11 novembre 2002
Atto di Promovimento del Giudizio della Corte Costituzionale n. 91
Ricorso per questione di legittimita’ costituzionale depositato in cancelleria il 21 novembre 2002 (del Comune di Vercelli)
Ricorso per comune di Vercelli in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, in virtu’ di procura rilasciata a margine del presente atto, giusta deliberazione della giunta comunale di Vercelli n. 335 del 24 ottobre 2002 riportata in calce, dagli Avvocati Antonino Cimellaro, Maria Cristina Tabano ed Emanuele Montini, presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato, in Roma alla via L. Rizzo n. 62;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, pro tempore per la dichiarazione di illegittimita’ costituzionale degli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 12 del decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198 “Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’art. 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443.”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2002, n. 215, in relazione agli articoli 3, 76, 114, 117 e 118 della Costituzione.
D i r i t t o
Si ritiene opportuno premettere alla definizione delle eccezioni di incostituzionalita’ che saranno sottoposte al sindacato di codesta ecc.ma corte:
1) il quadro normativo disciplinante la realizzazione delle reti di telecomunicazione al fine di evidenziare le radicali modifiche introdotte dal d.lgs. 4 settembre 2002, n. 198 in ordine alriparto delle competenze ed alla natura ed estensione dei poteri attribuiti ai soggetti pubblici coinvolti nella gestione del fenomeno;
2) le ragioni per le quali il comune di Vercelli ritiene di poter adire direttamente la Corte costituzionale per sollevare questione di legittimita’ costituzionale e conflitto di attribuzione.
1. – Si rileva, in primo luogo, che nella disciplina del settore il legislatore nazionale e’ tenuto a conformarsi ai principi fondamentali di politica ambientale comunitaria, ossia ai principi di prevenzione, correzione alla fonte, “Chi inquina paga” e precauzione, sanciti dall’art. 174 del Trattato CE. Il principio di precauzione, in particolare, assume un peso determinante in materia in quanto finalizzato a garantire la protezione di beni fondamentali, come la salute e l’ambiente, in situazioni di incertezza scientifica in cui, allo stato delle conoscenze, e’ possibile soltanto ipotizzare una situazione di rischio che impone, comunque, l’adozione di misure di cautela in quanto la sua eventuale traduzione in danno non consentirebbe, stante la natura e la complessita’ del fenomeno, di porre in essere un intervento successivo a tutela dei beni compromessi.
Con particolare riferimento alla materia in questione, data l’incertezza in ordine agli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici, tanto nel breve quanto nel lungo periodo, e “l’assenza di dati sperimentali sufficienti” – come espressamente dichiarato nelle linee guida applicative del decreto ministeriale del 10 settembre 1998,n. 381 “Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana”,che enunciava una prima disciplina del settore, il legislatore nazionale e’ vincolato al rispetto del principio di precauzione e del suo corollario, il c.d. principio A.L.A.R.A. (As Low As Reasonable Possible), secondo il quale l’esposizione agli effetti potenzialmente nocivi deve rimanere al livello piu’ basso ottenibile dalla scelta tecnologica effettuata e, dunque, il campo elettromagnetico generato dai servizi di telecomunicazione deve attestarsi sui livelli piu’ bassi concretamente realizzabili. A tal fine assumono un ruolo decisivo tanto l’adozione di tecnologie improntate ad una progressiva riduzione dell’impatto, quanto una localizzazione degli impianti tale da garantire l’ottimizzazione spaziale del campo, laddove, al contrario, la mera imposizione di limiti massimi di esposizione e di valori di attenzione non e’ sufficiente a soddisfare gli obblighi derivanti dal Trattato CE.
Al riguardo il decreto ministeriale n. 381/1998 disponeva che “lprogettazione e la realizzazione dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi (…) deve avvenire in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico piu’ bassi possibile, compatibilmente con la qualita’ del servizio svolto dal sistema stesso al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione.” (art. 4, comma 1) ed introduceva il concetto di “obiettivo di qualita’”.
