in merito alla genericità della disposizione, si ritiene opportuno che, nella valutazione della condotta dei fornitori di servizi di media audiovisivi ai fini dell’accertamento delle violazioni del divieto di istigazione alla violenza o all’odio previsto dall’art. 30 del Testo Unico, l’Autorità tenga conto dell’eventuale presenza di elementi suscettibili di determinare, in maniera diretta o indiretta, la deresponsabilizzazione dell’autore o la corresponsabilizzazione della vittima di violenza, di odio, di discriminazione o di lesione della dignità umana, nonché suscettibili di determinare in maniera diretta o indiretta qualsiasi altra forma di vittimizzazione secondaria o effetto di romanticizzazione, estetizzazione o eroticizzazione di dette condotte.
Il riferimento a tali comportamenti, per il quale molte delle associazioni che hanno partecipato alla consultazione esprimono apprezzamento, è quindi idoneo ad individuare uno dei criteri cui i fornitori devono attenersi per prevenire le violazioni dei divieti di cui all’art. 30 comma 1 del Testo Unico.
Le condotte di deresponsabilizzazione dell’autore, corresponsabilizzazione della vittima di violenza, vittimizzazione secondaria, romanticizzazione, estetizzazione o eroticizzazione delle violazioni si elencano in via esemplificativa e non esaustiva, non esaurendo, dette condotte, tutte le fattispecie ricomprese nella norma in via di attuazione.
Con riferimento ai criteri cui i fornitori di servizi media devono attenersi al fine di prevenire le violazioni, non si ritiene di introdurre specifici obblighi in merito alla congruità degli ospiti invitati a partecipare alle trasmissioni o della scelta dei soggetti intervistati, in quanto una disposizione in tal senso apparirebbe eccessivamente limitativa della libertà editoriale.
In merito al suggerimento relativo al discostamento del conduttore, si precisa che il concetto di tempestività di cui all’art. 4, comma 2, lett. c) va inteso come un tempo ragionevole, in relazione alla specificità del caso concreto, e non necessariamente immediatezza.
Art 5 (Iniziative di contrasto alle violazioni dei diritti fondamentali della persona e ai discorsi d’odio)
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Due partecipanti (RAI, Confindustria Radio e Tv) propongono di riformulare il comma 1 dell’art. 5 riferito alla Rai, nel ruolo di concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, sostituendo l’espressione “promuove la diffusione di contenuti che valorizzano” con l’espressione “diffonde nella propria programmazione”.
Osservazioni dell’Autorità
In accoglimento delle predette osservazioni, si ritiene di modificare il testo del comma 1 dell’art. 5 del regolamento secondo le proposte emersa nel corso della consultazione al fine di uniformare tale disposizione con le previsioni del Contratto di Servizio nell’attuale formulazione.
Art. 6 (Relazione sul monitoraggio)
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Due partecipanti (Associazioni Rete per la Parità e DonneinQuota) chiedono di inserire dopo le parole “sono riportati” le parole “in evidenza sul sito dell’Agcom.”
Un altro partecipante (WIFTMI) chiede di condividere i dati che dovessero emergere dal monitoraggio di cui all’art. 6 dello schema di regolamento, in modo che possano costituire anch’essi una guida per i broadcaster.
Un soggetto (RTI) auspica che, laddove siano fissati ulteriori criteri per il monitoraggio qualitativo, questi vengano condivisi con i fornitori di servizi media, al fine di consentire l’adeguamento delle strutture interne del monitoraggio, come avviene per le altre fattispecie (di tipo quantitativo).
Osservazioni dell’Autorità
In accoglimento della proposta di Associazioni Rete per la Parità e DonneinQuota, si ritiene necessario modificare la disposizione contenuta nell’art. 6 nel senso di rendere disponibili i dati di monitoraggio sul sito internet dell’Autorità.
In un’ottica di trasparenza, laddove dovessero essere stabiliti degli specifici criteri di monitoraggio ai fini della vigilanza sul rispetto del regolamento, gli stessi potranno essere condivisi con i soggetti interessati, fra l’Autorità e i fornitori di servizi di media audiovisivi.
CAPO III – Vigilanza e sanzioni
Art. 7 (Vigilanza e segnalazioni)
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Due partecipanti (Centro Studi di Informatica Giuridica di Ivrea Torino e CILD) non condividono la previsione contenuta nell’art. 7 dello schema di regolamento secondo cui le denunce possono essere presentate da associazioni rappresentative di interessi associazioni o altre organizzazioni rappresentative degli interessi degli utenti e da associazioni ed enti statutariamente impegnate nella lotta alla discriminazione e nella tutela dei diritti fondamentali della persona e non anche dai singoli.
Osservazioni dell’Autorità
Non si ritiene di apportare modifiche alla previsione sulla legittimazione delle associazioni ed enti statutariamente impegnati nella lotta alla discriminazione a presentare le segnalazioni in quanto rimane in ogni caso fermo il potere dell’Autorità di agire d’ufficio per la verifica delle violazioni del regolamento.
