12 dicembre 2005 Ordinanza n. 28 del TAR Friuli Venezia Giulia

ORDINANZA 12 Dicembre 2005, n. 28
Ordinanza emessa il 12 dicembre 2005 dal Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia sul ricorso proposto da Vodafone Omnitel N.V. contro Regione Friuli-Venezia Giulia

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

 

Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 274/2005 di Vodafone Omnitel N.V., rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Mantovan e Gianni Sadar, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Trieste;
Contro la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Michela Del Neri e Daniela Iuri, dell’Avvocatura della Regione, con elezione di domicilio presso la sede dell’Avvocatura in Trieste per l’annullamento del regolamento di attuazione della legge regionale n. 28/2004 emanato con decreto del presidente della regione 19 aprile 2005, n. 094/Pres e approvato con deliberazione della giunta regionale n. 683 in data 1° aprile 2005, nelle parti meglio specificate nei motivi di ricorso, nonche’ del decreto e della deliberazione teste’ indicati e di ogni atto procedimentale e, in particolare: a) del parere espresso dalla IV Commissione permanente del Consiglio regionale in data 23 febbraio 2005; b) della delibera dell’Assemblea delle Autonomie Locali n. 7/52/2005 di data 9 marzo 2005; c) della nota della detta Assemblea prot. 5366/1.2.9 di data aprile 2004;
Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione;
Viste le memorie prodotte dalle parti tutte;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 2 novembre 2005 – relatore il consigliere Oria Settesoldi – i difensori delle parti presenti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

F a t t o

 

