16 febbraio 1978 Sentenza della Pretura Circondariale di Palermo, Sez. Penale

16 FEBBRAIO 1978

SENTENZA DELLA PRETURA CIRCONDARIALE DI PALERMO, SEZ. PENALE

 

Fatto e diritto. – Con separate denunce presentate alla data sopra indicata, il direttore della sede di Palermo della S.i.a.e., dott. Francesco Di Simone, lamentava come alcune emittenti locali radiofondessero opere musicali di autori associati all’ente senza averne diritto, in violazione della norma in epigrafe indicata.

All’odierno dibattimento  questo pretore, rilevata la convenien­za di trattare unitamente i procedimenti, ne ordinava la riunione.

Gli imputati, tutti presenti, si protestavano innocenti e confermavano la natura commerciale delle radio locali da loro gestite all’epoca dei fatti.

Il p. m. chiedeva affermarsi la penale responsabilità degli imputati e la relativa condanna, mentre i difensori chiedevano la assoluzione perché il fatto non costituisce reato, eccependo, comunque, la incostituzionalità della norma contestata in riferimento all’art. 21 Cost.

Tale eccezione non è rilevante ai fini della decisione, dato che l’art. 171, lett. b), legge n. 633/1941 non è applicabile ai fatti contestati agli imputati e, pertanto, va respinta.

Nell’analizzare le ragioni per le quali la citata norma non si applica alla radiodiffusione, converrà dare per scontato l’attività di intermediazione della S.i.a.e. (art. 180) e i relativi diritti e, quindi, per brevità di esposizione, si parlerà solo di diritti dell’autore, ma si sottintenderanno i poteri di quella.

Sarà, parimenti, analizzato il diritto dell’autore non sotto il profilo morale (art. 20 segg.), poiché ciò esula dai fatti portati alla decisione odierna.

La legge 22 aprile 1941 n. 633. – I problemi interpretativi che la legge n. 633/1941 solleva, sono stati solo parzialmente affrontati dalle poche sentenze pretorili avutesi sino ad ora, mentre in dottrina l’unica riflessione sulla Sez. IV (opera radiodiffusa) del capo IV del titolo I della legge è quella di Amedeo GIANNINI (Il diritto dello spettacolo, Jandi Sapi ed., Roma, 1959).

E’ proprio di qualche interessante spunto storico offerto da questo autore che ci si servirà per chiarire il senso di questa legge, la sua ratio logica e rigorosa.

Ciò per non essere fuorviati da una interpretazione testuale apparentemente corretta, ma disseminata di salti logici, come ben può evincersi dalla lettura di qualche sentenza resa in tema di applicabilità dell’art. 171 ai legali responsabili di radioemittenti locali.

Dall’opera del GIANNINI si apprende la successione delle conferenze e dei relativi impegni internazionali rispettati dal nostro paese con la legge in esame.

La convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche (9 settembre 1886), è stata integrata e modificata da quella di Roma (1928) e da quella di Bruxelles (1948).

Il GIANNINI, relatore alla conferenza di Roma sull’art. 11 bis riguardante la materia, riferisce come, per quanto si fosse d’accordo sulla necessità di salvaguardare i diritti patrimoniali e morali degli autori delle opere radiodiffuse, «il carattere sociale delle radiodiffusioni e l’interesse politico del loro favore e sviluppo aveva portato le leggi nazionali a far prevalere la ragione sociale su quella privata e quindi si andava dalla tendenza a una protezione assoluta a quella opposta delle utilizzazioni libere».

Si giunge, quindi, al compromesso di stabilire in via generale, il diritto esclusivo degli autori delle opere letterarie e artistiche di autorizzare la comunicazione delle loro opere al pubblico, mentre si riserva alle legislazioni nazionali dei paesi firmatari di regolare le condizioni dell’esercizio di questo diritto.

La legge n. 633, a giudizio di questo pretore, ha ben conciliato questi contrapposti interessi in tema di radiodiffusioni, lasciando all’autore il diritto ad autorizzare che l’opera venga destinata alla radiodiffusione stessa, mentre ha riservato all’organizzazione della radiodiffusione:(Stato, concessionario o privato) la utilizzazione libera dell’opera (con alcuni limiti), accertata la sussistenza ‘della destinazione di cui si è detto.

