4 giugno 1996 Sentenza della Corte Suprema di Cassazione, Sez. III Penale

4 GIUGNO 1996

SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE

Con sentenza del 15 novembre 1995 la Corte di appello di Trento confermava la sentenza emessa il 13 luglio 1993 dal Pretore della stessa città con la quale XY era stato assolto dai reati di cui all’art. 171 lett. b) L. 633/41 e all’art. 1 L. 406/81 allo stesso ascritti.

XY, quale titolare di una emittente radiofonica era stato imputato dei predetti reati con l’accusa di avere abusivamente riprodotto, a fini di lucro, su nastro magnetico o altro supporto similare e quindi radiodiffuso, nell’ambito di un messaggio pubblicitario, brani musicali, senza l’autorizzazione dell’autore e quindi della SIAE.

La Corte di appello di Trento assolveva l’imputato sostenendo, con riferimento al reato di cui all’art. 171 lett. b) L. 633/41 che la radiodiffusione di un disco musicale non richiede la preventiva autorizzazione dell’autore se questi ha ceduti all’editore-produttore il diritto di utilizzazione economica del disco o di analogo supporto sul quale è registrata l’opera musicale, in quanto il contratto musicale stipulato comporta anche il trasferimento del diritto alla radiodiffusione.

A giudizio della Corte di appello non sussisterebbe nella specie neppure il reato di cui all’art. 1 L. 406/81 e cioè l’abusiva riproduzione di prodotti fonografici, in quanto l’art. 79 L. 633/41 attribuisce all’esercente il servizio di radiodiffusione il diritto esclusivo di utilizzazione dei dischi fonografici o altri apparecchi analoghi per nuove trasmissioni o nuove registrazioni senza il diritto al compenso a favore dell’autore.

Aggiunge la Corte di appello che comunque, nel caso di diffusione di riproduzioni di brani musicali nell’ambito di meri scopi pubblicitari difetterebbero il fine di lucro che, quale dolo specifico, caratterizza la fattispecie criminosa di cui all’art. 1 L. 406/81.

Contro la sentenza hanno proposto ricorso in Cassazione sia il Procuratore generale di Trento che la S.I.A.E. costituitasi parte civile.

I ricorrenti sostengono che la impugnata sentenza assolutoria, oltre a contrastare con la giurisprudenza di questa Corte, sarebbe il frutto di una errata interpretazione delle norme che disciplinano il diritto all’autore. Con riferimento al reato di cui all’art. 1 L. 406/81 la Corte avrebbe inoltre erroneamente escluso la sussistenza del dolo specifico.

Osserva la Corte che i ricorsi sono fondati.

Ed invero, come rilevano i ricorrenti, la corretta lettura delle norme che disciplinano il diritto d’autore impone di tener presente che un tale diritto comprende due autonomi e distinti diritti e cioè il diritto alla riproduzione e il diritto alla diffusione dell’opera. La cessione all’editore-produttore del diritto di riprodurre un’opera musicale non comprende altresì, salvo fatto contrario, la cessione del diritto alla radiodiffusione dell’opera, con la conseguenza che questa può essere effettuata solo se vi è l’autorizzazione: dell’autore e quindi della SIAE.

Occorre infatti considerare che l’art. 61 D.P.R. 633/42 al 2° comma precisa che la cessione del diritto di riprodurne un’opera non comprende altresì, salvo fatto contrario, il diritto di radiodiffusione e che il successivo art. 72, sul precisare che il produttore del disco fonografico o di altro analogo apparecchio ha il diritto di riprodurre in disco o supporto, fa “Salvi i diritti spettanti all’autore a termini del titolo precedente”, nel quale titolo è compresa la ricordata norma di cui all’art. 61. E’ poi da aggiungere che all’ultima norma all’ultimo comma precisa che, per quanto riguarda la radiodiffusione, il diritto d’autore “resta regolato dalle norme contenute nella precedente sezione”, nella quale sezione è inserito l’art. 52, il quale sancisce che l’ente esercente il servizio di radiodiffusione ha facoltà di eseguire, senza che occorra il consenso dell’autore, la radiodiffusione purché avvenga da teatri, sale o altro luogo pubblico, nonché l’art. 59, il quale invece sottopone al consenso dell’autore la radiodiffusione di opere che sia effettuata dai locali dell’esercente la radiodiffusione.

Sulla base di tali norme emerge evidente che la Corte di appello ha erroneamente escluso la sussistenza del reato di cui all’art. 171 lett. b) L. 633/41 dato che l’emittente radiofonica non può diffondere opere altrui senza il consenso dell’autore, anche se questi ha ceduto a terzi il diritto alla riproduzione, su disco o altro apparecchio, dell’opera.

Parimenti va censurata la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la sussistenza del reato di cui all’art. 1 L. 406/81.

Contrariamente a quanto afferma la Corte di appello l’art. 79 D.P.R. 633/42 non riconosce all’esercente il servizio della radiodiffusione il diritto di riprodurre altrui brani musicali. La norma infatti fa riferimento alla riproduzione delle emissioni radiofoniche proprie dell’emittente radiofonica e peraltro precisa che la riproduzione è consentita “senza pregiudizio dei diritti sanciti da questa legge a favore degli autori produttori” quindi vuole che la riproduzione avvenga con il consenso dell’avente diritto.

Deve infine aggiungersi che sussiste il fine di lucro nel caso di abusiva riproduzione di altrui opere musicali da utilizzare all’interno di un messaggio pubblicitario, essendo questo realizzato per trarne un utile economico. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di appello di Brescia e l’imputato va condannato alla rifusione delle spese di quarto grado del giudizio a favore della parte civile SIAE. (Omissis).