Il ricorso e’ rivolto contro la regolamentazione regionale cui, in esecuzione della legge regionale 6 dicembre 2004 n. 28 che ridisciplina le infrastrutture per la telefonia mobile, spetta dettare le linee guida per la predisposizione e l’aggiornamento del piano comunale di settore, definire i modelli delle istanze e la documentazione a corredo ed individuare le procedure per le azioni di risanamento.
Vengono dedotti i seguenti motivi:
1) Violazione di legge. Violazione degli artt. 117 della Cost., 3 e 8 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, nonche’ 86 e 87 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259.
Si sostiene che i principi derivanti dalla legge quadro e dal codice delle comunicazioni elettroniche consentono l’installazione delle infrastrutture per la telefonia mobile in ogni zona territoriale a condizione che rispettino: a) i valori soglia per le immissioni fissati dallo Stato, b) gli obiettivi di qualita’ indicati dalla legge regionale c) il regolamento emanato dai comuni. Per contro il «piano comunale di settore» previsto dalla legge regionale avrebbe l’effetto di non consentire l’insediamento di questi impianti in ogni parte del territorio regionale ma soltanto nei siti previamente e specificamente individuati dallo stesso. In tal modo si verrebbe ad incidere negativamente sull’ordinamento della comunicazione (art. 117, comma 3, Cost.), sia perche’ si constringerebbe l’ente locale ad utilizzare uno strumento diverso e piu’ rigido rispetto a quello individuato dalla legge quadro (il piano di settore anziche’ il regolamento), sia perche’ si frustrerebbe lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni dal punto di vista temporale e della copertura del territorio. Infatti, sotto il primo profilo, il piano di settore comporta l’individuazione a priori delle aree idonee senza garantirne all’operatore la disponibilita’, ed eventualmente costringendo a richiedere una variante del piano in caso di mancata possibilita’ di acquisirla.
2) Violazione di legge. Violazione degli artt. 117 Cost., 3, 4 ed 8 legge 22 gennaio 2001, n. 36; 3 e 4 d.P.C.m. 8 luglio 2003;
L’art. 8 della l.r. 28/2004 vieta la localizzazione degli impianti per la telefonia mobile su edifici e relative pertinenze in ragione della loro destinazione d’uso, di tipo assistenziale, scolastico ecc. e quindi in base ad un criterio localizzativo mentre la normativa statale attuativa del principio di cautela di cui all’art. 174, comma 2 del trattato istitutivo della Comunita’ europea ha previsto che la protezione degli ambienti sensibili avvenga mediante la previsione di speciali valori di attenzione fissati con il d.P.C.m. 8 luglio 2003 e l’art. 4 della legge quadro ha demandato allo stato la determinazione dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita’ in quanto valori di campo, sicche’ la individuazione effettuata dalla normativa regionale e dal regolamento di attuazione della stessa e’ costituzionalmente illegittima perche’ eccede i limiti della competenza regionale.
3) Violazione di legge. Violazione dei principi in materia di ordinamento della comunicazione.
Il legislatore regionale, all’art. 8, comma 2, della legge n. 28 del 2004, ha vietato la localizzazione degli impianti «nelle zone interessate da biotopi istituiti ai sensi della legge regionale 30 settembre 1996, n. 42».
L’art. 4 di tale legge prevede che «i biotopi naturali sono individuati, in aree esterne ai parchi ed alle riserve, con decreto del presidente della giunta regionale» e che «il decreto medesimo precisa il perimetro dei biotopi e le norme necessarie, alla tutela dei valori naturali individuati». Per ciascun parco e riserva, invece, l’art. 11 prevede che l’Amministrazione regionale formi un piano di conservazione e sviluppo (PCS) che, ex art. 14, comma 3, «ha valore di piano paesistico, ai sensi del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, e di piano urbanistico», prevedendo, al sesto comma, che «i piani di settore eventualmente in contrasto con le previsioni del PCS sono adeguati entro un anno dagli organi competenti».
Il secondo comma dell’art. 8 della l.r. 28/2004 pone invece un divieto assoluto di installazione nelle sole zone interessate da biotopi, che godono di una protezione senz’altro inferiore a quella accordata ai parchi ed alle riserve naturali, per i quali non vige tale divieto legislativo.
Un siffatto criterio di localizzazione in negativo, proprio per la sua assolutezza, sarebbe tale da pregiudicare l’interesse, protetto dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti di telecomunicazione.
Poiche’ il regolamento di attuazione della l.r. 28/2004, all’art. 3, comma 2, lett. a), recepisce la specifica norma legislativa, prevedendo che il piano di settore evidenzi le aree ove le localizzazioni delle stazioni radio base «sono incompatibili ai sensi dell’art. 8 della legge», si eccepisce la illegittimita’ costituzionale di quest’ultimo articolo per violazione del ricordato principio in materia di ordinamento della comunicazione e quindi si deduce la illegittimita’ della norma regolamentare di attuazione su trascritta.
4) Violazione di legge. Violazione del principio di legalita’ sostanziale.
Ex art. 4, comma 2, lett. c), il piano di settore deve definire la localizzazione delle strutture per l’installazione degli impianti per la telefonia mobile ed il legislatore, ex art. 3, lett. a), demanda alla giunta regionale il compito di definire le linee guida per la sua predisposizione ed il suo aggiornamento. La giunta ha approvato questo regolamento fissando essa stessa gli obiettivi generali del piano (art. 2), i contenuti dello stesso (artt. 3 e 4), le procedure (artt. 6, 7, 8, 9).
Sennonche’ gli artt. 3 e 4 della legge n. 28 non indicano i principi e criteri cui dovra’ attenersi la giunta nella predisposizione ed approvazione del regolamento e la totale liberta’ attribuitale nel dettare tale disciplina violerebbe il principio di legalita’ sostanziale oltre a consentire, come visto nei precedenti motivi, l’emanazione di discipline regionali eccedenti l’ambito dei poteri della regione o contrastanti con i principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale.
La norma che conferisce il potere regolamentare (art. 3, lett. a) sarebbe quindi costituzionalmente illegittima, con conseguente invalidita’ delle norme regolamentari emanate in attuazione di tale delega.
5) Violazione di legge. Violazione dell’art. 117 Cost. nonche’ dell’art. 87, d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259. L’art. 5 della l.r. n. 28 subordina l’installazione e la modifica degli impianti in questione all’ottenimento della concessione o dell’autorizzazione edilizia, previa acquisizione dei pareri vincolanti dell’A.R.P.A. e dell’A.S.S., con facolta’ per ciascuno di questi soggetti di chiedere, per una sola volta, l’integrazione della documentazione prodotta, senza peraltro nulla dire circa la possibilita’ di convocazione della conferenza di servizi. Il regolamento, a sua volta, presuppone questa normativa, stabilendo, con l’art. 11, che la richiesta di concessione o di autorizzazione, oltreche’ dei pareri, siano conformi ai modelli allegati.