La sezione I del capo III del titolo I, protezione della utilizzazione economica dell’opera, conferisce all’autore il diritto esclusivo: a) di consentire (o meno) che l’opera del suo ingegno, materializzatasi in una forma esterna, possa da altri soggetti essere percepita c/o utilizzata, e in quali forme e con quali mezzi; b) di trarre dalla altrui percezione c/o utilizzazione un vantaggio economico.

Consenso e profitto sono le facoltà che integrano questo diritto (cfr. la rubrica del capo III del titolo I) e sono separatamente esercitabili, come chiaramente indica quell’«altresí» dell’art. 12 e, comunque, sino all’art. 18 sono entrambe ricomprese nella locuzione «diritto esclusivo».

Avere diritto a percepire o a utilizzare l’opera in uno dei modi indicati dalla legge, significa averne avuto il consenso dall’autore e, nel contempo, aver soddisfatto le pretese economiche dello stesso.

L’art. 16 recita testualmente: «Il diritto esclusivo di diffondere ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi».

Si noti, per inciso, che la norma parla di «mezzi» e non di «forme».

La sezione IV, opera radiodiffusa, del capo IV, norme particolari ai diritti di utilizzazione economica per talune categorie di opere, del titolo 1 della legge, si apre con l’art. 51 nel quale è statuito che: «In ragione della natura e dei fini della radiodiffusione come servizio riservato allo Stato che lo esercita… per mezzo di concessioni, il diritto esclusivo di radiodiffusione direttamente o con qualsiasi mezzo intermediario è regolato dalle norme particolari seguenti».

Il GIANNINI (pag. 327 op. cit.) dopo aver rinviato all’art. 16 per spiegare il significato di radiodiffusione, afferma come l’art. 51 abbia carattere di preambolo e costituisca una novità… «… in quanto la legge giustifica se stessa». Precisa l’autore che la norma «… fu adottata per placare gli scrupoli di coloro che giudicavano pericolosa la deviazione che per le opere radiodiffuse si operava dalle norme generali». E, ancora, «… Ne segue pertanto che se venisse meno la concessione, la materia resterebbe non disciplinata».

Su quest’ultima affermazione si tornerà in seguito, mentre ora si deve sottolineare come l’art. 51, per ciò che chiaramente dice e secondo l’autorevole ricostruzione storica riportata, pone una deroga alle norme generali sul diritto d’autore relativamente alle facoltà sopra indicate del consenso e della utilizzazione con relativo vantaggio economico.

Diritto esclusivo al consenso. – La deroga consiste nell’attribuire all’ente esercente (R.a.i., ex E.I.A.R.), per la natura e i fini della radiodiffusione, il diritto esclusivo di radiodiffondere le opere derogando ai principi generali sul diritto d’autore e, in particolare, al principio stabilito nell’art. 16.

Gli art. 16 e 51 sono tra loro complementari poiché mentre il primo riconosce all’autore il diritto esclusivo alla radiodiffusione della propria opera, il secondo non lo «espropria» completamente di tale diritto, ma solo ne limita l’esercizio, anche se di molto.

E, infatti, il diritto esclusivo, attribuito anche all’ente esercente, incontra, quando è esercitato da quest’ultimo, un limite quando si tratti di opere create in studio (art. 59) o di opere nuove o di prime stagionali delle stesse (art. 52, 3° comma) e la trasmissione venga effettuata da teatri, sale di concerto o altro luogo pubblico. In tali casi il diritto esclusivo dell’ente esercente (art. 51) deve cedere al diritto esclusivo dell’autore (art. 16): si spiega, così, correttamente, la complementarità dei due articoli.

Va, dunque, respinta, perché illogica e arbitraria, la tesi secondo cui il diritto esclusivo dell’ente esercente (a trasmettere senza il consenso dell’autore) si avrebbe solo nei casi indicati dall’art. 52 e con le limitazioni contenute in esso e negli altri articoli della sezione IV.

L’art. 52, invece, non ha affatto la funzione di specificare e determinare il contenuto, tutto il contenuto, del diritto esclusivo dell’ente esercente riconosciuto nell’art. 51, ma indica solo alcune facoltà dell’ente radiofonico che, in particolari situazioni, vanno regolate e limitate per le ragioni che si esporranno.

