1 dicembre 2015 – Sentenza della Suprema Corte di Cassazione – sez. unite

1 DICEMBRE 2015
SENTENZA DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONI UNITE (pubblicata il 1° febbraio 2016)

 

Sul ricorso 12786-2014 proposto da:
AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –
AAA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, (…), presso lo studio dell’avvocato (…), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (…), (…), (…), per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
BBB SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, (…), presso lo studio dell’avvocato (…), che la rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

nonché contro

CCC SPA, DDD, EEE SRL, FFF SPA, GGG SPA;

– intimati –

Avverso la sentenza n. 6021/2013 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 16/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/12/2015 del Consigliere dott. GIACOMO TRAVAGLINO;
uditi gli avvocati Federico DI MATTEO dell’Avvocatura Generale dello Stato, (…), (…), (…);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERGIO DEL CORE, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

I FATTI
Con delibera n. 336 del 2010, l’AGCOM adottò un piano di numerazione automatica dei canali televisivi del digitale terrestre, assegnando quelli da 1 a 10 ai canali nazionali cd. “generalisti”, e attribuendo i numeri dal 10 al 19 alle emittenti private locali.
Il piano fu annullato in parte qua dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4660 del 2012, per essere stato violato l’art. 32 del D.lgs 177/2005 (cd. TUSMAR, i.e. Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici).
Rilevò, in particolare, il giudice amministrativo, nella motivazione della predetta sentenza, un duplice vizio dell’atto, ritenuto affetto da difetto di istruttoria e da erronea individuazione dei presupposti dell’attività dell’Authority – per avere quest’ultima assegnato ai canali generalisti nazionali (ex analogici) i numeri 7, 8 e 9 secondo il sistema cd. LCN.
Dal detto annullamento derivava l’obbligo della AGCOM di pronunciarsi nuovamente sull’assegnazione dei numeri dei canali in questione, a seguito di una nuova indagine sulle abitudini e sulle preferenze degli utenti, da condursi secondo criteri funzionali ad assicurare univocità di dati ed omogeneità di elementi di comparazione.
Con delibera n. 442 del 2012, l’AGCOM sottopose a consultazione pubblica lo schema del nuovo piano di numerazione automatica dei canali TDT (televisione digitale terrestre), affidando ad un istituto specializzato una nuova indagine sulle abitudini e preferenze degli utenti.
All’esito di tale indagine, con delibera del 21 marzo 2013, n. 237, l’Authority adottò un nuovo piano di numerazione automatica dei canali.
Ritenendo che la delibera 442/2012 non avesse dato corretta esecuzione alla sentenza del Consiglio di Stato, la s.p.a. GGG instaurò giudizio di ottemperanza, chiedendo, previa declaratorio di nullità in parte qua della predetta delibera, la nomina di un commissario ad acta per provvedere alla correzione del piano ed alla assegnazione, alle emittenti locali, delle posizioni 8 e 9 dei canali digitali.
La domanda fu accolta dal C.d.S. con la sentenza oggi impugnata per Cassazione.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dall’Autorità garante per le Comunicazioni e dal Ministero dello sviluppo economico è fondato.
Con il primo ed unico motivo, si denuncia violazione delle norme sulla giurisdizione in relazione all’azione di annullamento proposta in relazione all’art. 110 C.p.A. e all’art. 363 c.p.c.
La doglianza deve essere accolta.
Risultano, difatti, violati, nella specie, i limiti esterni della giurisdizione amministrativa per totale carenza dei presupposti necessari a fondare l’emanazione, da parte del G.A., di un legittimo provvedimento di ottemperanza.
Nella parte motiva della sentenza oggi impugnata, difatti, il Consiglio di Stato ha premesso che, al fine di dare esecuzione alla sua sentenza 4660/2012, l’Autorità avrebbe dovuto provvedere “ora per allora” alla nuova numerazione, sostituendo le disposizioni annullate con altre da adottarsi a seguito dei risultati della nuova indagine sulle abitudini e sulle preferenze degli utenti, da ricostruirsi con riferimento all’anno 2010 (epoca del precedente sondaggio posto a base del primo Piano di Numerazione dei canali).
Correttamente e condivisibilmente osserva, in proposito, parte ricorrente che tale argomentazione si pone in irrimediabile contrasto con il nuovo contesto di fatto venutosi a create all’esito del passaggio (cd. switch off) dalla tecnica analogica a quella digitale, definitivamente completato il 4 luglio 2012.
E’ di piena evidenza come l’Amministrazione, in sede di adozione del nuovo piano (così come disposto in sede giurisdizionale all’esito del ricorso di GGG) non potesse non tener conto di tale, radicale mutamento del contesto, tecnico e di mercato, venutosi a creare per effetto del passaggio del sistema televisivo dall’analogico al digitale: soltanto una completa e rinnovata valutazione delle dinamiche del settore (a partire dalle sue condizioni pregresse per finire alla situazione venutasi a create all’esito dello switch off ormai completato) avrebbe assicurato la completezza dell’indagine, in ossequio alle indicazioni offerte dalla prima sentenza del Consiglio di Stato.
La materiale impossibilità di esercitare un potere di indagine “retroattivo”, alla luce dell’attualizzarsi dell’esigenza di procedere all’assegnazione della numerazione dei canali nel nuovo contesto digitalizzato ha pertanto indotto l’Autorità a svolgere una nuova valutazione comparativa delle singole posizioni delle emittenti radio-televisive interessate alla nuova procedura di assegnazione dei canali, su di un presupposto tecnico-fattuale irreversibilmente mutato, non essendo più replicabile, nemmeno fittiziamente o figurativamente, la situazione cui la sentenza oggi impugnata mostra di fare riferimento per giungere alla conclusione della necessità di nomina, a quel (non più praticabile) fine, di un commissario ad acta.
La situazione di fatto sopravvenuta, radicalmente mutata sul piano tecnico, ha, di converso, fatto venir meno in via definitiva, la possibilità, per l’Authority, di dar corso ad una nuova istruttoria con riferimento allo stesso oggetto ed allo stesso lasso temporale considerati con le disposizioni annullate dalla sentenza n. 4660/2012.
La assoluta impredicabilità di tale possibilità si poneva, pertanto, ex se e in radice, in termini del tutto ostativi alla vittoriosa instaurazione di un giudizio di ottemperanza, il cui esito non avrebbe potuto in alcun modo spingersi al compimento di un’attività che neppure una condotta spontanea dell’Amministrazione sarebbe stata in condizione di realizzare: onde la decisiva influenza di tale (negativo) presupposto logico-giuridico sugli effetti e sulla concreta attuabilità del giudice amministrativo.
In tal senso, sia pur in relazione a diversa fattispecie concreta (si trattava, in quel caso, di una procedura di concorso), si è espressa questa Corte regolatrice con la sentenza 23302 del 2011, a sua volta predicativa della impossibilità di un agire amministrativo “ora per allora”.
In conclusione, le conseguenze del giudicato di annullamento, in termini di ottemperanza, non avrebbero potuto in alcun modo tradursi nell’obbligo, per l’Autorità delle Telecomunicazioni, di procedere ad un esame “virtuale” e retrospettivo della situazione da regolamentare invece hic et nunc – senza per questo incidere sul diritto consequenziale al risarcimento del danno, se esistente, in capo al soggetto che si assumeva nella specie leso dalla condotta della P.A.
La consumata violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa impone, pertanto, nel caso di specie, la cassazione senza rinvio della sentenza oggi impugnata.
Le spese del presente giudizio possono essere interamente compensate, attesa la assoluta novità e la particolare complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, lì 1.12.2015