Nel quadro normativo cosi’ configurato e ferma restando l’osservanza dei valori massimi stabiliti si prevedeva un coinvolgimento dell’Ente pubblico competente al fine di individuare soluzioni idonee a garantire una minizzazione dell’esposizione, attraverso la scelta della migliore tecnologia applicabile e della ottimizzazione della realizzazione e distribuzione delle reti sul territorio, a tal fine consentendo una gestione del fenomeno anche a livello comunale. Una piu’ puntuale conoscenza del territorio e delle sue peculiarita’ avrebbe, infatti, consentito al comune di adottare strumenti regolamentari idonei a minimizzare l’impatto delle infrastrutture sulla salute, l’ambiente ed il territorio interessato dall’esposizione (come disposto nelle linee guida illustrative del decreto ministeriale n. 381/1998).
Tale impostazione veniva, successivamente, accolta dalla legge n. 36/2001 “Legge quadro sulla protezione dall’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”. L’art. 1 della stessa, nel dettare i principi fondamentali in materia, recepiva espressamente i principi di precauzione e di minimizzazione del rischio di cui all’art. 174 del Trattato CE. La legge, inoltre, assimilava e definiva piu’ analiticamente gli “obiettivi di qualita’”ricomprendendovi:
“1) i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali secondo le competenze definite dall’art. 8;
2) i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato secondo le previsioni di cui all’art. 4, comma 1, lettera a), ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi.”.
Il riparto di attribuzioni gia’ impostato nell’art. 1 citato veniva ulteriormente approfondito nel prosieguo del provvedimento normativo e cosi’ impostato: di competenza dello Stato, le funzioni relative alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita’, in quanto valori di campo di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), numero 2), sottese al preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e normative omogenee (art. 4, comma 1);
di competenza della Regione, l’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti, la definizione dei tracciati degli elettrodotti, le modalita’ per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti, gli strumenti e le azioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualita’ (criteri localizzativi, standard urbanistici, prescrizioni ed incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili), (art. 8, comma 1);
di competenza dei comuni,l’esercizio della potesta’ regolamentare finalizzata ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici (art. 8, comma 6).
Inoltre, la legge 20 marzo 2001, n. 66, di conversione del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5 “Disposizioni urgenti per ildifferimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonche’ per il risanamento di impianti radiotelevisivi”, ha statuito la competenza dei comuni in materia urbanistica ed edilizia per quanto riguarda l’installazione degli impianti di telefonia mobile anche ai fini della tutela dell’ambiente, del paesaggio, nonche’ della salute (art. 2, comma 1-bis).
Nel sistema previgente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 198/2002 l’effettivita’ del principio di precauzione era, pertanto, demandata ai livelli regionale e comunale di gestione del fenomeno con espresso affidamento alla potesta’ regolamentare dei comuni ai fini dell’individuazione delle soluzioni localizzative meno impattanti per il territorio e per l’habitat naturale e umano.
Lo stesso giudice amministrativo, originariamente, portato a circoscrivere la competenza dei comuni, in materia, nell’ambito dell’esercizio di una potesta’ di natura meramente urbanistica da attuarsi nelle forme della pianificazione territoriale, ha successivamente adottato un orientamento che riconosce la sussistenza, in capo ai comuni, di poteri di matrice urbanistica e di poteri residuali di tutela sanitaria, in aderenza alla specifica situazione locale. Tale impostazione e’ stata confermata e consolidata da due recenti sentenze del consiglio di Stato (cons. St. n. 3098 del 3 giugno 2002 e cons. St. n. 4096 del 6 agosto 2002).
Le soluzioni normative adottate con la legge n. 36/2001,considerata tra le piu’ evolute in ambito comunitario, risultavano dotate di equilibrio nella distribuzione dei compiti tra comuni, regioni e Stato e di coerenza con i principi fondamentali del diritto comunitario e costituzionale.
Tale impostazione viene ad essere radicalmente modificata dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 198/2002. Quest’ultimo, con un procedimento analogico che si ritiene del tutto illegittimo ed inconferente, qualifica le infrastrutture e telecomunicazione come strategiche e di preminente interesse nazionale, sensi dell’art. l, comma 1, legge 21 dicembre 2001, n. 443, ed adotta tale assunto con presupposto per l’introduzione di procedure che consentono, nella loro operativita’,una realizzazione “deregolata” delle infrastrutture e degli impianti di telecomunicazioni.