Che il 1° comma dell’art. 52 non indichi «il» diritto esclusivo di cui all’art. 51, ma solo una delle facoltà che tale diritto integrano, è detto dalla norma stessa che, appunto, conferisce all’ente esercente la «facoltà» di radiodiffondere opere dai teatri, da sale da concerto, ecc. Pensare poi che detto ente debba avere il consenso dell’autore per trasmettere un disco, mentre non ne abbia bisogno per trasmetterla da un teatro, non convince troppo. Ed ancora, che la legge, dopo essersi richiamata alla natura e ai fini della radiodiffusione per derogare i principi generali, abbia poi ridotto tutto il diritto esclusivo dell’ente esercente a quello indicato nel comma 1° dell’art. 52, convince ancor meno e non sarebbero state giustificate le preoccupazioni di cui parla il GIANNINI.

In realtà tranne che per le opere create in studio (art. 59) e per le opere nuove (o le prime stagionali delle stesse), nonché per superare i limiti stabiliti dall’art. 53 (in relazione alle opere di cui al 1° comma dell’art. 52) la radiodiffusione non è soggetta a nessun consenso dell’autore.

Ulteriori considerazioni sono necessarie, però, per convincersi della fondatezza di questa affermazione.

La legge n. 633 prevede alcune forme di radiodiffusione di un’opera e, relativamente alle stesse, precisa quali sono i diritti dell’autore e quali quelli dell’ente esercente.

Tenendo sempre presente che non deve trattarsi di opera nuova (diritto dell’autore a consentire che l’opera venga destinata alla radiodiffusione) o di prima stagionale della stessa (diritto dell’autore a consentirne la radiodiffusione), si osserva come l’opera può essere radiodiffusa:

a) In diretta da teatri, sale da concerto e da ogni altro luo3o pubblico (art. 52, 1° comma). In questi casi non è necessario il consenso dell’autore, posto quanto stabilito dall’art. 51 e argomentando a contrario da quanto disposto dall’art. 52, 3° comma.

L’ente esercente, comunque, sempre in deroga all’art, 51 (o, se si vuole, nel rispetto delle facoltà residue dell’autore) deve rispettare i limiti quantitativi dell’art. 53 per superare i quali, sempre, ovviamente per questo tipo di trasmissioni, è necessario il consenso dell’autore stesso. L’ente esercente deve altresì attenersi a quanto stabilito dall’art. 54 capov.

b) Registrando in diretta, ma differendo la radiodiffusione della registrazione per necessità orarie o tecniche… «purché la registrazione suddetta venga, dopo l’uso, distrutta o resa inservibile» (art. 55).

Nel caso, dunque, l’opera non possa essere trasmessa in diretta, potrà essere registrata e radiodiffusa in differita dall’ente esercente, con l’obbligo per questo di distruggere la registrazione. Il senso di questa disposizione va chiarito perché, prima facie, sembrerebbe davvero che il diritto dell’ente esercente fosse solo quello di radiodiffondere opere da teatri, ecc., tant’è che, nel caso effettuasse una registrazione, dovrebbe poi, subito dopo l’uso affrettarsi a distruggerla e ciò perché l’opera «registrata » non potrebbe essere radiodiffusa liberamente.

Tali implicazioni, però, la norma non l’ha.

Innanzitutto delle opere registrate la legge tratta specificamente nella sez. V (art. 61-64) e poi non va dimenticato che la registrazione da distruggere è solo quella effettuata al fine di differire un’opera registrata ai sensi dell’art. 52.

La ratio dell’art. 55 va ricercata nel fatto che la legge non tutela solo i diritti morali e materiali degli autori, ma anche degli interpreti e degli autori (titolo I, capo III).

Se si fosse consentito all’ente esercente di trattenere la registrazione effettuata ai sensi dell’art. 55 (coordinato con l’art. 52) per poi radiodiffonderla quante volte avesse voluto, si sarebbero lesi i diritti di queste categorie ad un controllo sulla qualità della esecuzione, o a non vedere reiterata la esecuzione registrata dal vivo per non farle perdere la sua importanza e il suo particolare significato (cfr. anche GIANNINI, Op. Cit., pag. 440).

Del pari si sarebbero danneggiati i proprietari e gli impresari che avrebbero dovuto retribuire gli artisti ed esecutori per poi permettere all’ente esercente di usare la registrazione all’infinito.

Va infine rilevato come l’ente esercente non era visto come un potenziale produttore di incisioni o di dischi, tant’è vero che a questo tipo di operatori artistico-commerciale è specificamente dedicato il capo I del titolo II della legge.

