4 dicembre 2019 – Sentenza del Tar Lazio (Sezione Terza)

4 DICEMBRE 2019
SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO (SEZIONE III)

sul ricorso numero di registro generale 12326 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

XXX S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (…), (…) e (…), con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. (…) in Roma, (…);

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio p.t., Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro p.t. e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;;

nei confronti

yyy S.r.l., ZZZ S.r.l. non costituiti in giudizio;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:

AAA S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato (…), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

BBB, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato (…), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

ad opponendum:

CCC, DDD S.r.l., EEE S.p.A., FFF S.p.A., GGG S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati (…), (…), (…), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. (…) in Roma, via (…);

HHH, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (…), (…), (…), (…), (…), (…), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio (…) in Roma, via (…);

per l’annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

– del d.P.R. 23/08/2017, n. 146, concernente “Regolamento concernente i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali”, ed allegate tabelle 1 e 2, pubblicato nella Gazz. Uff. 12 ottobre 2017, n. 239 (doc. 2);
nonché di tutti gli altri atti alle stessa presupposti, consequenziali e/o comunque connessi, ancorché non conosciuti, ivi incluso, ove occorra:

– del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 20 ottobre 2017, concernente “Modalita’ di presentazione delle domande per i contributi alle emittenti radiofoniche e televisive locali”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.263 del 10 novembre 2017 (doc.3);

per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da XXX S.R.L. il 17\10\2018 :

per l’annullamento

previsa sospensione

– del decreto direttoriale del Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale per i servizi di comunicazione elettronica di radiodiffusione e postali, Divisione V – Emittenza radiotelevisiva. Contributi, mise.AOO_COM.REGISTRO UFFICIALE. Int. 0058806.01-10-2018 (doc. 11), di approvazione delle graduatorie definitive delle domande ammesse al contributo per l’anno 2016 delle emittenti televisive a carattere commerciale, unitamente alle suddette graduatorie definitive di cui agli allegati A e B (doc. nn. 12 e 13 );
di tutti gli altri atti presupposti, consequenziali e/o comunque
connessi, ivi inclusi:

– la relazione istruttoria prot. 58527 del 28.9.2018, concernente istruttoria sui reclami pervenuti, di contenuto non conosciuto;

– il decreto direttoriale 12 luglio 2018 mise.A00_COM.REGISTRO UFFICIALE.Int. 0045870.12-07-2018, di approvazione delle graduatorie provvisorie, unitamente agli elenchi ivi allegati (doc.14);

– il decreto direttoriale 13 luglio 2018 mise.AOO_COM. REGISTRO UFFICIALE.Int. 0046044.13-07-2018 (doc.15);

– la relazione istruttoria prot. n. 45823 del 12 luglio 2018 (doc.16), concernente istruttoria delle domande pervenute, unitamente agli atti ad essa allegati, di contenuto non conosciuto;

– nota a firma del Direttore del Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale per i servizi di comunicazione elettronica, radiodiffusione e postali, mise.AOO_COM.REGISTRO UFFICIALE.U.0053506.04.09.2018 (doc.17), concernente riscontro alle osservazioni inviate dalla ricorrente;

NONCHE’

Per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis della legge 21 settembre 2018, n. 108, concernente “proroga dei termini in materia di emittenti radiotelevisive locali”, nonché, ove necessario, dell’art. 1, comma 1034, della l. (Legge di Bilancio 2018), previa rimessione alla Corte Costituzionale della relativa questione di legittimità costituzionale, previa delibazione di rilevanza e non manifesta infondatezza, relativamente alla violazione degli artt. 3, 5, 21, 24, co. 1, 103, 113, 114, 117, co. 3, Cost.;

NONCHE’ PER L’ANNULLAMENTO, PREVIA SOSPENSIONE,

di tutti gli altri atti già impugnati con il ricorso introduttivo, quali:

– il d.P.R. 23/08/2017, n. 146, concernente “Regolamento concernente i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali”, ed allegate tabelle 1 e 2, pubblicato nella Gazz. Uff. 12 ottobre 2017, n. 239 (doc. 2);

nonché di tutti gli altri atti alle stessa presupposti, consequenziali e/o comunque connessi, ancorché non conosciuti, ivi incluso, ove occorra:

– il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 20 ottobre 2017, concernente “Modalita’ di presentazione delle domande per i contributi alle emittenti radiofoniche e televisive locali”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.263 del 10 novembre 2017 (doc.3).

