28 NOVEMBRE 1996
SENTENZA N. 6867/96 DELLA PRETURA DI ROMA, SEZIONE I CIVILE
Nella causa iscritta al n.r.g. 42281/94, vertente
TRA
Trend srl, in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Felice Vaccaro del Foro di Firenze e Antonio Pacifico del foro di Roma, el. dom. presso lo studio di quest’ultimo in p.zza della Rotonda 2, in forza di procura in margine al ricorso in opposizione,
opponente
E
Garante per la radiodiffusione e l’editoria, rappr. e difeso dall’avvocato dello Stato Gian Paolo Polizzi, dell’Avvocatura Generale dello Stato, ove l’opposto è altresì domiciliato, in forza di rappresentanza ex lege,
opposto
NONCHE’
Rete Selene di Luciano Tarricone e co. S.n.c., con il dr. Proc. Emilia Maria Angeloni, el. dom. in Roma, via dei Latini 4, che la rappresenta e difende, unitamente all’avv. Marco Rossignoli del foro di Ancona, per procura notarile in atti,
intervenuta
E
Seprat srl, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Latini 4, presso il dr. Proc. Emilia Maria Angeloni, che unitamente all’avv. Marco Rossignoli del foro di Ancona, la rappresenta e difende per procura notarile in atti,
intervenuta
E
F.R.T. – Federazione Radio Televisioni e Formula Uno srl, entrambe elettivamente domiciliate in Roma, viale Mazzini 88, presso lo studio dell’avv, Mauro Amiconi, che le rappresenta e difende per procura a margine dell’atto di intervento,
intervenute
oggetto: opposizione a sanzione amministrativa.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso tempestivamente depositato in data 23.12.1994, la Trend srl ha proposto giudizio di opposizione, ai sensi degli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981 n. 689, avverso la sanzione amministrativa irrogata dall’Autorità resistente di cui in epigrafe.
Il Pretore fissava l’udienza di comparizione, ordinando all’Autorità opposta di depositare in Cancelleria copia degli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione.
Il ricorso ed il decreto venivano quindi notificati, a cura della Cancelleria, alle parti.
In udienza compariva parte opponente, che insisteva nella domanda.
L’Autorità pubblica, assumeva la posizione processuale di parte costituita indicata in epigrafe.
Quindi – al termine dell’istruttoria svolta ai sensi dell’art. 23, commi 6 e 7, L. 689/81 – previa precisazione delle conclusioni da parte dei procuratori presenti in udienza, il Pretore invitava le parti alla discussione della causa e nella stessa udienza, pronunziava sentenza definitiva mediante lettura del dispositivo che depositava in cancelleria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con ordinanza ingiuntiva emessa in data 18.11.1994 e notificata il successivo 25.11.1994, il Garante ha sanzionato la condotta della soc. opponente, per avere questa, quale esercente dell’emittente per la radiodiffusione sonora denominata Radio Company, irradiato in data 22.3.1994 messaggi pubblicitari differenziati nelle diverse aree geografiche servite dalla stazione trasmittente: in tale condotta il Garante, con il citato provvedimento, ha ritenuto ravvisabile la violazione dell’art. 15, comma XV, della legge 6.8.1990, n. 223.
Avverso l’ordinanza sanzionatoria la Trend ha proposto ricorso in opposizione ai sensi degli artt. 22 e 23 della legge 24.11.1981, n. 689.
Nel giudizio sono intervenuti i soggetti indicati in epigrafe, assumendo di avere interesse all’accoglimento dell’opposizione.
I dispiegati interventi devono qualificarsi come adesivi dipendenti, ai sensi dell’art. 105, II comma, c.p.c.: essi appaiono ammissibili, in quanto l’interesse fatto valere da ciascuno degli intervenuti – quale emittente radiotelevisivo a livello locale, o associazione di una pluralità di tali soggetti (per la FRT) – è quello alla formazione di un precedente giurisprudenziale nell’uno piuttosto che nell’altro senso; in considerazione dell’attività svolta degli intervenuti, esso appare sussumibile nell’ampio concetto in cui il temine “interesse” è usato dalla citata disposizione processuale.