La ulteriore necessità di distruggere la registrazione effimera va ricercata anche nella protezione degli interessi di questi, i quali avrebbero dovuto subire la concorrenza «sleale» dell’ente esercente che, libero di registrare senza nemmeno retribuire gli artisti, li avrebbe danneggiati con la radiodiffusione della registrazione. Nel caso dell’art. 55 il consenso dell’autore è quindi necessario solo per conservare la registrazione effimera (art. 6 reg.), o per reiterarne la radiodiffusione entro rigorosi limiti temporali (art. 5 regolamento).

Basta poi esaminare e vedere come l’ente esercente possa senza limiti ritrasmettere la propria emissione radiofonica, per rendersi conto che l’art. 55 obbliga alla distruzione della sola registrazione delle opere di cui all’art. 52.

c) Trasmettendola dal vivo dai locali dell’ente esercente (art. 59). Tale disposizione si riferisce alle opere eseguite direttamente in studio dagli interpreti e/o esecutori.

Se non fosse questo il senso, la norma sarebbe incomprensibile.

Il GIANNINI (op. cit., pag. 329), dopo aver esaminato gli articoli della IV sez. sino al 58, prosegue…: «Queste norme che sostituiscono gran parte di quelle precedenti (della precedente legge) si riferiscono tutte alle opere diffuse che non sono state create nello studio. Per queste ultime l’art. 59 dispone che esse sono sottoposte al consenso dell’autore e quindi si applicano le norme sulle opere protette e non quelle precedentemente (esaminate) ad eccezione dell’art. 55».

La radiodiffusione della esecuzione in studio dell’opera va autorizzata dall’autore e, se dopo tale autorizzazione, se ne è fatta una registrazione effimera, non v’è bisogno di consenso alcuno per radiodiffondere quest’ultima.

Se non si trattasse di opere riprese dal vivo in studio perché direttamente eseguite in questo, non si spiegherebbe il richiamo all’art. 55 che tratta proprio della registrazione effimera ai fini di una trasmissione differita. Non avrebbe senso effettuare una registrazione effimera di un’opera già registrata, p.e. su disco, per poi trasmetterla in differita, distruggendo subito dopo l’uso la registrazione stessa.

Nel caso dell’art. 59 è dunque necessario il consenso dell’autore per la radiodiffusione.

d) Trasmettendola in pubblici esercizi a mezzo di altoparlanti collegati all’apparecchio radio (art. 58).

Questo articolo mira ad una ulteriore protezione economica dell’autore nel caso l’ente esercente voglia allargare il numero degli ascoltatori radiodiffondendo l’opera in locali (esercizi) pubblici. La disposizione va coordinata con le altre finora esaminate e i relativi diritti, dell’autore e dell’ente, restano immutati. Si deve solo notare, ma sul punto si tornerà, che la norma parla di un «equo compenso» all’autore pur avendo già trattato del pagamento di un compenso allo stesso nell’art. 56.

e) Trasmettendo la esecuzione già incisa su dischi, nastri, ecc. (art. 61).

Questa disposizione, inserita nella sez. V – opere registrate su apparecchi meccanici – afferma il diritto esclusivo dell’autore in materia di incisioni, del resto già sancito nell’art. 16.

L’autore ha il diritto esclusivo: 1) all’adattamento e alla incisione dell’opera; 2) alla riproduzione, al noleggio, al commercio degli esemplari dell’opera così adattata; 3) all’esecuzione pubblica e alla radiodiffusione dell’opera così incisa e adattata.

Nel comma secondo è detto che la cessione del diritto di riproduzione o del diritto di porre in commercio non comprende la cessione del diritto di esecuzione pubblica o di radiodiffusione.

Il capoverso stabilisce, infine, che: «per quanto riguarda la radiodiffusione, il diritto di autore resta regolato dalle norme contenute nella precedente sezione».

Proprio il citato capoverso, rinviando alla precedente sez. IV, (opera radiodiffusa), chiarisce il significato della disposizione contenuta al n. 3 del comma primo.