Senonche’ il d.lgs. 259/2003 prevede che l’installazione delle stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS sia subordinata al rilascio della sola autorizzazione di cui all’art. 87 del Codice, previo accertamento, da parte della sola ARPA, del rispetto dei valorisoglia di cui al citato d.P.C.m. 8 luglio 2003.
Si tratterebbe cioe’ di un procedimento speciale ed unico, destinato ad assorbire anche la verifica della compatibilita’ urbanistico edilizia dell’intervento.
Le ricordate norme della legge regionale e del suo regolamento attuativo invece disapplicherebbero completamente i principi contenuti nell’art. 87 di unificazione e semplificazione del procedimento, aggravandolo con la richiesta del parere, oltre che dell’A.R.P.A., anche dell’A.S.S., che costituirebbe pertanto un inutile duplicato.
Sarebbero percio’ costituzionalmente illegittime, cosi’ come le disposizioni regolamentari che vi danno esecuzione.
6) Violazione di legge. Violazione dell’art. 4, l.r. 6 dicembre 2004, n. 28.
Ai sensi dell’art. 4 della l.r. 28 aprile 2004 il piano comunale di settore deve definire la localizzazione delle infrastrutture per gli impianti radioelettrici, tenuto conto dei programmi dei gestori delle reti per la telefonia mobile. E l’art. 2 del regolamento precisa che obiettivo del piano e’ il «riconoscimento di aree, idonee ad ospitare impianti, complessivamente compatibili con i vincoli di natura territoriale».
Subito dopo, pero’, il regolamento indica tra gli obiettivi generali del piano, oltre che «il soddisfacimento del fabbisogno di servizio da parte degli utenti» (il che viene ritenuto condivisibile) anche «un equilibrato sviluppo del servizio di copertura del territorio» (lett. g) e «l’equilibrio tra la richiesta di nuove localizzazioni e la capacita’ del territorio ad accoglierle».
La prefissione di questi due specifici obiettivi sarebbe illegittima ed eccederebbe le finalita’ del piano, che dovrebbero essere quelle di riconoscere le aree idonee alla localizzazione degli impianti in modo da non pregiudicare le possibilita’ di sviluppo delle reti dei gestori, senza peraltro poter valutare le scelte di carattere imprenditoriale e tecnico operate con i programmi di sviluppo della rete (cosi’ trasformando l’atto autorizzatorio da vincolato a discrezionale).
Per la stessa ragione dovrebbe considerarsi illegittima la disposizione di cui all’art. 3, comma 7, lett. a), nella parte in cui prevede che ciascun gestore non solo indichi la ubicazione dell’impianto, ma evidenzi anche «le coperture di rete» che non hanno alcuna rilevanza sotto il profilo localizzativo.
Neppure rientrerebbe tra i contenuti del piano, cosi’ come definiti dalla legge regionale, stabilire le «modalita’ per la realizzazione delle infrastrutture per telefonia mobile» (art. 3, lett. f) e le «prescrizioni per la realizzazione o la modifica di infrastrutture per la telefonia mobile nelle parti del territorio e dell’edificato di interesse ambientale, paesaggistico e storico culturale».
Come previsto dall’art. 8 della legge, le installazioni degli impianti sugli edifici e sulle aree vincolate dovrebbero essere previamente autorizzate anche dalla autorita’ preposta alla tutela del vincolo, cui sola spetta la valutazione delle modalita’ costruttive prescelte dal gestore. Ne’, una volta autorizzate e realizzate, dovrebbe potersene disporre la modifica in base a successiva diversa valutazione di compatibilita’.
7) Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 l.r. 6 dicembre 2004, n. 28.
Il secondo comma dell’art. 5 del regolamento di attuazione prevede che il programma di sviluppo, oltre all’individuazione degli impianti esistenti, contenga le proposte di nuove localizzazioni, intese sia come siti puntuali che come aree di ricerca e «le proposte di modifica degli impianti esistenti».
L’interpretazione data con tale norma dell’art. 4, secondo comma, lett. c) della legge, secondo cui il piano definisce «la localizzazione delle strutture per l’installazione di impianti fissi per telefonia mobile e ponti radio e le loro eventuali modifiche», sarebbe errata perche’ il piano potrebbe solo definire la localizzazione delle strutture e la modifica della localizzazione delle strutture. Il progetto dell’impianto non viene autorizzato con l’approvazione del piano, ma con un successivo atto, a seguito di un ulteriore, autonomo, procedimento e, quindi, a maggior ragione la modifica dell’impianto gia’ realizzato non potrebbe costituire oggetto di variante urbanistica.
In altre parole la modifica di un impianto non potrebbe richiedere la variante del piano di settore, con conseguente illegittimita’ della norma che invece contiene questa previsione.
8) Violazione di legge. Violazione dell’art. 5, l.r. 6 dicembre 2004, n. 28.
L’art. 11, comma 8, del regolamento prevede che l’accertamento della compatibilita’ del progetto delle nuove sorgenti di campo elettromagnetico da installare con i limiti di cui al d.P.C.m.dell’8 luglio 2003 vada effettuata secondo le modalita’ indicate nell’allegato 5. E tale allegato riferisce espressamente l’accertamento in questione anche ai ponti radio.
Tale previsione sarebbe illegittima perche’ l’art. 5, comma 2, lett. b) ultima parte della legge recita: «Per i ponti radio non e’ prevista l’acquisizione dei pareri preventivi vincolanti» (cioe’ quelli dell’ARPA e dell’ASS).
La disposizione ha un fondamento tecnico, racchiuso nella norma CEI 211-10, che ascrive questa tipologia di impianto nella classe di attenzione 1, esclusa dal procedimento per la valutazione della conformita’, perche’ «l’interposizione sulla tratta radio tra trasmettitore e ricevitore di persone, cosi’ come di altri ostacoli, introduce un degrado della comunicazione tale da interrompere in modo automatico ed immediato l’emissione di potenza elettromagnetica. In questo modo non si possono verificare significative condizioni di esposizione con durate temporali superiori al minuto o comunque compatibili con i 6 minuti (tempo sul quale viene eseguito il valore medio dell’intensita’ del campo elettrico)».
9) Violazione di legge. Violazione degli artt. 3, 5, 6 e 7 della l.r. 28/2004.
Infine, ai sensi dell’art. 3, lett. b) della legge, con il regolamento si devono definire «i modelli di domanda e la documentazione di cui agli articoli 5, 6 e 7». Ed il nono comma dell’art. 5, il quinto comma dell’art. 6 ed il quarto comma dell’art. 7 del regolamento prevedono che il gestore comunichi preventivamente alla Regione, al Comune, all’A.R.P.A. ed all’A.S.S. la data di attivazione, «per gli adempimenti di competenza».
Il modello di comunicazione preventiva, di cui all’allegato 7, estende pero’ il contenuto dell’atto, richiedendo una dichiarazione di conformita’ dell’impianto alle caratteristiche tecniche gia’ comunicate e, soprattutto, la comunicazione di ulteriori dati tecnici dell’impianto, che variano in funzione dell’ottimizzazione della rete. Almeno quest’ultima parte del modello sarebbe pertanto illegittima, se non altro perche’ non prevista dalle norme legislative su indicate.
Si e’ costituita in giudizio l’amministrazione intimata controdeducendo per il rigetto del ricorso.