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Mnistri e del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2019 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – La società in epigrafe è un’emittente televisiva facente parte del gruppo editoriale denominato “III”, operante nella regione (…) dagli anni ‘70 (doc. 4 ric.).
Con ricorso depositato in data 12.12.2017 l’emittente ha adito questo TAR per ottenere l’annullamento “in parte qua” del d.P.R. 23.8.2017 n. 146, che – in base all’art. 1, comma 163, della legge n. L. 28/12/2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016) – ha profondamento innovato, con disciplina di livello regolamentare, l’assetto della ripartizione delle risorse del “Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali”, modificando i criteri di distribuzione delle risorse stanziate a tal fine dallo Stato e le procedure dirette alla formazione delle graduatorie relative alla diverse categorie di emittenti televisive e radiofoniche individuate dall’art. 3 dello stesso d.P.R. n. 146.
In precedenza la materia era disciplinata dalla Legge n. 448/98 e da alcuni decreti attuativi, principalmente il DM 292/2004 e il DM 6/8/2015. Le finalità espresse dall’art. 1, comma 163, Legge n. 208 del 2015 hanno ad oggetto: il pluralismo dell’informazione, il sostegno dell’occupazione del settore, il miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l’incentivazione dell’uso di tecnologie innovative. La disposizione primaria citata si limita a fissare le finalità del Fondo per il pluralismo nell’informazione radiotelevisiva e lascia ampi margini di manovra alla fonte regolamentare, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (e successive modificazioni), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Al regolamento, come detto, è rimessa dal legislatore la determinazione dei criteri di ripartizione del fondo tra gli aventi diritto ammessi alla procedura per l’erogazione delle risorse.
Il regolamento approvato con il d.P.R. n. 146 del 2017 prevede, in particolare, all’art. 2 che: “1. Il Ministero dello sviluppo economico […], provvede al riparto delle risorse dell’esercizio finanziario 2016 presenti sull’apposito capitolo di bilancio del Ministero e, annualmente, al riparto delle risorse del fondo di cui all’articolo 1, assegnate al Ministero, in sede di riparto del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 26 ottobre 2016, n. 198, secondo i seguenti criteri:
a) 85 per cento riservato ai contributi spettanti alle emittenti televisive operanti in ambito locale, di cui il 5 per cento deve essere riservato ai contributi destinati alle emittenti televisive aventi carattere comunitario secondo quanto indicato nell’articolo 7”.
b) 15 per cento riservato ai contributi spettanti alle emittenti radiofoniche operanti in ambito locale, di cui il 25 per cento deve essere riservato ai contributi destinati alle emittenti radiofoniche aventi carattere comunitario secondo quanto indicato nell’articolo 7. […]”.
Il successivo art. 6 del regolamento (in combinato disposto con la Tabella 1 allegata al medesimo regolamento) stabilisce i seguenti criteri in base ai quali si assegnano alle emittenti televisive concorrenti i punteggi, su cui poi calcolare l’ammontare del contributo a ciascuna spettante:
a) numero medio di dipendenti, effettivamente applicati all’attività di fornitore di servizi media audiovisivi o di emittente radiofonica per la regione e il marchio/ palinsesto oggetto della domanda, occupati nel biennio precedente con contratti a tempo indeterminato e a tempo determinato risultanti dalla presentazione del riepilogo delle posizioni iscritte presso l’INPS. Sono inclusi nel calcolo i lavoratori part-time e quelli con contratto di apprendistato. Per i dipendenti in cassa integrazione, con contratti di solidarietà e per quelli a tempo parziale e, nel caso in cui il medesimo soggetto presenti una pluralità di domande per più marchi/palinsesti, o presenti domande in più regioni, per i dipendenti impiegati per marchi/palinsesti diversi dal primo o diffusi in più di una regione, si tiene conto delle percentuali di impegno contrattuale in termini di ore effettivamente lavorate. In via transitoria, per le domande relative agli anni 2016 e 2017, il punteggio è quantificato sul numero medio dei dipendenti effettivamente dedicati ai servizi media audiovisivi o all’emittenza radiofonica per la regione e per il marchio/ palinsesto oggetto della domanda nell’anno di competenza del contributo e nell’anno precedente;
b) numero medio di giornalisti dipendenti (professionisti, pubblicisti e praticanti) effettivamente applicati all’attività di fornitore di servizi media audiovisivi o di emittente radiofonica per la regione e il marchio/palinsesto oggetto della domanda, occupati nel biennio precedente iscritti al relativo albo o registro, come risultanti dalla presentazione del riepilogo delle posizioni iscritte presso l’INPGI e per i pubblicisti che hanno optato per il mantenimento dell’iscrizione previdenziale presso l’INPS. Sono inclusi nel calcolo i lavoratori part-time e quelli con contratto di apprendistato. Per i giornalisti in cassa integrazione, con contratti di solidarietà e per quelli a tempo parziale e, nel caso in cui il medesimo soggetto presenti una pluralità di domande per più marchi/palinsesti diversi dal primo o diffusi in più di una regione, si tiene conto delle percentuali di impegno contrattuale in termini di ore effettivamente lavorate. In via transitoria, per le domande relative agli anni 2016 e 2017, il punteggio è quantificato sul numero medio dei giornalisti dipendenti effettivamente dedicati ai servizi media audiovisivi o all’emittenza radiofonica per la regione e per il marchio/palinsesto oggetto della domanda nell’anno di competenza del contributo e nell’anno precedente;
c) con riferimento alle sole emittenti televisive, media ponderata dell’indice di ascolto medio giornaliero basato sui dati del biennio precedente e del numero dei contatti netti giornalieri mediati sui dati del biennio precedente, calcolata secondo quanto indicato nell’allegata tabella 1, per marchio/palinsesto nella relativa regione, indicati nella domanda, rilevati dall’Auditel, nel biennio solare precedente alla presentazione della domanda. Per le domande relative all’anno 2016, si tiene conto della media dei dati del biennio 2015-2016, mentre per le domande relative all’anno 2017, si tiene conto della media dei dati del biennio 2016-2017. In base alla Tabella 1, per gli anni 2016 e 2017, l’ammontare annuo dello stanziamento destinato alle emittenti televisive è ripartito secondo le seguenti aliquote: 80 % in base al criterio del numero medio di dipendenti e di giornalisti dipendenti come definiti dalle precedenti lettere a) e b); 17% in base al criterio AUDITEL di cui alla precedente lettera c); 3% in base ai costi sostenuti per spese in tecnologie innovative di cui all’articolo 6, comma 1, lettera e) del d.P.R. 146.

