4 GIUGNO 1982
SENTENZA N° 507/82 DEL TRIBUNALE DI TREVISO, SEZ. PENALE
Nella causa penale del P.M.
CONTRO
XX (omissis)
libero – presente
APPELLANTE
avverso la sentenza del Pretore di Castelfranco Veneto del 15/5/81 con la quale, ritenuto colpevole del reato a lui in rubrica ascritto, veniva condannato alla pena di L. 250.000 di multa oltre alle spese processuali. Concessione di entrambi i benefici di legge.
Veniva condannato inoltre al risarcimento dei danni in favore della P.C., da liquidarsi in separato giudizio, nonché alla rifusione delle spese di P.C. liquidate in complessive L. 300.000 più IVA.
IMPUTATO
del reato di cui all’art. 171 1° comma della legge 22/4/1941 n. 663 per avere in qualità di legale rappresentante della “KK” diffuso a mezzo radio opere altrui senza averne diritto. In Castelfranco Veneto fino al 15 gennaio 1981.
In esito all’odierno, orale, pubblico dibattimento, sentiti il P.M., la difesa e l’imputato, osservasi in
FATTO E DIRITTO
Con denuncia presentata al Pretore di Castelfranco Veneto, il direttore della S.I.A.E. di Venezia esponeva che la “KK” effettuava trasmissioni radiofoniche giornaliere di programmi musicali in violazione alle norme sul diritto d’autore perché sprovvista delle necessarie autorizzazioni.
Con sentenza del 15 maggio 1981 il Pretore dichiarava il legale rappresentante della società, XX, responsabile del reato di cui alla lettera b) dell’art. 171 della legge 22/4/41 n. 633 e lo condannava alla pena di L. 250.000 di multa, oltre alle spese ed ai danni.
Proponeva tempestiva impugnazione il suo difensore lamentando:
1) la violazione dell’art. 1 del C.P. perché il fatto commesso (radiodiffusione di esecuzione musicale tratta da disco o altro supporto di registrazione), non è riconducibile ad alcuna fattispecie penalmente sanzionata;
2) la violazione degli artt. 51 e segg. della legge citata la quale, viceversa, contempla i diritti ed i doveri dell’ente esercente il servizio della radiodiffusione autorizzandolo a trasmettere direttamente le rappresentazioni ed esecuzioni di opere di autore effettuate dagli artisti esecutori con il consenso del loro autore, salvo il diritto al compenso;
3) l’erronea interpretazione della legge anche in relazione all’art. 11 bis della Convenzione di Berna, avendo la predetta Convenzione introdotto per la prima volta la deroga ai principi generali con riferimento alla radiodiffusione, ed avendo il legislatore recepito tale principio nella legge in discussione, mentre le recenti modificazioni della Convenzione di Berna nulla immutano in materia di radiodiffusione;
4) la violazione delle disposizioni sulla interpretazione della legge perché il significato dalle parole usate dal legislatore all’art. 171 lett. b) va considerato nella successione delle parole stesse mentre l’interpretazione letterale va integrata con quella logico-sistematica e storica: e così la parola diffondeva necessariamente intesa in alternativa alla rappresentazione, esecuzione o recitazione “in pubblico” e, quale elemento costitutivo dello stesso reato, non può che avere tale caratteristica, anche in coerenza con l’espressa deroga contenuta nell’art. 51, deroga che, di per sé, esclude la possibilità di configurare l’ipotesi di reato ritenuta dal Pretore (impossibile essendo l’equazione diffusione-radiodiffusione);
5) l’erronea interpretazione della disciplina legale dell’autorizzazione da parte della S.I.A.E. dovendosi, viceversa, ritenere l’atto autorizzativo sostanzialmente autonomo e valido fino alla sua scadenza o alla sua revoca nonostante il mancato pagamento dei compensi pattuiti e pretesi. Chiedeva, di conseguenza, il proscioglimento del proprio assistito con la formula “perché i fatti non sono preveduti dalla legge come reati”. Osserva il Tribunale che la impugnazione è fondata.
Nella specie, infatti, l’accusa è stata formulata sul presupposto della messa in onda, da parte di una emittente radiofonica privata, di brani musicali registrati. Ed il Pretore ha ritenuto tale fatto “diffusione arbitraria” considerandolo illecito penale ai sensi della lett. b) dell’art. 171 della legge n. 633 del 1941.
L’interpretazione del Pretore si fonda evidentemente sulla considerazione del tenore dell’art. 16 della citata legge, il quale enuncia che il diritto esclusivo dell’autore di diffondere ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi.
Ma la legge in parola, come chiaramente risulta dal Capo IV° della Sezione V^ distingue la “diffusione” dalla “radiodiffusione” dell’opera mediante impiego di disco e, con riferimento a tale evenienza, dispone (art. 61 u.p.) che, “per quanto riguarda la radiodiffusione, il diritto d’autore resta regolato dalle norme contenute nella precedente Sezione”.
E tali norme (artt. da 51 a 60) predispongono una tutela di carattere meramente civilistico perché, in base ad esse, l’esercente radiofonico deve chiedere preventivamente l’autorizzazione dell’autore o della SIAE tutte le volte che intenda far eseguire negli studi un’opera musicale in modo autonomo, mentre la radiodiffusione di una esecuzione già realizzata con il consenso dell’autore, è libera, diversi essendo i fatti considerati.
Emerge, perciò, dal contesto normativo sopra evidenziato che, agli effetti di tale disciplina, le nozioni riferibili ai termini “diffondere” e ”radiodiffondere” debbano essere tenute distinte e, poiché la sanzione penale è prevista unicamente dall’art. 171 lett. b), per la “radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico”, il comportamento ascritto al prevenuto non può sussumersi in tale ipotesi delittuosa, per la ovvia e insopprimibile esigenza di salvaguardia del principio sancito dall’art. 1 del codice penale.
Vietata l’interpretazione analogica in campo penale e limitata quella estesa ai casi di palese necessità logica al fine del doveroso rispetto della “ratio legis”.
Ratio legis che, come si è visto, si fonda, all’opposto, su principi di tutela, dell’ente radiofonico.
Ma se questo è il regime di deroga ai principi di tutela del diritto d’autore e se nulla vi è espressamente detto per le emittenti private, non può senz’altro escludersi la possibilità di estensione delle prerogative, previste per le radiodiffusioni pubbliche (anche per effetto dei noti interventi della Corte Costituzionale di cui le sentenze n. 225 del 1974 e n. 202 del 1976) mentre è arbitrario ricomprendere nella tutela penale (o meglio nella repressione penale) ciò che il legislatore dell’epoca non poteva prevedere. Da qui l’irrilevanza, ai fini del decidere, del dibattito giuridico che ne è conseguito e che lo stesso Pretore ha voluto risollevare quale argomento principale della sua decisione.
In definitiva, poiché allo stato della legislazione la disciplina delle radiodiffusioni, per gli effetti che in questa sede vengono considerati, assume carattere esclusivamente privatistico, il prevenuto deve essere mandato assolto perché il fatto o i fatti da lui commessi non sono previsti dalla legge come reato.
P.Q.M.
Il Tribunale,visto l’art. 523 c.p.p. in riforma della impugnata sentenza,
assolve
l’imputato dal reato a lui ascritto perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Treviso, 31 maggio 1982