D i r i t t o

 

1) Osserva in primis il Collegio che il ricorso e’ ammissibile,  dal momento che le impugnate disposizioni regolamentari sono immediatamente lesive degli interessi della ricorrente, perche’ tale lesione deriva direttamente dalla procedura che viene approntata, a  partire dalla stessa previsione di una pianificazione aprioristica e vincolante con la conseguente anticipazione al momento pianificatorio delle scelte relative alle installazioni e modificazioni degli impianti.
Gli articoli del regolamento di attuazione oggetto della presente impugnativa concernono infatti (artt. 2 e 3) la previsione del piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti ex art. 4 della legge regionale n. 28/2004, la previsione degli accordi con i gestori da recepirsi nel piano (art. 9), la procedura per l’ottenimento della concessione o autorizzazione edilizia (art. 11) e le procedure per l’accertamento della conformita’ del progetto di impianto radio mobile ai limiti di campo elettromagnetico indicati dal d.P.C.m. 8 luglio 2003.
2) Il ricorso mira sostanzialmente a denunciare l’illegittimita’ delle succitate norme regolamentari siccome derivante dall’incostituzionalita’ delle norme della legge regionale n. 28/2004 a cui esse sostanzialmente si attengono. In via meramente residuale vengono dedotte anche alcune censure di violazione della legge regionale sopracitata che pero’ si riferiscono unicamente a disposizioni regolamentari marginali, tanto che la loro decisione non e’ in grado di influire sul generale esito del gravame a prescindere dall’esame delle eccezioni di incostituzionalita’.
3) In ogni caso il Collegio ritiene opportuno iniziare l’esame del ricorso proprio dai motivi attinenti alle dedotte violazioni della normativa ex legge regionale 28/2004 di cui alle ultime quattro censure di ricorso.
4) Con il sesto motivo del ricorso si deduce la violazione dell’art. 4 della l.r. 28 nell’assunto che il regolamento all’art. 2 includerebbe tra gli obiettivi del piano anche l’equilibrato sviluppo del servizio di copertura del territorio e l’equilibrio tra la richiesta di nuove localizzazioni e la capacita’ del territorio ad accoglierle, che sarebbero obiettivi che eccedono le finalita’ attribuite al piano dalla legge regionale ed avrebbero l’effetto di trasformare l’atto autorizzatorio da vincolato a discrezionale. Allo stesso modo le finalita’ di carattere meramente localizzativo attribuite al piano dalla legge regionale non sarebbero compatibili con l’evidenziazione della copertura di rete da includersi nel piano ai sensi dell’art. 3, comma 7, lett. a).
Ritiene il Collegio che, a prescindere dall’opportunita’ di valutare la rispondenza delle norme regolamentari a delle previsioni di legge della cui costituzionalita’ si ha ragione di dubitare, in ogni caso la dedotta violazione della legge regionale non sussista.
Infatti, ai sensi dell’art. 4, comma 2, lettere a) e b) del piano, questo deve perseguire «l’uso razionale territorio, la tutela dell’ambiente, del paesaggio e dei beni naturali» ed «e’ predisposto tenuto conto sia delle necessita’ dell’Amministrazione comunale che dei programmi dei gestori di rete…», sicche’ e’ evidente che vi puo’ essere fatto rientrare sia il sopraccitato bilanciamento tra le varie esigenze sia la valutazione della copertura di rete. Va tra l’altro rimarcato che la considerazione da parte del piano di tali obiettivi e l’inclusione di tali dati non trasforma l’autorizzazione da vincolata a discrezionale perche’ le valutazioni discrezionali,nel sistema di pianificazione delineato dalla legge regionale e puntualmente attuato dalla normativa regolamentare sono fatte al momento della pianificazione, tant’e’ che l’art. 9, comma 2 del regolamento prevede che sono poi autorizzabili solo gli impianti riconosciuti compatibili dal Piano.
5) Con il settimo motivo si deduce che il regolamento, all’art. 5, secondo comma, violerebbe l’art. 4, secondo comma della l.r. 28/2004 perche’ porterebbe a includere nel piano anche le progettate modifiche di impianti gia’ realizzati, ancorche’, secondo la previsione legislativa, il piano non dovesse contemplare i singoli progetti ma limitarsi a definire la localizzazione delle strutture e la modifica di localizzazione delle stesse.
Osserva al riguardo il Collegio che la previsione ex art. 4 l.r. 28/2004 secondo cui il piano comunale «definisce… la localizzazione delle strutture per l’installazione di impianti fissi …» comporti proprio la identificazione dell’ubicazione dei singoli impianti, sicche’ non vi e’ al riguardo alcuna discrepanza tra il piano ed il regolamento.
6) Con il motivo n. 8 si contesta la violazione dell’art. 5 della l.r. n. 28/2003 da parte dell’art. 11, comma 8 del regolamento secondo cui l’accertamento della compatibilita’ del progetto va effettuata secondo le modalita’ indicate nell’allegato 5 e quindi deve riguardare anche i ponti radio nonostante l’art. 5 cit. al comma 2, lett. b) espressamente li esenti dalla necessita’ dei pareri preventivi vincolanti ARPA e ASS.
La dedotta violazione di legge peraltro non sussiste perche’ il regolamento non estende ai ponti radio l’obbligo del parere preventivo, bensi’ estende a questi impianti l’applicazione delle procedure dell’allegato 5 e quindi impone l’accertamento della conformita’ del progetto di ponti radio ai limiti di campo elettromagnetico indicati dal d.P.C.m. 8 luglio 2003.
7) Infine, con il motivo n. 9, si contesta la legittimita’ del modello di comunicazione preventiva di cui all’allegato 7 in quanto tale modello prevede la comunicazione di dati tecnici dell’impianto che variano in funzione dell’ottimizzazione della rete e che non e’ prevista da alcuna norma della legge regionale.