2. – In via preliminare, la ricorrente solleva (rectius: invita il pretore a sollevare) questione di legittimità costituzionale della competenza attribuita al Garante dalla legge sulla cui base è stata irrogata la sanzione opposta, in quanto – secondo l’assunto prospettato – nella materia dei diritti e doveri fondamentali di cui agli artt. da 13 a 28 della Costituzione (e nel caso di specie si verterebbe in materia di diffusione del pensiero, di cui all’art. 21) vigerebbe una riserva assoluta di giurisdizione da cui dovrebbe ricavarsi l’inammissibilità di ogni competenza dell’autorità amministrativa; per giunta, la normativa del 1990 sarebbe in contrasto con l’art. 2 della c.d. l.a.c., secondo cui “sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o politico”.
Si prescinde dal rilievo, sin troppo ovvio, che l’art. 2 del R.D. 20.3.1865, n. 2248, all. E, non può costituire parametro diretto del giudizio di costituzionalità, trattandosi di norma con valore di legge ordinaria e non costituzionale.
Non può neanche ritenersi che essa sia stata indirettamente costituzionalizzata dagli artt. 102, 103 e 113 Cost.: le norme citate infatti pacificamente non prevedono alcuna riserva di competenza per il giudice ordinario in materia di diritti (come dimostra la sicura legittimità delle molteplici ipotesi di c.d. giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di interessi legittimi: cfr. art. 10, 1 comma, ad finem, Cost.); tali norme, ad avviso di questo pretore (ma si tratta di un obiter dictum, perché la considerazione non rileva ai fini della presente decisione), neppure implicano alcuna riserva di competenza del giudice amministrativo in materia di interessi legittimi (come dimostrano i casi, numericamente inferiori, di c.d. giurisdizione piena del giudice ordinario), stante la chiara previsione dell’art. 113, I e III comma, in relazione all’art. 102, I comma, Cost., che esclude che sia corretto interpretare in tal senso (come pure è stato proposto autorevolmente in dottrina) l’’rt. 103, I comma, Cost..
La manifesta infondatezza della questione prospettata discende dal rilievo che l’art. 21; III comma, Cost., prevede una riserva c.d. rinforzata di legge e una riserva di giurisdizione solo relativamente all’adozione dei provvedimenti di sequestro preventivo (sul cui ambito crf. peraltro Corte Cost. 21.4.1973, n. 38), ma non esclude la vigilanza dell’autorità amministrativa sull’esercizio della libertà di stampa e di diffusione del pensiero, né la sua competenza ad irrogare sanzioni repressive (e non preventive) anche – per quanto qui rileva – ai sensi della citata legge 689/81, salva solo la possibilità – che trova garanzia non nella norma sulla stampa, ma in quella più generale di cui all’art. 24 Cost. – di sottoporre a controllo giurisdizionale (da parte del g.o., per scelta discrezionale del legislatore ordinario) il provvedimento sanzionatorio adottato in via amministrativa.
E’ invero anche troppo evidente che la tesi dell’esclusione dell’Amministrazione dai settori di cui agli artt. 13 e ss. Cost. implicherebbe la necessità di attribuire – in tali ambiti – rilievo criminale ad ogni violazione di norme, con conseguente impossibilità per il legislatore ordinario di configurare illeciti amministrativi depenalizzanti nella materia che occupa conseguenza che si porrebbe in insanabile contrasto con i principi costituzionali di sussidiarietà e di frammentarietà della sanzione penale in senso proprio.
La tesi avversata inoltre, ove svolta ad absurdum, dovrebbe avere come corollario la competenza esclusiva di un organo giurisdizionale anche per il rilascio della patente di guida e del passaporto (art. 16): è ovvio che, così intesa, presta essa stessa il fianco a censure di incostituzionalità per irrazionalità (art. 3 Cost.) e per abbandono della cura del pubblico interesse (art. 97 Cost.), e non può quindi trovare seguito da parte di questo giudice.
La scelta di preporre al settore della radiodiffusione una Autorità amministrativa indipendente dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, in luogo – in ipotesi – di quest’ultimo, è infine una scelta garantistica del legislatore ordinario, neppure costituzionalmente necessaria.
Ne consegue che – al pari di ogni censura avverso la competenza sanzionatoria del Garante – deve dichiararsi manifestamente infondato anche ogni rilievo circa i compiti istruttori attribuiti dalla legge al Circolo Costruzioni T. e T., di cui all’art. 31 della legge 223/90 e all’art. 2 della legge 8.4.1983. n. 110.