2. La tesi di fondo esposta in ricorso dalla società ricorrente – destinata ad ottenere rispetto al passato, sulla base dei nuovi criteri, un contributo molto più limitato, se non addirittura nessun contributo – è la seguente: la disciplina per l’accesso ai contributi pubblici statali ha subìto una profondissima trasformazione per effetto dell’entrata in vigore del nuovo regolamento approvato con il d.P.R. 146/2017 (doc. 2 – atto impugnato), che, come detto, ha sostituito la precedente, dettata dalla Legge n. 448/98 e dai regolamenti e decreti attuativi (v D.M. 292/2004 e D.M. 6/8/2015). Più che di innovazione si sarebbe trattato di un vero e proprio “stravolgimento” dell’impianto normativo, la cui applicazione avrebbe frustrato tutte le finalità ad esso sottese, perseguendo, in concreto, obiettivi esattamente opposti a quelli per i quali la stessa riforma è stata concepita (ai sensi d.P.R. 146/2017, art. 6, co. 1, in conformità al sopracitato art. 1, comma 163, Legge n. 208 del 2015 i fini a cui la distribuzione dei contribuiti era finalizzata sono: il pluralismo dell’informazione, il sostegno dell’occupazione del settore, il miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l’incentivazione dell’uso di tecnologie innovative).
La disciplina previgente, infatti, era impostata sul riparto regionale dei contributi, coerentemente con le dimensioni locali – sul piano giuridico, tecnologico ed economico – delle emittenti televisive interessate. Tale confronto avveniva con riferimento a due soli parametri oggettivi, entrambi rapportati su scala regionale: il fatturato e il numero di dipendenti.
La procedura prevedeva, in effetti, l’elaborazione di una graduatoria nazionale costruita sulla base delle graduatorie regionali, con l’indicazione dell’importo spettante a ciascuna regione sulla base dei dati sviluppati dalle singole emittenti per regione; la relativa istruttoria era demandata ed era svolta dai Corecom regionali, i quali procedevano, successivamente, al riparto degli importi regionali, definiti per ciascuna emittente.
Il regolamento impugnato (d.P.R. 146/2017), oltre ai criteri di ripartizione sopra descritti, ha previsto una graduatoria unica nazionale (art. 5, co.3; art. 6, co. 2) redatta in applicazione di criteri facenti leva su dati assoluti (sia per quanto concerne il numero dei dipendenti che per i dati di ascolto), senza la previsione di alcun meccanismo “correttivo” volto a rapportarli proporzionalmente alla popolazione e alle dimensioni geografiche ed economiche delle diverse regioni italiane. Vi sarebbe, pertanto, una grave asimmetria concorrenziale nel meccanismo di calcolo che pretende di confrontare in termini assoluti emittenti operanti in regioni diverse sotto svariati punti di vista a partire da quello demografico (come, ad es. (…) e la (…)) senza invece prevedere un algoritmo di riequilibrio inversamente proporzionale. Peraltro, sostiene parte ricorrente, la domanda viene presentata per ciascuna regione nell’ambito della quale l’emittente opera o anche per ciascun “marchio/palinsesto”, sempre in ambito regionale. Pertanto si legittima la possibilità, per una società proprietaria di più emittenti o marchi, di presentare distinte domande di contributi in due o anche più regioni.
Dai nuovi criteri di punteggio, in base all’art. 6 cit. del regolamento impugnato, è stato espunto il fatturato.