In particolare, all’art. 3, il d.lgs. n. 198/2002 dispone:
che tali infrastrutture sono “realizzabili esclusivamente sulla base delle procedure definite dal presente decreto, anche in deroga alle disposizioni di cui all’art. 8, comma 1, lettera c), della legge 22 febbraio 2001, n. 36” (comma 1), che demandava alle regioni la definizione delle procedure autorizzative;
che sono compatibili “con qualsiasi destinazione urbanistica” chiarendo che le stesse “sono realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento” (comma 2);
che sono assimilate “ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprieta’ dei rispettivi operatori” con la conseguente applicazione ad esse della normativa vigente in materia.
Inoltre, introduce meccanismi procedimentali notevolmente accelerati e semplificati: i soggetti gestori possono, infatti, avvalersi di una semplice comunicazione di inizio attivita’ per gli impianti con potenza inferiore a 20 Watt e di solo autorizzazione, con applicazione dell’istituto del silenzio assenso, negli altri casi. Ma ancor piu’ grave risulta la prescrizione dell’art. 12, comma 4 del d.lgs n. 198/2002 il quale dispone che e’ “abrogato l’art. 2-bis della legge 1 luglio 1997, n. 189”. Tale articolo,infatti,prevedeva che l’installazione e nell’uso delle infrastrutture dovesse essere garantita la compatibilita’ delle stesse con le norme vigenti relative ai rischi sanitari per la popolazione e che dovessero essere azionate opportune procedure di valutazione di impatto ambientale.
In conclusione il decreto in questione elimina quasi completamente le fasi di gestione del fenomeno di livello comunale e regionale che nel sistema della legge n. 36/2001 erano strettamente funzionali ad assicurare l’effettivita’ del principio di precauzione all’interno dell’ordinamento ed introduce un regime derogatorio che comporta lo svuotamento del ruolo delle regioni e dei comuni.
Sulla base delle considerazioni esposte si assume ilprovvedimento de quo costituzionalmente illegittimo sotto i seguenti profili.
2. – Il quadro normativo e giurisprudenziale cosi’ definito si poneva gia’ in linea con le modifiche al titolo V della parte seconda della costituzione introdotte dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il nuovo dettato, nel recepire il c.d. principio di sussidiarieta’ introdotto dal Trattato CE, legittima a livello costituzionale l’esigenza, gia’ avvertita dall’ordinamento e tradotta nel d.lgs 31 marzo 1998, n. 112 e nel d.lgs. n. 367/2000, di una gestione amministrativa che privilegi il ruolo degli enti locali, con particolare riferimento ai comuni, piu’ vicini ai cittadini ed al territorio e maggiori interpreti dei relativi bisogni. L’art. 118 Cost. attribuisce, infatti, la titolarita’ generale delle funzioni amministrative in capo ai comuni ed in via subordinata, qualora lo richiedano esigenze di unitarieta’ o l’ente territoriale superiore sia in grado di esercitare le stesse funzioni in modo piu’ efficace, ne prevede il conferimento a province, citta’ metropolitane, regioni e Stato. L’ordine invertito dei centri decisionali e’ espressamente sancito dal nuovo art. 114 Cost. che attribuisce agli enti elencati autonomia piena in quanto garantita dai principi fissati dalla costituzione.
Pertanto, si ritiene che il comune possa sollevare questione di legittimita’ costituzionale e conflitto di attribuzione direttamente alla corte. Per quanto concerne tale ultimo aspetto, di fatti, non si puo’ non notare come il decreto legislativo in parola, inserendo in allegato il formulario di come vanno richiesti ai comuni gli atti abilitativi alla realizzazione delle infrastrutture per le telecomunicazioni, invade in modo incostituzionale le funzioni amministrative attribuite alle amministrazioni comunali dal nuovo art. 118.
1. – Questione di illegittimita’ costituzionale degli articoli 1 e 3, comma 1, del d.lgs. 4 settembre 2002, n.198 in riferimento all’art. 76 Cost.
Il d.lgs n. 198/2002 dispone che le categorie di infrastrutture di telecomunicazioni sono “considerate strategiche ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n. 443” (art. 1) e che le stesse sono “opere di interesse nazionale” (art. 3, comma 1).