Peraltro, osserva ad abundantion questo pretore come ogni soggetto, pubblico o privato, abbia facoltà di denunciare all’autorità amministrativa preposta (nel nostro caso, al Garante) fatti che a proprio avviso costituiscono illecito amministrativo, stante il principio di obbligatorietà della funzione sanzionatoria che si correla, anche in materia di illecito depenalizzato, al principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale di cui all’art. 112 Cost. un problema di tipicità delle competenze si pone dunque, in linea di massima, solo per l’organo di amministrazione attiva o di controllo, non anche per quello di impulso procedimentale.
Tutte le sollevate questioni di costituzionalità devono dunque dichiararsi manifestamente infondate.
3. – Nel merito, il motivo di ricorso di cui sub n. 2 dell’atto introduttivo è invece fondato.
Nel provvedimento opposto il Garante – sul punto parzialmente precisando i riferimenti normativi invocati nell’atto di contestazione dell’addebito emesso il 26.5.1994 e notificato al preteso contravventore in data 2.6.1994 – ha ritenuto che integri violazione dell’art. 15, comma XV, della citata legge 223/90 la condotta del gestore di un’emittente radiotelevisiva locale – tale essendo per legge quella che abbia un bacino di utenza non superiore a tre regioni o a 10.000.000 di persone – che irradi messaggi pubblicitari differenziati nelle singole zone (province) coperte dal proprio segnale elettromagnetico.
Inizialmente il riferimento era stato fatto, cumulativamente, al citato art. 5, XV comma, ed all’art. 8, X comma, della legge in esame.
Successivamente, all’atto dell’irrogazione della sanzione – cfr., nel preambolo del provvedimento impugnato, il primo Considerato, lettera e) – l’Autorità opposta ha ritenuto di non poter fare riferimento all’art. 8, comma X, poiché tale norma si riferisce solo ai concessionari privati per la radiodiffusione sonora e televisiva in ambito nazionale (ed alla concessionaria pubblica), e non anche a quelli operanti in ambito locale (nel senso che si è sopra definito, e tra i quali è pacifico che rientri la società opponente).
Ha tuttavia ritenuto di potere egualmente irrogare la sanzione, sulla base del precetto di cui all’art. 15, XV comma.
Tale assunto è erroneo, onde deve essere annullato per violazione di legge il provvedimento sanzionatorio che su di esso è fondato.
Invero l’art. 15, XV comma, della legge 6.8.1990, n. 223, impone a tutti i concessionari privati, senza distinzione tra quelli operanti in ambito nazionale e quelli operanti in ambito locale, nonché alla concessionaria pubblica, di trasmettere il medesimo programma su tutto il territorio per cui è rilasciata a concessione.
Se si considerasse la norma avulsa dal contesto sistematico in cui essa invece si inserisce, potrebbe apparire corretto includere anche i messaggi pubblicitari nel concetto di programma, inteso in senso lato; in tal modo anche la condotta dell’opponente potrebbe ricadere nell’ambito di operatività del precetto posto dalla citata disposizione normativa che dunque sarebbe stata violata dalla ricorrente.
Al contrario, l’interpretazione sistematica della legge induce ad eleggere la conclusione opposta.
Svariati indici lasciano ritenere che, già a livello sematico, il legislatore della legge 223/90 abbia tendenzialmente avuto per la pubblicità una considerazione differenziata rispetto agli altri programmi: si considerino in proposito, per esempio, l’art. 8, comma II, e l’art. 14, comma II.
E’ agevole rinvenirne una conferma ed una spiegazione anche a livello teleologico, stante la funzione del tutto diversa della pubblicità per l’imprenditore radiotelevisivo rispetto ad ogni altro programma (questo è il mezzo mediante il quale si catturano gli ascoltatori, e costituisce sul piano economico un costo per l’impresa; quella è il fine per il quale l’attività radiotelevisiva viene svolta, ed infatti costituisce un ricavo dell’imprenditore): si comprende in tal modo perché non sia da condividere l’esagesi seguita dal Garante e difesa dall’Avvocatura generale, che tende a risolvere entrambi i concetti in quello di programma in senso lato, assoggettandoli alla previsione dell’art. 15, XV comma.
Ma ai nostri fini è ovviamente determinante l’applicazione, imposta dai risultati della teoria generale dell’interpretazione, del canone esegetico lex specialis derogat legi generali.