Anche questa censura si rivela peraltro infondata dal momento che la legge regionale in questione espressamente prevede che l’ARPA debba effettuare vigilanza e controllo volti anche a verificare il rispetto dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici ed al mantenimento dei parametri tecnici dichiarati (art. 9 della l.r. 28/2004), sicche’ e’ pienamente legittima la comunicazione di dati tecnici contestualmente alla comunicazione di attivazione in quanto, pur non espressamente richiesti dalla legge regionale, sono evidentemente finalizzati all’espletamento del controllo che questa impone.
8) Verificato quindi, come sopra visto, che il regolamento va ritenuto sostanzialmente conforme alla legge regionale di cui e’ attuativo, il Collegio deve affrontare l’esame delle altre censure con cui si deduce sotto vari rispetti che le disposizioni regolamentari censurate costituirebbero per l’appunto attuazione di previsioni legislative regionali da ritenersi costituzionalmente illegittime.
9) E’ innegabile la rilevanza in causa delle eccezioni di illegittimita’ costituzionale dal momento che solo la loro fondatezza potrebbe mediatamente portare all’accoglimento del ricorso.
10) Rimane pertanto da effettuare la valutazione di spettanza di questo giudice in ordine alla possibile non manifesta infondatezza di tali eccezioni.
Il Collegio osserva anzitutto che la principale censura attiene sostanzialmente alla violazione delle disposizioni costituzionali in tema di disciplina del riparto delle competenze legislative Stato/regioni e, conseguentemente, dei principi fondamentali in ordine all’ordinamento delle comunicazioni elettroniche, operata mediante l’accorpamento di tutta la normativa relativa alle stazioni radio mobile all’interno della disciplina urbanistica, discostandosi dai principi generali fissati dal legislatore statale riguardo alla disciplina delle telecomunicazioni.
L’art. 117, terzo comma della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa «concorrente» delle Regioni la materia dell’«ordinamento della comunicazione» e, di conseguenza, riserva alla normativa statale la previsione dei principi generali che debbono essere puntualmente rispettati in sede di normazione regionale, sicche’ la competenza legislativa regionale puo’ al riguardo esplicarsi unicamente nel puntuale rispetto di tali principi. Tale competenza legislativa si applica al momento, nei termini sopraccitati, anche alla Regione Friuli-Venezia Giulia, in virtu’ della previsione dell’art. 10 della legge cost. n. 3/2001, trattandosi di ampliamento della sfera di autonomia regionale con l’attribuzione di una materia per la quale lo statuto regionale non attribuiva alla Regione alcun tipo di competenza legislativa.
In materia di urbanistica, la Regione Friuli-Venezia Giulia gode invece del ben maggior raggio d’azione riconosciutole dall’attribuzione statutaria di una competenza legislativa primaria.
L’esame della legge regionale 6 dicembre 2004, n. 28 dimostra, quanto meno inizialmente, l’apparente consapevolezza da parte del legislatore regionale del fatto che la legge in questione sarebbe andata ad impingere non soltanto nella materia urbanistica, perche’ non viene fatto riferimento unicamente all’art. 4, primo comma n. 12 dello Statuto speciale adottato con legge cost. n. 1/1963 ma viene anche proclamata l’armonia con i principi di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36 ed al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259. Non si comprende quale fosse la necessita’ di armonizzarsi con tali principi se ad essi non fosse stato riconosciuto carattere di principi fondamentali in materia in cui l’apposizione degli stessi spettava allo Stato.
Di fatto appare peraltro innegabile che il sistema normativo scaturente dalla legislazione statale sopraccitata e quello della legge regionale n. 28/2001 presentano differenze abbastanza marcate, restando da vedere se dette differenze possono ritenersi afferenti ai principi fondamentali fissati dalla legislazione statale, per lo meno per quanto attiene alla prima valutazione di non manifesta infondatezza di spettanza di questo giudice.
11) Ritiene il Collegio che il quadro dei principi fondamentali fissati dalla legislazione in materia di ordinamento delle comunicazioni sia stato delineato con una certa chiarezza dalle precedenti pronuncie della Corte costituzionale (C. Cost. n. 307/2003 e C. cost. n. 336/2005), con l’ulteriore precisazione che la normativa adottata con il codice delle comunicazioni elettroniche recepisce le direttive comunitarie in materia, nell’ottica di arrivare al superamento delle posizioni di monopolio del settore e di garantire, nell’intero territorio della comunita’ e – quindi, a maggior ragione – nell’ambito dei singoli paesi che ne fanno parte, un’effettiva situazione di concorrenza mediante l’attuazione di un processo di liberalizzazione del settore con l’armonizzazione delle procedure amministrative ed evitando ritardi nella realizzazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica.