Art. 8 (Sanzioni)
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Un partecipante (Sky) propone di prevedere uno strumento di flessibilità nella disciplina in questione accanto alle sanzioni pecuniarie introdotte dagli artt. 30 e 67 del Testo Unico, e, quindi, di mantenere nell’emanando regolamento, con riferimento alle violazioni episodiche, un meccanismo di moral suasion del tutto analogo a quello previsto dall’attuale art. 7, co. 1, della delibera n. 157/19/CONS.
Un soggetto (Federconsumatori) propone di integrare la sanzione pecuniaria già prevista dal Testo Unico con un provvedimento di sospensione mentre un altro, (Gruppo di ricerca STEP) auspica che a seconda della gravità dei casi la sanzione amministrativa venga integrata, se non sostituita, dall’obbligo per il programma attenzionato di partecipare nelle sue componenti autoriali ad attività di formazione sul tema della prevenzione del discorso d’odio e della violenza.
Ai fini dell’efficacia e tempestività dell’intervento, un partecipante (Noi Rete Donne) chiede di contemplare, oltre all’irrogazione di sanzioni pecuniarie, anche l’esercizio di poteri cautelari, inibitori, interdittivi o, comunque, prescrizioni di natura “speciale”, che trovano fondamento nella legge istitutiva n. 249/1997.
Un partecipante (Aeranti Corallo) propone di precisare, nel testo dell’art. 8, che, con riferimento agli esercenti la radiodiffusione sonora e televisiva in ambito locale, si applica la riduzione della sanzione secondo quanto previsto dall’art. 67, comma 5, del Testo Unico.
Un soggetto (Noi Rete Donne) suggerisce di inserire il riferimento a quanto previsto dall’art. 67, comma 13, del Testo Unico.
Osservazioni dell’Autorità
Con riferimento alle proposte di introduzione di provvedimenti di sospensione, si osserva che l’art. 30 del Testo Unico prevede unicamente l’applicazione di sanzioni pecuniarie nei casi di violazione del divieto di istigazione alla violenza o all’odio. A tal riguardo, appare opportuno specificare che per le stesse, l’art. 67, comma 3, del Testo Unico, dispone l’esclusione dal beneficio del pagamento in misura ridotta.
Con riferimento al richiamo a quanto previsto dal comma 5 dell’art. 67 del Testo Unico non si ritiene di inserire nel testo dell’art. 8 del regolamento la disposizione della norma primaria, in quanto già automaticamente applicabile.
Si ritiene inoltre di inserire un ulteriore comma nel testo, come suggerito da un partecipante alla consultazione, dell’art. 8 al fine di richiamare la disposizione contenuta nel comma 13 dell’art. 67 del Testo Unico precisando quanto segue: “1. Le sanzioni amministrative previste dal presente articolo si applicano anche se il fatto costituisce reato e indipendentemente dall’avvio di un’azione penale”.
CAPO IV – Disposizioni finali
Art. 11 (Abrogazioni)
Posizioni principali dei soggetti intervenuti
Un partecipante (Sky), chiede di valutare l’opportunità di prevedere, analogamente a quanto previsto dal regolamento approvato con delibera n. 157/19/CONS, uno strumento di flessibilità nella disciplina in questione accanto alle sanzioni pecuniarie introdotte dagli artt. 30 e 67 del Testo Unico, e, quindi, di mantenere, con riferimento alle violazioni episodiche, un meccanismo di moral suasion del tutto analogo a quello previsto dall’attuale art. 7, co. 1, della del. 157/19/CONS. Si ritiene infatti che tale strumento possa almeno in prima battuta configurarsi come quello più idoneo a conseguire il risultato di indurre in tempi rapidi comportamenti virtuosi da parte degli operatori anche in considerazione del fatto che in taluni casi può non essere così immediato comprendere quando alcune espressioni travalicano la libertà di manifestazione del pensiero.
Dalla consultazione pubblica è emerso che molti dei soggetti intervenuti, sia dal versante SMAV sia dal mondo dell’associazionismo, hanno manifestato preoccupazione riguardo al vuoto di tutela che deriverebbe dall’abrogazione del Regolamento approvato con delibera n. 157/19/CONS, a fronte dell’introduzione di un regolamento volto esclusivamente a disporre l’attuazione dell’art. 30 del Testo Unico.
Un partecipante (WIFTMI) richiede di fare salve le disposizioni contenute nel Regolamento di cui alla delibera n. 157/19/CONS per tutte le fattispecie non riconducibili all’ambito di applicazione dell’art. 30 del Testo Unico, così da non perdere la tutela delle lesioni alla dignità della persona che non integrano le fattispecie previste dal medesimo articolo, avuto riguardo, ad esempio, anche all’individuo singolarmente inteso, che sembrerebbe escluso dalle disposizioni dell’emanando regolamento.