Il decreto legislativo in questione e’ stato emanato in attuazione della legge n. 443 del 2001 che delega il Governo ad adottare decreti legislativi “volti a definire un quadro normativo finalizzato alla celere realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti individuati ai sensi del comma 1”, definiti come “strategici e di preminente interesse nazionale”. Tuttavia, come e’ dato rilevare dal dettato dello stesso art. 1, legge n. 443 del 2001, tali ultime qualificazioni non esauriscono gli elementi di individuazione dell’ambito di applicazione della legge (ammesso, peraltro, che gli impianti di telecomunicazione possano rientrare nella categorie delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale). L’art. 1, comma 1, legge n. 443/2001 prevede, infatti, ad ulteriore specificazione, che le opere siano individuate “sentita la conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, a mezzo di un programma, formulato su proposta dei ministri competenti, sentite le regioni interessate, ovvero su proposta delle regioni, sentiti i Ministri competenti,e inserito nel documento di programmazione economico-finanziaria, con indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione” e che il Governo debba indicare nel disegno di legge finanziaria “le risorse necessarie, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili”. Ne deriva che le infrastrutture e gli insediamenti produttivi per i quali il Governo puo adottare i decreti delegati sono solo quelli che dispongono del concorso del finanziamento pubblico. come si evince, chiaramente, dallo stesso disposto del d.lgs. n. 198/2002, tali non possono essere considerati gli impianti di telecomunicazione e radioelettrici, i quali sono realizzati con oneri totalmente carico dei titolari di concessione ministeriale; gli stessi non possono, Pertanto, rientrare tra le opere oggetto di delega ai sensi dell’art. 1, comma 1 della legge n. 443/2001.
In ragione di quanto esposto si rileva che il d.lgs n. 198/2002 e’ stato emanato in contrasto con il contenuto della legge delega, inquanto esula dall’ambito di applicazione in essa contenuto. Si assume, pertanto, violato l’art. 76 della Costituzione.
2. – Questione di illegittimita’ costituzionale dell’art. 3 del d.lgs. 4 settembre 2002, n. 198 in riferimento agli articoli 114 e 117 della Costituzione.
Le modifiche introdotte dal d.lgs n. 198 del 2002 si fondano sul presupposto della qualificazione delle “infrastrutture di telecomunicazioni” come opere strategiche di interesse nazionale di cui alla legge n. 443 del 2001. Tale assunto, gia’ oggetto della precedente eccezione di incostituzionalita’, rileva, altresi’, nelle considerazioni che seguono in quanto la rilevanza nazionale dell’interesse si traduce, all’interno del quadro normativo tracciato dal decreto,in un fattore di esclusione della potesta’ legislativa regionale e della potesta’ regolamentare comunale in materia.
Alla luce del quadro di competenze delineato dall’art. 117 Cost.
(secondo il nuovo testo introdotto dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) il governo del territorio e la tutela della salute rientrano tra le materie di legislazione concorrente nelle quali la potesta’ legislativa spetta alle regioni, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali riservata alla legislazione dello Stato. La potesta’ regolamentare spetta, inoltre, alle regioni in ogni materia che non sia di competenza esclusiva dello Stato ed ai comuni, province e citta’ metropolitane per lo svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Per quanto attiene in particolare agli impianti di telecomunicazioni, la legge n. 36 del 2001 demandava direttamente ai comuni le funzioni indicate nell’art. 8 comma 6 della stessa: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e nell’art.14,comma 1, che affida alle amministrazioni comunali funzioni di controllo e di vigilanza sanitaria ed ambientale per l’attuazione della legge.
Inoltre lo stesso comma 6, nell’attribuire ai comuni potesta’ regolamentare in ordine alla “minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”, consente agli stessi di introdurre un’autonoma degli obiettivi di qualita’, ossia dei criteri localizzativi, degli standard urbanistici e delle prescrizioni ed incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, che, tuttavia, in base al combinato disposto dell’art. 3 della legge dovranno essere previamente indicati dalle leggi regionali che ne definiscono le competenze.