12) Si puo’ quindi agevolmente riconoscere come primo di questi principi fondamentali che emergono dalla normativa statale e che rispondono agli obblighi comunitariamente assunti, anzitutto l’interesse alla realizzazione delle reti di telecomunicazione. Al riguardo la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 336/2005, ha affermato che «In particolare, i principi di derivazione comunitaria sono stati espressamente recepiti dall’art. 4 del decreto impugnato, il quale prevede che la disciplina delle reti (e dei servizi) e’ volta a salvaguardare i diritti costituzionalmente garantiti di “liberta’ di comunicazione”, nonche’ di “liberta’ di iniziativa economica e suo esercizio in regime di concorrenza, garantendo un accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione elettronica secondo criteri di obiettivita’, trasparenza, non discriminazione e proporzionalita’” (comma 1). Il terzo comma dello stesso art. 4 dispone, inoltre, tra l’altro, che la suddetta disciplina e’ volta anche a “promuovere la semplificazione dei procedimenti amministrativi e la partecipazione ad essi dei soggetti interessati, attraverso l’adozione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti nei confronti delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica”, nonche’ a “promuovere lo sviluppo in regime di concorrenza delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, ivi compresi quelli a larga banda e la loro diffusione sul territorio nazionale, dando impulso alla coesione sociale ed economica anche a livello locale”».
Ulteriormente argomentando sempre la Corte costituzionale nella sentenza citata ha chiarito espressamente che: «… la puntuale attuazione delle prescrizioni urbanistiche, secondo cui le procedure di rilascio del titolo abilitativo per la installazione degli impianti devono essere improntate al rispetto dei canoni della tempestivita’ e della non discriminazione, richiede di regola un intervento del legislatore statale che garantisca l’esistenza di un unitario procedimento sull’intero territorio nazionale, caratterizzato, inoltre, da regole che ne consentano una conclusione in tempi brevi» e, in forza di cio’, ha ravvisato nelle norme del capo V del titolo II del Codice delle telecomunicazioni – fra cui rientra quindi anche l’art. 87 e la normativa procedimentale ivi delineata – natura di norme di principio legittimamente poste dallo Stato alla legislazione concorrente delle regioni.
E’ ben vero che la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto anche che nel settore in questione si intersecano diverse materie rispetto alle quali i titoli di competenza legislativa dello Stato e delle Regioni non hanno tutti la stessa natura. Peraltro, anche se la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha competenza esclusiva nel campo dell’urbanistica e quindi, a differenza di quanto avviene per le regioni a statuto ordinario in relazione alla materia di «governo del territorio» non e’ vincolata al rispetto dei principi fondamentali al riguardo posti dalla normativa statale, non va dimenticato che anche siffatta competenza primaria incontra il limite non solo delle grandi riforme economiche e sociali ma anche degli obblighi internazionali, nel quale genus indubbiamente vanno fatti rientrare anche i vincoli comunitari.
In ogni caso il Collegio osserva che non e’ possibile ricondurre tutta la disciplina inerente all’installazione degli impianti per i servizi di comunicazione elettronica unicamente nell’alveo della materia urbanistica’ sicche’ – trattandosi di materia per cosi’ dire «mista» – anche le previsioni piu’ prettamente urbanistiche devono, a parere del Collegio, mostrare di tener conto dei principi fondamentali che riguardano l’ordinamento delle comunicazioni; del resto, come gia’ accennato, la Regione stessa ha mostrato di essere apparentemente consapevole della natura della competenza legislativa esercitata, avendo espressamente affermato di aver armonizzato la propria legislazione con i principi di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36 ed al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (art. 1, l.r. 28/2004).
13) Passando adesso all’esame dei singoli articoli della legge regionale sui quali si appuntano le censure di incostituzionalita’ si evidenziano anzitutto gli artt. 3 e 4 della legge regionale 28/2004 – laddove viene previsto il piano comunale di settore e non vengono indicati i principi e criteri cui dovra’ attenersi la giunta nella predisposizione e approvazione del regolamento, l’art. 5 – per la previsione della necessita’ della concessione o autorizzazione edilizia comunale per l’installazione dell’impianto, per la mancata previsione della conferenza di servizi, per la previsione dei pareri vincolanti dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) e dell’Azienda per i servizi sanitari territorialmente competente e per la mancata espressa previsione dell’unicita’ di procedimento e di titolo autorizzatorio e l’art. 8 – per la previsione delle localizzazioni incompatibili e per il divieto di installazione degli impianti nelle zone dei biotopi ma non nei parchi e nelle riserve naturali.
14) In effetti l’art. 3 cit. prevede l’adozione dei piani comunali di settore per la localizzazione degli impianti – da adottarsi previa definizione delle linee guida da parte del regolamento oggetto diretto della presente impugnativa – ed il successivo art. 4 definisce chiaramente il ruolo di tali piani che, a prescindere dalle dichiarazioni di intenti di cui ai punti a) e b) del secondo comma, e’ lo strumento che, come chiarito al punto c) del secondo comma, identifica la «localizzazione delle strutture per l’installazione di impianti fissi per telefonia mobile e ponti radio e le loro eventuali modifiche».