Osservazioni dell’Autorità
Come noto, il Testo Unico ha previsto, per la prima volta, l’applicazione, da parte dell’Autorità, di apposite sanzioni pecuniarie nel caso in cui venga accertata la violazione del divieto di istigazione alla violenza e all’odio; tuttavia, l’irrogazione di sanzioni pecuniarie è stata prevista dal legislatore soltanto in relazione ai casi di violazione delle previsioni di cui all’art. 30 del Testo Unico cui è stata data attuazione dall’Autorità nell’art. 4 dello schema di regolamento.
Invero l’art. 30, pur introducendo la sanzione pecuniaria in via immediata (sicuramente più incisiva del meccanismo della diffida disegnato nella delibera 2019), ha una portata limitata ai contenuti che possano veicolare istigazione a commettere reati ovvero apologia degli stessi, in particolare istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o in violazione dell’art. 604 -bis del codice penale, o a commettere reati di terrorismo di cui all’articolo 5 della direttiva (UE) 2017/541.
Per i principi che regolano l’illecito amministrativo non è possibile estendere la portata dell’art. 30 ad ipotesi ulteriori rispetto a quelle ivi contemplate.
Ciò implica che le eventuali violazioni dei principi generali in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona che non integrano le condotte vietate dal richiamato art. 30 non risultano direttamente sanzionabili, stante il principio di legalità (e di conseguente tipicità dell’illecito amministrativo) di cui all’art. 1 della legge n. 689/81.
Pertanto, al fine di reprimere eventuali condotte che non rientrano in quelle per cui il legislatore commina una sanzione pecuniaria, si ritiene, sulla scorta di alcune osservazioni emerse nel corso della consultazione, di non abrogare il Regolamento di cui alla delibera n. 157/19/CONS che prevede un paradigma procedurale basato su una diffida, impartita ai fornitori di servizi media, a rispettare le norme del Regolamento, come forma di ammonimento cui segue, in caso di inottemperanza a detta diffida, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 1, comma 31, della legge n. 249/1997.
Invero, l’adozione di una (previa) diffida ai sensi dell’articolo 1, comma 31, della legge n. 249 del 1997) si rende necessaria in tutti i casi in cui la legge si limiti a dettare soltanto dei principi in una certa materia, i quali, sebbene ulteriormente declinati dal presente regolamento, possono comunque richiedere la necessità di un intervento dell’Autorità che specifichi un obbligo di facere o di non facere, mediante provvedimenti di diffida o di ordine specifici, prima di procedere con l’irrogazione di una sanzione pecuniaria nei confronti del fornitore di servizi di media audiovisivi (per inottemperanza a ordini o diffide).
Pertanto, tale regolamento può trovare applicazione nei casi in cui siano accertate condotte che, pur non rientrando nell’ambito applicativo dell’art. 30, risultano comunque vietate in virtù delle disposizioni di carattere generale contenute negli articoli 4, comma 1, e 9, comma 1, del Testo Unico al fine di garantire il rispetto dei principi generali in materia di tutela della dignità della persona. L’articolo 11 viene di conseguenza modificato con il rinvio al regolamento recante disposizioni in materia di rispetto della dignità umana e del principio di non discriminazione e di contrasto all’hate speech approvato con delibera n. 157/19/CONS.
Invero oltre a quanto previsto dall’articolo 30, l’articolo 4, comma 1, del Testo unico, stabilisce che il rispetto della dignità umana, del principio di non discriminazione e di contrasto ai discorsi d’odio è un principio generale del sistema dei servizi di media audiovisivi.
Il successivo articolo 9, comma 1, nell’individuare le funzioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, prevede che l’Autorità, nell’esercizio dei compiti ad essa affidati dalla legge, assicura il rispetto dei diritti fondamentali della persona nel settore delle comunicazioni, anche mediante servizi di media audiovisivi o radiofonici ed esercita i propri poteri conformità agli obiettivi della direttiva 2018/1808/UE, in particolare “per quanto attiene alla non discriminazione”.
RITENUTA la necessità di fornire una regolamentazione di dettaglio del precetto contenuto nel citato articolo 30 del Testo Unico affinché nei servizi di media audiovisivi e radiofonici sia assicurato l’effettivo rispetto dei diritti fondamentali della persona e del divieto di istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone o un membro di un gruppo sulla base di uno dei motivi di cui all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o in violazione dell’art. 604-bis del codice penale;
UDITA la relazione del Commissario Laura Aria, relatore ai sensi dell’art. 31 del Regolamento concernente l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità;
DELIBERA
Art. 1
È approvato il Regolamento in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona ai sensi dell’articolo 30 del D.lgs 8 novembre 2021, n. 208 (Testo Unico dei servizi di media audiovisivi), contenuto nell’Allegato A alla presente delibera di cui costituisce parte integrante.
La presente delibera può essere impugnata entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione innanzi al Tar del Lazio.
La presente delibera è pubblicata sul sito web dell’Autorità ed entra in vigore il giorno
successivo a quello della sua pubblicazione.
Roma, 22 febbraio 2023
IL PRESIDENTE
Giacomo Lasorella
IL COMMISSARIO RELATORE
Laura Aria
Per attestazione di conformità a quanto deliberato
IL SEGRETARIO GENERALE
Giulietta Gamba