Dal quadro normativo cosi’ definito, al quale si aggiungono le disposizioni della legge 20 marzo 2001, n. 66, emerge con chiarezza che le funzioni riservate allo Stato, in materia, attengono esclusivamente alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualita’, in quanto valori di campo di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), numero 2). A cio’ si aggiunga che codesta ecc.ma corte, con sentenza del 7 ottobre 1999, n. 382, ha riconosciuto alle regioni il potere di fissare con legge limiti piu’ severi per l’inquinamento elettromagnetico, sul presupposto che tali limiti incidono sull’urbanistica, comprensiva anche degli interessi ambientali, che e’ materia riservata, alle regioni, la cui potesta’ legislativa si estende alla materia della tutela ambientale, altresi’, quando strettamente connessa con la tutela della salute dei cittadini ed il governo del territorio (sent. Corte cost. del 26 luglio 2002, n. 407).
Tali assunti non trovano alcuna aderenza con il d.lgs n. 198 del 2002 il quale, ancorche’ limitare le proprie statuizioni alla definizione di “principi fondamentali in materia di installazione e modifica delle categorie di infrastrutture di telecomunicazioni” (art. 1, comma 1), contiene una puntuale definizione delle procedure azionabili, qualificate,peraltro, come esclusive: “Le categorie di infrastrutture di telecomunicazioni (…) sono opere di interesse nazionale, realizzabili esclusivamente sulla base delle procedure definite dal presente decreto, anche in deroga alle disposizioni di cui all’art. 8, comma 1, lettera c), della legge 22 febbraio 2001, n. 36” (art. 3, comma 1).
Il regime derogatorio introdotto dal d.lgs n. 198 del 2002 investe in particolare:
le disposizioni di cui all’art. 8, comma 1, lettera c), della legge 22 febbraio 2001, n. 36 e dunque, le modalita’ per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti, di competenza regionale;
gli strumenti urbanistici ed ogni disposizione di legge o di regolamento di pianificazione urbanistica. Si afferma, infatti, la compatibilita’ degli impianti con qualunque destinazione urbanistica e la possibilita’ di realizzarli in ogni parte del territorio comunale;
le misure cautelative di cui all’art. 2-bis della legge 1 luglio 1997, n. 189, l’art. 12 comma 4 del decreto dispone “E’ abrogato l’art. 2-bis della legge 1 luglio 1997, n. 189”;
la procedura della concessione edilizia, sostituita da una semplice autorizzazione (con il meccanismo del silenzio-assenso) e dalla denuncia di inizio attivita’ per gli impianti con potenza inferiore a 20 Watt.
In questo nuovo contesto procedimentale viene ad essere preclusa ogni possibilita’ di disciplina del fenomeno a livello locale.
I poteri che residuano alla Regione sono,infatti, circoscrivibili alla mera definizione delle incentivazioni per l’utilizzo della migliore tecnologia disponibile, mentre le competenze relative alla definizione dei criteri localizzativi e degli standard urbanistici, previste dalla legge n. 36/2001, vengono estromesse dalle previsioni dell’art. 3, comma 2 e 3 del d.lgs. n. 198/2002.
Quanto ai comuni viene ad essere precluso l’esercizio della potesta’ regolamentare attribuita dalla costituzione e disciplinata dalla legge n. 36/2001 e dalla normativa regionale in materia. Stante la richiamata compatibilita’ delle infrastrutture di telecomunicazioni con tutte le zonizzazioni e l’assimilazione delle stesse alle opere di urbanizzazione primaria, strumenti quali il piano di localizzazione ed i relativi atti di pianificazione e gestione, volti ad assicurare il corretto insediamento urbanistico, divengono del tutto ininfluenti.
Viene meno, altresi’, il ruolo del comune in materia di prevenzione e controllo della gestione del territorio. L’art. 4, d.lgs. n. 198/2002, infatti, prevede che le infrastrutture oggetto del decreto vengano “autorizzate” dagli enti locali e che le istanze di autorizzazione e le denunce di inizio attivita’ si intendono accolte qualora, nei termini indicati, non sia comunicato un provvedimento di diniego. Ne deriva che, da un alto, l’ente locale interessato non dispone di strumenti idonei a realizzare un’attivita’ istruttoria e valutativa volta all’individuazione della soluzione localizzativa idonea a garantire una corretta gestione del fenomeno e dell’impatto sul territorio – l’unico potere che residua all’amministrazione competente e’ la richiesta “per una sola volta, entro quindici giorni dalla data di ricezione dell’istanza,del rilascio di dichiarazioni e l’integrazione della documentazione prodotta” (art. 5,comma4) -, d’altro canto, il venir meno della concessione edilizia e delle cautele in essa previste comporta conseguenza di rilievo sul piano dei controlli qualora si verifichino eventuali abusi, in risposta ai quali diviene azionabile una mera sanzione amministrativa.