Questo vuol dire che, in luogo della regolamentazione comunale cui l’art. 8, comma 6, della l.r. 22 febbraio 2001, n. 36, si riconosceva il possibile ruolo di strumento «per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici», ovviamente mediante la fissazione di criteri generali per guidare le scelte di installazione, la legge regionale ha previsto il ricorso ad una pianificazione di tipo nettamente urbanistico esecutivo, con il conseguente vincolo della possibilita’ di installazione al rispetto delle scelte localizzative fatte a priori, indipendentemente da qualsiasi accertamento circa la proprieta’ e la disponibilita’ dei siti e senza la possibilita’ di tener conto di modifiche attinenti le necessita’ tecnologiche, salvo il ricorso ad una procedura di modifica del piano o l’attesa del previsto aggiornamento annuale, con buona pace del principio comunitario di tempestivita’.
Ritiene il Collegio che dalla procedura sopradelineata si evinca quindi un atteggiamento di sostanziale preclusione all’installazione delle infrastrutture per la telefonia mobile che sono ammesse solo nelle localizzazioni a tale scopo espressamente previste dal piano che si spinge fino a contemplare i singoli impianti poiche’ dicendo che il piano «definisce … la localizzazione delle strutture per l’installazione di impianti fissi per telefonia mobile …» si intende, evidentemente, fare riferimento alla ubicazione dei singoli impianti; tale intendimento del legislatore regionale viene ribadito anche dalla previsione regolamentare che richiede possano essere realizzati solo gli impianti riconosciuti compatibili dal piano il che, come sopra si e’ visto sub 4) risponde proprio alla scelta del legislatore regionale di includere nel piano le localizzazioni delle strutture. Sembra invece al Collegio che il principio fondamentale al riguardo fissato in materia di ordinamento delle comunicazioni dal legislatore statale e da quello comunitario sia di segno opposto, nel senso di ritenere che tutto il territorio nazionale – e quindi anche regionale – debba essere coperto dalla rete di telefonia mobile e, conseguentemente, che, anche dal punto di vista urbanistico territoriale, la regola debba essere quella della generale ammissibilita’, salvo l’eccezione alla base dell’esclusione. In tale ottica si spiega e si giustifica la previsione di una regolamentazione a livello comunale che permetta di enucleare le situazioni di esclusione, ma non l’opposta scelta di una pianificazione puntuale, che quindi delinei sul territorio le sole localizzazioni previste.
La scelta regionale pare in contrasto con il principio fondamentale, fissato in relazione all’ordinamento delle comunicazioni elettroniche dalla normativa statale attuativa delle direttive comunitarie, di massimo interesse al completamento delle reti di cui trattasi, con conseguente necessita’ che la procedura relativa alla realizzazione delle relative infrastrutture sia improntata a criteri di efficienza e tempestivita’, che sono espressioni anche del principio costituzionale di liberta’ di iniziativa economica e della tutela della concorrenza, rispetto alla quale vi e’ la riserva di competenza legislativa statale. Per quanto attiene alla materia urbanistica tali discrepanze si configurano anche come violazioni degli obblighi internazionali dello Stato al cui rispetto lo Statuto subordina la suddetta competenza legislativa.
Per tutte le considerazioni che precedono il Collegio ritiene non manifestamente infondata l’eccezione di illegittimita’ costituzionale degli artt. 3, lett. a) e 4 della l.r. 28/2004 per contrasto con il secondo comma lett. e) ed il terzo comma dell’art. 117 Cost., l’art. 41 Cost. e l’art. 4, primo comma, dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia adottato con legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1.
15) La legittimita’ costituzionale dell’art. 5 della l.r. 28/2004 viene contestata con riguardo a varie previsioni che attengono alla necessita’ della concessione o autorizzazione edilizia comunale per l’installazione dell’impianto, alla mancata previsione della conferenza di servizi, alla introduzione dei pareri vincolanti dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) e dell’Azienda per i servizi sanitari territorialmente competente ed alla mancata espressa previsione dell’unicita’ di procedimento e di titolo autorizzatorio. Osserva anzitutto il Collegio che dall’art. 87 del d.lgs. 259/2003 sembra effettivamente ricavarsi l’esistenza di un principio fondamentale che, nell’ottica della tempestivita’ ed efficienza procedimentale sopra ricordata, impone il ricorso ad un unico procedimento autorizzativo prodromico alla realizzazione degli impianti radioelettrici di cui si discute, il che peraltro non esclude di per se’ che tale procedimento – di sicura competenza comunale – venga ascritto nell’alveo dei procedimenti edilizi e quindi si concluda con il rilascio di un titolo abilitativo edilizio, purche’ questo sia effettivamente l’atto conclusivo del procedimento.
Peraltro la paventata duplicazione procedimentale contraria ai principi sopraccitati non scaturisce dall’art. 5 e da nessun altro articolo della legge regionale per quanto attiene all’ottenimento del titolo autorizzativo alla realizzazione dell’intervento; di fatto sembra comunque al Collegio che una duplicazione procedimentale vi sia, ma non derivi dall’imposizione della necessita’ di munirsi di titolo abilitativo edilizio quanto dalla gia’ esplorata imposizione che tale titolo, e quindi il presupposto iter procedimentale, faccia seguito ad una pianificazione di tipo sostanzialmente esecutivo come quella precedentemente descritta sub 11; essa peraltro non deriva dall’articolo in esame ma dall’art. 4, rispetto al quale il Collegio ha gia’ formalizzato i propri dubbi di costituzionalita’.
In questo modo peraltro e’ innegabile che l’iter procedimentale complessivamente necessario per l’installazione delle stazioni radio mobile risulta considerevolmente aggravato rispetto alla previsione di principio di un procedimento snello e funzionale emergente dai principi ex legge statale in attuazione delle direttive comunitarie.
