5 dicembre 1997 Sentenza della Pretura di Roma

5 DICEMBRE 1997

SENTENZA DELLA PRETURA DI ROMA

 

Omissis. – In via preliminare, si osserva che gli addebiti contestati, sotto il profilo “fattuale”, sono sufficientemente dimostrati; dalla prodotta documentazione, nonché dalle dichiarazioni rese dai funzionari e tecnici della SIAE, risulta che la emittente privata wz, nel corso delle trasmissioni, e in connessione con programmi pubblicitari, utilizzava brani musicali tutelati, in assenza della prescritta autorizzazione della SIAE (in particolare i brani utilizzati sono quelli indicati nel capo A, così come accertato a seguito delle registrazioni effettuate nel periodo tra il luglio e l’agosto del 1992).

Ciò premesso, non si può non rilevare che, nella fattispecie, il solo elemento di prova, desumibile dalle suddette registrazioni, è inerente alla posizione ricoperta, nell’ambito societario, da xy, quale amministratore delegato protempore (gli altri coimputati hanno esercitato le medesime funzioni in periodi, però, precedenti, come evidenziato nello stesso capo d’imputazione).

Pertanto, in mancanza di qualsiasi elemento di prova idoneo a far ritenere che anche nei periodi precedenti l’emittente televisiva abbia trasmesso brani tutelati, e specificatamente, quelli indicati nel capo sub A, l’ipotesi di accusa risulterebbe comunque infondata nei confronti di xx, yy e xy (né per un’affermazione di responsabilità è sufficiente il fatto che i legali rappresentanti della società non abbiano richiesto, o rinnovato, l’autorizzazione della SIAE, sin dal 1990, per la utilizzazione di brani, eventualmente tutelati ma non specificatamente indicati).

Tuttavia, tale valutazione di carattere prettamente probatorio deve ritenersi superata dalla infondatezza delle ipotesi di reato sotto il profilo giuridico.

Al riguardo, si osserva che questo Giudice è ben consapevole del fatto che la determinazione assunta si pone in netto contrasto con il costante orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte (di recente, anche Cass. Sez. III 4 giugno 1996 in proc. Amico); e però, le argomentazioni svolte dalla Suprema Corte non appaiono del tutto persuasive e comunque tali da escludere interpretazioni diverse e più favorevoli agli attuali imputati (peraltro, a conferma del contrasto persistente in subiecta materia, si osserva che numerose decisioni di merito hanno fornito un’interpretazione del complesso normativo in senso assolutorio, anche se con diverse formule terminative).

Argomenta la Suprema Corte che il diritto d’autore comprende sia il diritto alla riproduzione, sia il diritto alla diffusione dell’opera; pertanto ceduto all’editore-produttore il diritto di riproduzione dell’opera, rimane il diritto alla diffusione che non può essere effettuato senza l’autorizzazione dell’autore e quindi della SIAE.

Tale assunto risulterebbe fondato sul disposto di cui all’art. 61, 2 co. Dir. Aut. In virtù del quale “la cessione del diritto di riproduzione o del diritto di porre in commercio non comprende, salvo parto contrario, la cessione del diritto di esecuzione pubblica o di radiodiffusione”.

Ulteriore passaggio ermeneutico, verosimilmente fondato sull’art. 16 dir. Aut., è costituito dall’interpretazione della nozione di diffusione, come comprensiva anche della radiodiffusione (al riguardo, si osserva che il D. P. R. n. 490 del 1974 ha esteso alla televisione i particolari diritti dell’esercente la radiodiffusione).

In generale, deve rilevarsi che in ambito penalistico vige il principio di tassatività o determinatezza delle fattispecie legali, riconducibile al più ampio principio di legalità, avente rilevanza costituzionale; riaffermato il divieto di analogia (art. 14 disp. prel.) è consentito all’interprete, per colmare eventuali lacune legislative, precedere ad un’attività di comprensione del testo, avvalendosi unicamente dei canoni di logica giuridica (ubi lex voluit dixit…).

Nella fattispecie, un’interpretazione della nozione di diffusione, comprensiva anche della radio-telediffusione, risulterebbe non solo contrastante con il dato testuale e il senso logico del disposto normativo, ma anche incompatibile con la specifica disciplina negoziale.