L’ente esercente, ai sensi dell’art. 51, ha il diritto esclusivo alla radiodiffusione delle opere e tale diritto comprende anche la radiodiffusione di quelle registrate su apparecchi meccanici, mentre il diritto dell’autore è quello di consentire che l’opera venga destinata alla pubblica esecuzione o alla radiodiffusione «così incisa o adattata». Se questa destinazione, riferita ad una particolare incisione o a un particolare adattamento, esiste, l’ente esercente avrà il diritto esclusivo di radiodiffondere liberamente l’opera.

Questa interpretazione è l’unica che possa conciliare le varie disposizioni dell’art. 61 con una certa logicità.

Il diritto d’autore di cui parla il capoverso non è quello di cui parla il n. 3 del comma primo, altrimenti l’art. 61 contraddirebbe se stesso: uno (n. 3, 1° comma) è quello di consentire la destinazione alla radiodiffusione, l’altro (capov.) è quello di radiodiffondere. L’opera, dunque, una volta incisa su nastri, dischi, ecc. e destinata alla radiodiffusione, viene dalla legge regolata come opera radiodiffusa di cui si occupa la citata sez. IV.

Il richiamo dell’art. 61 alla sez. IV rafforza ulteriormente la convinzione già espressa da questo pretore secondo cui il diritto esclusivo dell’ente esercente non può restringersi alla facoltà di cui all’art. 52, 1° comma.

Se, per assurdo, questa fosse la interpretazione corretta degli art. 51 e 52, la radiodiffusione di registrazioni su dischi o nastri dovrebbe riguardare solo opere (non nuove) eseguite da teatri, sale di concerto e ogni altro luogo pubblico. Nel contempo sorgerebbe il problema di imporre a detta radiodiffusione di dischi i limiti di cui all’art. 53 e il coordinamento con l’art. 55 e con gli art. 5 e 6 del regolamento.

L’art. 51 comprende il diritto di radiodiffondere liberamente senza il consenso dell’autore qualsiasi opera (con i limiti esaminati), comprese le opere registrate su apparecchi meccanici di cui parla l’art. 61. L’autore, in questi ultimi casi, ha i diritti riconosciutigli dagli art. 54, capov., 56, 57, 58 e 60. L’art. 59 regola la radiodiffusione delle opere direttamente eseguite (create) in studio ed è problematico coordinarlo con il capov. dell’art. 61.

Esaminato il diritto esclusivo come diritto al consenso, vediamo ora il diritto esclusivo come diritto alla utilizzazione economica dell’opera.

Trattando del compenso, si deve rilevare come un ulteriore sostegno alla tesi secondo cui l’ente esercente avrebbe il diritto esclusivo alla radiodiffusione senza il consenso dell’autore, è dato dall’art. 56.

Mentre nessuna disposizione specifica in tema di compenso si ha per le altre forme di utilizzazione dell’opera, nella sez. IV il citato articolo stabilisce che l’autore ha il diritto di ottenere il pagamento di un compenso da liquidarsi, in caso di disaccordo tra le parti, dall’autorità giudiziaria.

Il capoverso poi aggiunge: «La domanda non può essere promossa dinanzi l’autorità giudiziaria prima che sia esperito il tentativo di conciliazione nei modi e nelle forme che saranno stabiliti nel regolamento»

Se il compenso dovesse essere corrisposto prima della trasmissione (e quale condizione dell’esercizio della facoltà di effettuazione della stessa) crollerebbe tutto il sistema elaborato negli art. della citata IV sezione. L’autore, infatti, potrebbe non accettare la determinazione del compenso fatta dall’ente esercente avanzare pretese inaccettabili e, in pratica, riacquisterebbe il diritto a non consentire la radiodiffusione.

Il disaccordo delle parti, invece, preventivo o successivo che sia, non può «abrogare» i principi che vigono per le opere radiodiffuse e va solo composto dall’autorità giudiziaria nel caso di fallimento del tentativo di conciliazione. Quando chi radiodiffonde non vorrà corrispondere il compenso legalmente stabilito incorrerà nella esecuzione forzata, ma non nel reato.

Commentando la vecchia legge sulle radiodiffusioni (legge 14 giugno 1928 n. 1352) e riferendosi anche a quanto osservava PIOLA CASELLI (Codice, pag. 413), il GIANNINI rilevava l’assurdità di premunirsi dell’autorizzazione prima di predisporre i programmi (radio)… «dovendolo presentare tre mesi prima o dovendo premunirsi contro la calma degli autori interpellati».