Si e’ infatti creato un doppio filtro: dapprima uno di carattere pianificatorio che, come si e’ gia’ visto, la legge statale non prevede e poi un ulteriore filtro di tipo concessorio. Quest’ultimo iter procedimentale risulta poi a sua volta particolarmente aggravato, da un lato, perche’ e’ stata introdotta la espressa richiesta dell’acquisizione dei pareri vincolanti sia dell’ARPA che dell’Azienda per i servizi sanitari, mentre l’art. 87 del d.lgs. 259/2003 si limitava a richiedere un unico accertamento di compatibilita’ tecnica – previsto dall’art. 87 del d.lgs. 259/2003 con il parere dell’ARPA – e, dall’altro, perche’ la mancata previsione della possibilita’ di far ricorso all’istituto della conferenza dei servizi priva la procedura di un’importante strumento finalizzato a ricondurre i possibili momenti di dissenso ad un particolare tipo di contraddittorio, utile sia nell’ottica di una decisione che contemperi tutti gli interessi in gioco e sia la sintesi di tutte istanze partecipative coinvolte, sia nell’ottica di arrivare a questo importante risultato di composizione di interessi, a volte contrapposti, nel minor tempo possibile e senza la possibilita’ di impasse procedimentali. Anche tale istituto, come chiarito nella sentenza della Corte costituzionale n. 336/2005, e’ da ritenersi espressione di un principio fondamentale di semplificazione e di celerita’ che e’ di diretta derivazione comunitaria e, come tale, sembra al Collegio rientrare nell’ambito dei principi fondamentali che la competenza legislativa concorrente espletata dalla regione nell’ambito della competenza attinente all’ordinamento delle comunicazioni doveva rispettare e che costituisce comunque principio cardine cui dovrebbe ritenersi improntata anche la legislazione urbanistica in virtu’ del rispetto degli obblighi internazionali, anche per le indubbie ricadute in termini di ostacolo al principio di liberta’ di iniziativa economica ed alla tutela della concorrenza. A tutto quanto sopra, con indubbie ricadute in termini di durata e snellezza del procedimento, si aggiunge anche l’aumento dell’onerosita’ dello stesso, derivante dall’imposizione al gestore, ex art. 5, comma 4, di farsi carico anche degli oneri finanziari dei due pareri che gli si impone di ottenere.
Per quanto sopra il Collegio ritiene non manifestamente infondata l’eccezione di illegittimita’ costituzionale dell’art. 5, commi 2, 3, 4, 5, 6 e 7 della l.r. 28/2004 nei termini sopraprecisati per violazione dei commi secondo lett. e) e terzo dell’art. 117 Cost., dell’art. 41 Cost. e dell’art. 4, primo comma, dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia adottato con legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1.
16) Per quanto infine riguarda l’eccepita incostituzionalita’ dell’art. 8 della l.r. 28 per quanto attiene alla suddivisione del territorio comunale in aree a localizzazione incompatibile e per la previsione di inedificabilita’ assoluta per gli edifici ed aree cosiddette sensibili indicati al comma 1 il Collegio osserva che gia’ con la precedente sentenza della Corte costituzionale n. 307/2003 il problema era stato affrontato e risolto nel senso dell’affermata competenza regionale a normare l’uso del territorio, indicando criteri di localizzazione anche in negativo, senza che cio’ contrasti con l’obbligo del rispetto dei valori soglia fissati dallo Stato.
Quanto alla specifica scelta regionale di vietare l’installazione nelle zone interessate da biotopi mentre nulla viene detto per i parchi e le riserve naturali, che pure dovrebbero essere interessate da un maggior livello di protezione, osserva invece il Collegio che essa appare del tutto arbitraria e priva di qualsiasi logica giustificazione. In quanto tale essa sembra essere un’ingiustificata preclusione alla possibilita’ di perseguire l’interesse primario alla realizzazione delle reti di telecomunicazione che e’ espressione, come in precedenza diffusamente chiarito, di un principio fondamentale in materia di ordinamento delle telecomunicazioni posto dal legislatore statale in attuazione della normativa comunitaria.
Il Collegio ritiene pertanto non manifestamente infondata l’eccezione di illegittimita’ costituzionale dell’art. 8, comma 2 della l.r. 28/2004 per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. e), e terzo comma, dell’art. 41 Cost. e dell’art. 4, primo comma, dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia adottato con legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1.
Pertanto, a norma dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il Tribunale amministrativo regionale dispone la sospensione del presente giudizio e la remissione della questione all’esame della Corte costituzionale.

 

P. Q. M.

 

A norma dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva questione di legittimita’ costituzionale degli artt. 3, lett. a), dell’art. 4,dell’art. 5, commi 2, 3, 4, 5, 6 e 7 e dell’art. 8, comma 2 della l.r. 28/2004 per violazione dei commi secondo, lett. e) e terzo dell’art. 117 Cost., dell’art. 41 Cost. e dell’art. 4, primo comma, dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia adottato con legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1.
Sospende il giudizio in corso e dispone che a cura della segreteria gli atti dello stesso siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della prospettata questione e che la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ed al presidente del Consiglio regionale.
Cosi’ deciso in Trieste, in Camera di consiglio, il 2 novembre 2005.
Il Presidente: Borea

L’estensore: Settesoldi