Sulla base di tale premesse la società ricorrente articola i seguenti motivi di impugnazione:

I) “Violazione ed errata applicazione degli artt. 3, 5, 9, 21, 41, 114 Cost.; – violazione ed errata applicazione dei principi sottesi alla Legge n. 208/2015, art. 1, co. 160 e ss. e alla Legge n. 198/2016; violazione dei principi di tutela del pluralismo di cui all’art. 21 Cost. e di garanzia della qualità dei contenuti di cui allo stesso d.P.R. 146/2017; violazione dei principi di cui all’art. 1 della Legge 241/90 e artt. 3, 97 Cost.; violazione del principio di imparzialita’ della p.A.; violazione del principio di concorrenza; eccesso di potere per irragionevolezza; ingiustizia manifesta; contraddittorieta’ manifesta; disparita’ di trattamento; sviamento”: per la ricorrente sono illegittimi i criteri in quanto definiti in termini assoluti a livello nazionale, cioè applicabili senza la previsione di alcun parametro volto a compensare le differenze demografiche da regione a regione;
deduce la ricorrente che, date le popolazioni residenti, gli ascolti che può ottenere un’emittente locale in (…) sono ovviamente ben diversi rispetto a quelli che può raggiungere una diversa emittente che operi in (…) o in (…); ciò inciderebbe anche sulle potenzialità di dimensionamento di tali emittenti sul piano aziendale e sul numero dei dipendenti che possono essere assunti; vi è, in definitiva, un grave nocumento per le emittenti locali minori aggravato dalla crisi che da anni attraversa il settore; inoltre, per gli anni che vanno dal 2015 al 2017, la ricorrente non dispone dei dati di rilevamento Auditel, in quanto per problemi economici non ha potuto rinnovare il contratto (oneroso) per l’effettuazione del relativo servizio; tali dati, in base all’art. 6, comma 1, lett. c), sono però decisivi per il riparto delle risorse stante la previsione secondo cui ben il 17% di esse, per il 2016, deve ripartirsi in base ai migliori punteggi conseguiti dalle emittenti locali per gli ascolti; il servizio dell’Auditel, secondo la ricorrente, non era e non è richiesto da nessuna legge e/o altra fonte normativa, derivando l’attivazione del servizio da una mera valutazione facoltativa delle singole emittenti; pertanto la normativa regolamentare censurata, da ritenere immediatamente lesiva degli interessi dell’emittente, è anche illegittima nella parte in cui subordina l’assegnazione di un punteggio rilevante ai fini del conseguimento del beneficio economico ad un elemento – la disponibilità dei dati di ascolto rilevati dall’Auditel – riferito ad anni passati nei quali la norma regolamentare (art. 6 regolamento impugnato), che ha reso rilevanti i dati sugli ascolti, non era ancora entrata in vigore; sotto altro profilo, sempre esposto nell’ambito del motivo I, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo anche nella parte in cui ha stabilito, all’art. 6, co. 4, che “4. E’ riconosciuta, inoltre, una maggiorazione del 15 per cento del punteggio individuale complessivo, di cui ai criteri del comma 1, lettere a), b) ed e), conseguito dalle emittenti ammesse a contributo per marchi televisivi o trasmissioni radiofoniche autorizzati ad operare esclusivamente nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, in quanto rientranti nell’obiettivo convergenza nell’ambito delle politiche di coesione dell’Unione europea”; (…) e (…) non sono comprese nell’obbiettivo di coesione europea e quindi non possono godere del punteggio incrementale del 15%. Le medesime censure sopra elencate si estendono anche alle disposizioni riferite alle emittenti radiofoniche, a cui è assegnata la percentuale del 15% del Fondo (art. 2, co. 1, lett. b), sulla base dei requisiti di cui all’art. 4, co. 2.

