15 MAGGIO 1981
SENTENZA DEL TRIBUNALE DI NAPOLI, SEZ. IV PENALE
Nella causa penale contro
XX (omissis)
libero – presente
IMPUTATO APPELLANTE
avverso la sentenza del Pretore di Napoli del 22/5/80 con la quale veniva condannato alla pena di L. 20.000 di multa – non menzione – nonché risarcimento danni e spese alla pc, per art. 171 lett. B L. 2.4.1941
In Napoli 30/9/79
– In fatto ed in diritto –
1. – Con sentenza del 22 maggio 1980, il Pretore di Napoli ha condannato, con il beneficio della non menzione della condanna, XX alla pena di lire ventimila di multa, oltre al risarcimento danni ed alla rifusione delle spese processuali in favore della Società Italiana Autori ed Editori (SIAE), ritenendo il medesimo XX colpevole del delitto sancito dall’art. 171, lett. b), legge 22 aprile 1941, n. 633, perché, nella qualità di responsabile dell’emittente radiofonica privata “KK” di NN, il 30 settembre 1979 diffondeva attraverso gli impianti di detta emittente composizioni musicali incise su disco senza la preventiva autorizzazione della SIAE, dalla quale tali composizioni sono tutelate.
La decisione è stata gravata d’appello dall’imputato, il quale ne ha denunciato l’illegittimità sotto distinti profili ed ha, nel merito, richiesto l’assoluzione con formula ampia, ovvero dubitativa, la diversa qualificazione giuridica della imputazione, la riduzione della pena inflittagli, secondo quanto emerge dai motivi tempestivamente depositati in data 29 luglio 1980.
All’odierno dibattimento, di seguito alla relazione dei fatti oggetto del procedimento ed all’interrogatorio del prevenuto, il patrono di parte civile, il P.M. ed il difensore hanno svolto le conclusioni riportate nel processo verbale di rito.
2. L’imputazione in disamina è stata formulata sul presupposto che la messa in onda, da parte di una emittente radiofonica, di un brano musicale registrato su disco costituisce “diffusione” nel senso specificamente inteso dall’art. 171, lett. b), l. 22 aprile 1941, cit., epperò vale ad integrare, in concorso con gli altri elementi richiesti dalla norma, il paradigma criminoso con riferimento al quale l’imputazione medesima è stata ascritta al XX.
Tale interpretazione si fonda evidentemente sulla considerazione esclusiva del tenore dell’art. 16 di detta normativa, il quale enuncia che il diritto esclusivo dell’autore di diffondere ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, come il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi.
Sennonché, la legge in parola, secondo chiaramente risulta dalla Sezione V del Capo IV (artt. 61-64), distingue la “diffusione” dalla “radiodiffusione dell’opera mediante impiego del disco” (art. 61, n. 3) e, con riferimento a tale evenienza, specificamente dispone che, “per quanto riguarda la radiodiffusione, il diritto d’autore resta regolato dalle norme contenute nella precedente sezione” (art. 61, ultima comma), le quali, peraltro, per le opere incise su apparecchi meccanici predispongono una tutela di carattere meramente civilistico.
Dal contesto normativo richiamato emerge, dunque, evidente che, agli effetti della disciplina che ne occupa, le nozioni riferibili ai termini “diffondere” e “radiodiffondere” debbono essere tenute distinte e, poiché la sanzione penale è prevista unicamente, dall’art. 171, lett. b), per la “radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico”, il comportamento ascritto al prevenuto non può, in coerenza con il principio di stretta legalità che informa il vigente ordinamento giuridico penale, ritenersi suscettibile della sanzione prevista dalla considerata disposizione.
La conclusione enunciata, lungi dal costituire motivi di sorpresa, rinviene, viceversa, agevole spiegazione nel fatto che, non essendo ipotizzabile, da parte del legislatore dell’epoca, una radiodiffusione ad opera di soggetti diversi dall’ente concessionario se non nella limitata forma della “radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico” la sanzione penale venne apprestata soltanto per tale ipotesi e non per altre attualmente di ben diversa rilevanza qualitativa e quantitativa, ma che, però, non erano allora previste e, forse, nemmeno prevedibili.
Consegue che, a ben vedere, la questione se possa, o meno applicarsi alle emittenti private il regime previsto per l’ente che esercita per concessione dello Stato il servizio di radiodiffusione (con la conseguente problematica anche in punto di legittimità costituzionale) è priva di significato concreto agli effetti che ne occupano, una volta, appunto, riconosciuta l’irrilevanza penale del comportamento che si addebita al giudicabile.
Sotto altro profilo, posto il principio che in tema di “radiodiffusione dell’opera mediante impiego del disco” il diritto d’autore è regolato (art. 61) dalle norme contenute nella sezione IV del capo IV, il correlativo regime giuridico costituisce non già l’eccezione, bensì la regola generale, la quale, pertanto, non può applicarsi in tutti i casi analoghi. E a nulla vale osservare che detto regime è previsto per la radiodiffusione a mezzo di concessione, essendo agevole replicare che tale limitazione riflette unicamente la situazione ipotizzabile all’epoca della formulazione della legge, di guisa che, prevedendo, comunque, la legge medesima, al citato art. 61 ultimo comma, l’applicazione indifferenziata del ripetuto regime giuridico alla “radiodiffusione dell’opera mediante impiego del disco”, tutte le forme di “radiodiffusione”, da chiunque siano effettuate, non possono non soggiacere ad un’unica disciplina. Cosicché, essendo questa, sotto il profilo che qui viene in rilievo, di carattere esclusivamente privatistico, il prevenuto deve essere mandato assolto, con correlativa riforma dell’impugnata sentenza.
– P.Q.M. –
Il Tribunale, letto l’art. 523 c.p.p., in riforma della sentenza del Pretore di Napoli in data 22 maggio 1980, appellata dall’imputato, XX, assolve lo stesso dal delitto ascrittogli, perché il fatto non costituisce reato.
Così deciso a Napoli il 30 aprile 1981