La previsione di una norma speciale (art. 8, X comma) dettata per la pubblicità non può infatti non incidere, in senso delimitativo, sull’ambito di applicabilità della norma generale (art. 15, XV comma) dettata per tutti gli (altri) programmi.
Ove la fattispecie A (programma) sia regolata in un certo modo e con certi divieti, e la fattispecie A+a (programma di pubblicità) sia regolata in modo diverso e senza tali limti, è di piena evidenza – sulla scia di una nota dottrina che ha studiato in termini di logica formale il problema del rapporto di specialità tra norme – che l’introduzione della seconda nell’ordinamento giuridico non può non incidere anche sull’ambito di applicazione della prima: con l’effetto che – per ritornare al concreto – una volta che intervenga l’art. 8 (che prevede e regola la fattispecie A+a) a disciplinare la pubblicità, non è più possibile sanzionare quest’ultima ai sensi dell’art. 15 (che si occupa residualmente della fattispecie A).
Ne segue il corollario che la tesi del Garante sarebbe sostenibile solo se non esistesse la norma posta dall’art. 8, X comma in tal caso infatti, correttamente si potrebbe applicare anche per la pubblicità la norma dettata per tutti gli altri programmi.
Posta invece l’esistenza dell’art. 8, X comma, è ad esso che deve farsi riferimento in via esclusiva per attingere la disciplina del caso di specie.
Alla condivisibile conclusione che la condotta in esame non è sussumibile nella fattispecie vietata da tale disposizione, deve conseguire l’affermazione della sua liceità, e non invece l’applicazione di un’altra norma sanzionatoria.
Scendendo al concreto, l’art. 8 X comma, tutela i concessionari operanti in ambito locale rispetto a quelli operanti in ambito nazionale; conseguentemente vieta a questi ultimi di frammentare i messaggi pubblicitari per singoli bacini di utenza (la ratio è evidente: conservare una fetta del mercato pubblicitario ai concessionari di ambito locale).
La norma prevede una deroga per i concessionari in ambito locale i quali abbiano ottenuto l’autorizzazione ex art. 21 per la creazione di un c.s. network ai fini della frammentazione dei messaggi pubblicitari essi (peraltro in conformità con la più generale previsione dell’art. 21, III comma) sono esclusi dai divieti gravanti sui concessionari in ambito nazionale, anche durante la trasmissione di programmi in contemporanea ai sensi dell’art. 21, I comma.
La norma, dunque, non prevede alcuna estensione del divieto a carico dei concessionari in ambito locale.
Né, tra essi, può distinguersi tra quelli medi (operanti su varie province, fino ad un massimo di tre regioni) e quelli più piccoli (in ipotesi operanti su pochi comuni), perchè è noto che ubi lex non distnguit, nec nos distinguere debemus.
Pretestuosa e pericolosa (per la corretta applicazione della legge) appare infine la finalità, dichiarata dall’Avvocatura dello Stato, di volere con la propria interpretazione assicurare la tutela delle emittenti più piccole rispetto a quelle medie: pretestuosa, perché si tratta di una finalità non considerata dal legislatore, e che pertanto l’interprete che intenda rimanere tale non può liberamente prefiggersi da solo; pericolosa perché, gravando emittenti di medie dimensioni di vincoli non previsti dalla norma in esame (art. 8), può finire con l’allargare (non tanto o non solo gli spazi delle emittenti di dimensioni minime, quanto piuttosto) la fetta di mercato pubblicitario di appannaggio dei concessionari operanti in ambito nazionale, in tal modo palesemente contraddicendo quella che è l’unica ratio sicuramente perseguita con il comma in esame dal legislatore.
Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve dunque accogliersi, e per l’effetto annullarsi il provvedimento sanzionatorio opposto.
4. – Sono assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso, di cui sub nn. 3 e 4 dell’atto introduttivo.
5. – Sussistono giusti motivi, ravvisabili nella novità della questione, per disporre l’integrale compensazione tra tutte le parti delle spese processuali.
P.Q.M.
il Pretore di Roma, I Sezione civile, dottor Ermanno de Francisco, definitivamente pronunciando nella presente causa, così provvede
1) annulla l’ordinanza ingiuntiva prot. n. 7901 RTV, emessa in data 18.11.1994 dal Garante per la Radiodiffusione e l’Editoria a carico della soc. opponente;
2) compensa le spese del giudizio tra tutte le parti.