All’autore spetta certo il compenso, ma questo non deve essere corrisposto inderogabilmente prima della trasmissione perché i citati inconvenienti mal si concilierebbero con la natura e i fini della radiodiffusione.

La determinazione del compenso è attuata nelle forme della legge e del regolamento e chi rifiuta di corrisponderlo interamente o parzialmente una volta esaurito l’iter sopra esposto subirà l’esecuzione forzata.

Prima di esaminare l’art. 171, che per la sua natura di norma incriminatrice si sottrae ad ogni applicazione analogica, si deve rilevare come la legge in esame, stabilito all’art. 16 che «diffondere» significa impiegare uno dei mezzi di diffusione a distanza tra cui la radiodiffusione, non confonde più quest’ultima con gli altri mezzi, né la indica genericamente con i termini «diffonde» o «diffondere», ma, anzi, ne specifica ulteriormente le forme come si è visto nell’art. 58 e come si vedrà nella lett. b) dell’art. 171.

La sez. IV citata parla di opera radiodiffusa.

L’art. 61 distingue l’eseguire pubblicamente dal radiodiffondere.

L’art. 58 distingue la radiodiffusione dalla diffusione con altoparlante collegato alla radio in luoghi pubblici.

L’art. 80 distingue il diffondere dal trasmettere per radiodiffusione.

Altri esempi potrebbero darsi.

Ma veniamo all’art. 171. Questo individua innanzitutto i soggetti attivi del reato in coloro che utilizzano l’opera senza averne diritto. Senza, cioè, averne avuto il consenso dall’autore o senza aver soddisfatto le pretese economiche di questo determinate come stabilito dalla legge stessa.

Non punisce quindi chi radiodiffonde l’opera perché relativamente a tale mezzo di diffusione il diritto esclusivo spetta all’ente esercente, anche se con alcune limitazioni che non riguardano il caso in esame.

Certo l’art. 51 deroga ai principi generali della legge in materia e il legislatore è conseguente sino in fondo perché nel rielencare i mezzi di utilizzazione dell’opera non indica la radiodiffusione, ma solo la radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico.

Il legislatore ha già detto come la radiodiffusione si sottragga ai principi generali ed ha sempre differenziato questa da altri mezzi di diffusione a distanza ed anche dalla radiodiffusione mediante altoparlante per l’esecuzione in pubblici esercizi.

E si badi bene che, come si vedrà, la radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico (art. 171, lett. b) è diversa dalli esecuzione in pubblici esercizi mediante altoparlante.

Vi è una differenziazione testuale tra «esercizio pubblico» e «luogo pubblico».

Se il legislatore, malaccortamente, nella lett. b) del citato articolo avesse usato l’espressione «radiodiffusione» anche mediante altoparlante azionato in pubblico, sarebbero sorti problemi interpretativi insormontabili, perché sarebbero stati puniti quei soggetti che avessero radiodiffuso un’opera senza il consenso dell’autore, cosa che i precedenti art. 51 segg. escludono. Vi sarebbe stata una contraddizione insanabile perché si sarebbe punito l’esercizio di un diritto soggettivo.

Il legislatore, invece, è stato coerente.

Sembrerà strano che la legge, pur non punendo la radiodiffusione, punisca poi la radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico.

La legge è del 1941, quando l’apparecchio radio era ancora un lusso per molti e molte erano le pressioni per «socializzare» la radioaudizione.

Il r.d.l. 5 febbraio 1936 n. 418 vieta ai possessori di radio, compresi i gestori di pubblici negozi, di farli funzionare mediante altoparlante all’aperto su vie, piazze ed altri luoghi pubblici.

Ora si ponga mente al fatto che uno dei diritti dell’autore è quello di utilizzazione economica dell’opera e si osservi come l’ente esercente, per la radiodiffusione normale, debba corrispondere a quello un compenso (art. 56).

Se poi l’ente esercente allarga la cerchia degli ascoltatori con esecuzioni trasmesse mediante altoparlanti in pubblici esercizi, è tenuta a dare un equo compenso (art. 58) (al quale si è fatto cenno) che certo non è quello di cui all’art. 56, altrimenti nell’art. 58 vi sarebbe una pleonastica ripetizione.

Se si pensa che il canone di abbonamento per apparecchi detenuti in pubblici esercizi è maggiore di quello per uso privato, si può ben intuire che vi è una differenza tra il compenso dell’art. 56 e quello dell’art. 58.