Il d.lgs. n. 198/2002 rappresenta, pertanto, una grave lesione dell’autonomia degli enti locali e delle potesta’ legislative e regolamentari che ad essi appartengono.
I piani di localizzazione ed i regolamenti comunali per il Corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti adottati dai comuni in attuazione delle leggi nazionali e regionali vigenti in materia, divengono, per effetto dell’entrata in vigore del decreto, privi di efficacia.
Si assumono,pertanto,violati gli articoli 114 e 117 della costituzione.
3. – Questione di illegittimita’ costituzionale degli articoli 5, commi 1 e 2, 7, comma 1, 9, comma 1, 12 e degli allegati A, B, C, D del d.lgs. 4 settembre 2002, n. 198 in riferimento all’art. 118 Cost., conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
Il d.lgs. n. 198/2002 disciplina dettagliatamente ed allega i modelli con i quali chiedere ai comuni gli atti abilitativi alla installazione delle infrastrutture di telecomunicazioni. In particolare sono predisposti i formulari per l’istanza di autorizzazione(All. A), per la denuncia di inizio attivita’ (All. B), per l’istanza di autorizzazione per opere civili, scavi ed occupazione di suolo pubblico in aree urbane (All. C) e per l’istanza di autorizzazione per opere civili, scavi ed occupazione di suolo pubblico in aree extraurbane (All. D).
Si rileva, in primo luogo, l’evidente contraddittorieta’ delle norme indicate con quanto disposto dall’art. 1 comrna 1 del decreto “Il presente decreto legislativo detta i principi fondamentali in materia (…)”. Si ritiene che il d.lgs. non possa certo ritenersi norma di fissazione di principi in materia dal momento che, oltre alla puntuale definizione delle procedure ascrivibili al fenomeno in questione, allega persino i formulari delle istanze di istruttoria, rispetto alle quali l’ente locale puo’ chiedere solo una integrazione documentale, entro quindici giorni.
Non vi e’ dubbio che la disciplina e la definizione di tali elementi, espressamente sottratti alla titolarita’ degli enti locali, rientri nelle funzioni “amministrative proprie del comune, attribuite e riconosciute dall’art. 118 Cost.
Si ritiene, pertanto, che il d.lgs n. 198/2002 violi, nelle disposizioni richiamate, l’art. 118 della costituzione ed entri in conflitto con la sfera di attribuzioni del comune in quanto vengono ad essere menomati ed impediti i poteri ad esso attribuiti dalla costituzione.
Si assumono altresi’ violati i principi di sussidiarieta’, di differenziazione e di adeguatezza sanciti dall’art. 118 Cost. che postulano il conferimento delle funzioni agli enti piu’ vicini ai cittadini e portatori di una migliore conoscenza della situazione locale e del territorio governato,dunque, in primo luogo ai comuni e, se ne ricorrono le condizioni,agli altri enti locali di dimensione sovracomunale.
4. – Questione di illegittimita’ costituzionale del d.lgs. 4 settembre 2002, n. 198 in riferimento all’art. 3 Cost.
Il d.lgs. individua una categoria di soggetti, ossia gli operatori di telecomunicazioni, esonerati dal rispetto dei limiti e delle prescrizioni imposte alle norme regolamentari adottate dagli enti locali in materia di urbanistica e governodel territorio determinando una evidente disuguaglianza e disparita’ trattamento nei confronti del comune cittadino al quale viene ad essere circoscritto l’ambito soggettivo di efficacia degli strumenti urbanistici e di ogni altra disposizione di legge o di regolamento in materia.
Si assume, pertanto, violato l’art. 3 della costituzione.
P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l’illegittimita’
costituzionale degli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 12 del decretolegislativo 4 settembre 2002, n. 198, per contrasto con gli articoli 3, 76, 117 e 118 della Costituzione.
Roma, addi’ 11 novembre 2002
Avv. Cimellaro – Avv. Montini – Avv. Tabano