Come peraltro ribadito anche in precedenti decisioni di merito, una corretta interpretazione del complesso normativo (già di per sé confuso) impone di tenere distinto il profilo propriamente creativo, avente ad oggetto l’opera, da quello commerciale, avente ad oggetto non l’opera ma la sua esecuzione realizzata a mezzo riproduzione su supporto.

Appare evidente, dalla lettura del testo della norma sub A, che la nozione di opera debba essere interpretata in senso “stretto”, quale espressione creativa dell’autore (e difatti, si rappresenta, si esegue o si recita in pubblico un’opera e non la sua “esecuzione”); il medesimo significato, però, deve riconoscersi alla nozione di opera relativamente alla diffusione (“o diffonde”), atteso che la norma prevede delle condotte (ovvero modalità di realizzazione del fatto) in forma alternativa.

Ciò considerato, appare non condivisibile l’interpretazione fornita dalla Suprema Corte allorché estende alla radiodiffusione la condotta di diffusione, sanzionata dalla citata norma; ed invero, si rileva che, anche tecnicamente, può radiodiffondersi non l’opera in sé, ma la sua riproduzione su supporto (ad ulteriore conferma, si pone il fatto che la norma espressamente limita l’illiceità della condotta alla radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico).

E’ pur vero che l’espressione “radiodiffondere l’opera” si rinviene nel disposto di cui all’art. 61 dir. Aut., ma, in tal caso, il riferimento può ragionevolmente giustificarsi con il rilievo che, al momento dell’entrata in vigore della legge, non erano certamente sviluppate le attuali tecnologie di fissazione dei brani su supporti, mentre frequenti erano le esecuzioni ” dal vivo” effettuate nei locali della emittenza pubblica.

In realtà, l’interpretazione della norma contestata deve essere raccordata con l’effettivo contenuto negoziale del contratto musicale, traslativo dei diritti di sfruttamento economico dell’opera, e quindi non solo del diritto di riproduzione ma anche di diffusione delle composizioni musicali riprodotte su supporti (l’art. 17 sancisce che il diritto esclusivo di distribuzione ha per oggetto il diritto di mettere in commercio, di porre in circolazione o comunque a disposizione (del pubblico con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi titolo l’opera o gli esemplari di essa).

Pertanto, deve ritenersi che per la radio-telediffusione dei brani musicali riprodotti su supporti, non sia richiesta l’autorizzazione dell’autore e quindi della SIAE, in ragione dell’avvenuto trasferimento dei diritti a favore dell’editore (diversamente, l’autorizzazione è richiesta per l’esecuzione in pubblico e dal vivo dell’opera).

Del tutto insussistente è, invece, l’ipotesi sub B.

In merito, già è stato evidenziato che i diritti di utilizzazione economica dell’opera, in virtù dello stipulato contratto musicale, spettano all’editore e non più all’autore e alla SIAE, i quali non possono impedire l’impiego, in radio-telediffusione, dei supporti, su cui sono fissati i fonogrammi.

Inoltre, non si può non rilevare che la norma contestata è stata abrogata (e non meramente riprodotta) a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 685/1994, con il quale il legislatore ha inteso sanzionare diverse e più allarmanti forme di illiceità economica (c.d. pirateria discografica)- orbene, nel caso di specie, il riferimento all’art. 171 ter legge n. 633 del 1941 appare inconferente, in quanto è pacifico che sono stati telediffusi brani musicali non abusivamente riprodotti su supporti meccanici.

Parimenti dubbia è, poi, la sussistenza di una finalità di lucro, atteso che possibili introiti economici derivano dalla trasmissione dei messaggi pubblicitari e non, in via diretta, dalla diffusione, asseritamente non autorizzata, dei brani musicali (il fatto di “accompagnare” tali messaggi con determinati brani potrebbe essere valutato in altra sede, qualora lesivo del diritto morale dell’autore).

Infatti, ad avviso di questo Giudice non emergono profili di incostituzionalità delle norme contestate, tenuto conto anche delle valutazioni giuridiche sopra espresse (né le parti hanno evidenziato particolari profili d’illegittimità, meritevoli di un più approfondito esame). – Omissis.