Nel caso, invece, di radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico, la cerchia degli ascoltatori si allarga, ma il compenso all’autore e quello all’ente esercente non aumentano. In questo caso, infatti, la radiodiffusione dell’opera ad un maggior numero di radioascoltatori è attuata fuori da ogni controllo dell’ente esercente e, conseguentemente, dell’autore della stessa.

Ecco dunque la necessità di tutelare il diritto d’autore in questo caso di radiodiffusione, diverso dagli altri e particolare.

Dire che l’espressione «in qualsiasi forma» usata dal 1° comma dell’art. 171 include anche la radiodiffusione è erroneo, perché verrebbe a negare quanto riconosciuto nell’art. 51, e perché verrebbe ad applicare una sanzione ad un fatto non riconducibile ai principi generali. Anche per un altro verso la espressione «qualsiasi forma» non è riferibile alla radiodiffusione, che è un «mezzo», come ben specifica l’art. 16, mentre radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico, è si una «forma», distinti dalla normale radiodiffusione e dilla radiodiffusione mediante altoparlante in esercizio pubblico, ed è l’unica forma punita dal l’art. 171, lett. b).

Va anche chiarito poi tiri ultimo (ovvio) punto e cioè che l’art. 171 non è posto a tutela del solo diritto dell’autore dell’opera, ma anche del diritto dell’ente esercente «… in omaggio al principio che la proprietà dell’onda lanciata appartiene a colui che legalmente la lancia» (GIANNINI, Op. cit., pag. 330).

Ecco una ulteriore riprova della necessità di infliggere una sanzione a chi, senza averne diritto, radiodiffonde mediante altoparlante azionato in pubblico l’onda lanciata dall’ente esercente, o a chi commette uno dei fatti di cui alla lett. 1) di detto articolo.

Si potrebbe obiettare che l’ente esercente è solo l’ente di Stato – la odierna R.a.i. – e che quindi solo questa può beneficiare della deroga.

La deroga ai principi generali sul diritto d’autore operata dall’art. 51 si giustifica per la natura e per i fini della radiodiffusione, non per l’esistenza del monopolio statale o, detto in altro modo, dell’ente esercente. Anzi a ben leggere l’art. 51 il monopolio statale è anche esso giustificato dalle stesse ragioni per le quali si stabilisce la deroga ai principi generali.

Non si deroga, con l’art. 51, alla legge sul diritto d’autore perché c’è il monopolio della radiodiffusione, ma vi è il monopolio e si deroga alla legge sul diritto d’autore perché il mezzo di diffusione attraverso la radio ha natura e fini tali da giustificare, appunto, monopolio e deroga.

Se fosse abolito il monopolio, e con esso l’ente concessionario, la materia non sarebbe più regolata dalla legge, come giustamente osserva il GIANNINI (pag. 327).

La sentenza della Corte cost. n. 202 del 1976 (Foro it., 1976, I, 2066) non ha fatto venir meno il monopolio statale per quinto attiene alle trasmissioni radiotelevisive su scala nazionale, ma ha affermato che, su scala locale, può coesistere il diritto del privato a trasmettere per radio o per televisione.

Se ciò significa la fine del monopolio statale per le trasmissioni locali, allora la materia del diritto d’autore per queste ultime resta non disciplinata (GIANNINI, pag. 327), perché non sarebbero applicabili in via analogica i principi generali a fatti regolati da norme venute a cadere.

Se sussiste il monopolio, ma in coesistenza con il diritto di privati a radiotrasmettere allora la natura e i fini della radiodiffusione giustificheranno la deroga anche per le emittenti locali.

Le radio emittenti locali sono, innanzitutto, uno strumento di libertà. Libertà infarcita, forse, di troppi «cioè» e mescolati a troppa musica, ma pur sempre libertà.

Che sia l’ente di Stato a dire una notizia di carattere nazionale, o sia l’emittente, la c. d. «radio libera», a dare una notizia che può grandemente interessare una piccola comunità è cosa che non sminuisce il valore sociale della radiodiffusione.

La deroga di cui all’art. 51 riguarda anche la emittente locale e la radiodiffusione effettuata attraverso la stessa, nei limiti della legge n. 633/41, non prevista da questa legge, né da nessuna altra legge come reato.

Con tale formula vanno assolti gli odierni imputati.

Per questi motivi, ecc.