II) “Violazione dell’art. 6 bis della l. 241/90; violazione dell’art. 97 Cost.: violazione dei piu’ comuni principi di buon andamento e imparzialita’; eccesso di potere: disparita’ di trattamento; sviamento”: nel secondo motivo si censura il ruolo centrale assegnato dal regolamento impugnato all’AUDITEL, nonostante tale ente associativo sia in conflitto di interessi in quanto tra i suoi soci – (…), (…), (…) e (…), la (…), il (…) e (…) – vi sono anche soggetti che potrebbero beneficiare del contributo; sarebbe, in particolare, violato l’ art. 6 bis (Conflitto di interessi) della L. 7 agosto 1990, n. 241, a mente del quale “1. Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.

3. – Prima dell’udienza camerale fissata per la trattazione della domanda cautelare, proposta dalla ricorrente insieme al ricorso, si sono costituiti congiuntamente la Presidenza del Consiglio ed il Ministero dello Sviluppo Economico; quest’ultimo ha depositato memoria nella quale contesta le censure in quanto, a suo avviso, infondate nel merito.
Sono altresì intervenute “ad opponendum” le società televisive DDD S.r.l., EEE S.p.A., FFF S.p.A.; nonché GGG S.r.l e CCC. E’ intefvenuta, invece, a sostegno delle radioni della ricorrente la società AAA S.r.l.

4. – In esito alla camera di consiglio del 10.1.2018 la Sezione, con ordinanza n. 157/2018, ha respinto la domanda cautelare proposta per l’assorbente motivo che “[…] la normativa citata, di per sé, non esclude la possibilità per l’emittente di partecipare alla competizione e di poterne verificare l’esito (seppure si assume come altamente probabile un insuccesso, in ragione dei nuovi criteri introdotti);…”; pertanto questo Giudice ha ritenuto che, al momento della proposizione della domanda, il pregiudizio paventato era ancora soltanto potenziale e, di conseguenza, ha ritenuto che ogni decisione sulle disposizioni regolamentari impugnate (aventi i crismi della generalità e dell’astrattezza) dovesse essere rimessa “alla più opportuna sede di merito, ferma restando la facoltà di parte ricorrente di proporre motivi aggiunti e contestuale domanda cautelare nel caso in cui, con la formazione della graduatoria degli aventi diritto agli incentivi” il pregiudizio si fosse concretizzato.

5. – Sono successivamente intervenute “ad opponendum” la HHH e, viceversa, a sostegno delle domande della ricorrente BBB.

6. – Con decreto direttoriale della Direzione Generale per i servizi di comunicazione elettronica di radiodiffusione e postali, Divisione V – Emittenza radiotelevisiva prot. int. 0058806.01-10-2018 (doc. 11 ric.), il Ministero dello Sviluppo Economico ha provveduto all’approvazione delle graduatorie definitive delle domande ammesse al contributo per l’anno 2016 delle emittenti televisive a carattere commerciale, all’interno delle quali la ricorrente si è collocata nella posizione n. (…), conseguendo un punteggio complessivo e, conseguentemente, un contributo economico, di gran lunga inferiore “a quello che le sarebbe effettivamente spettato ove la procedura fosse stata condotta sulla base di regole legittimamente poste ed applicate” (mot. agg. pag. 6).
Pertanto, con atto per motivi aggiunti ritualmente notificato e depositato in data 17.10.2018, parte ricorrente ha esteso l’impugnazione alla graduatoria per l’anno 2016 di suo interesse, lamentando che, a suo dire, i nuovi parametri introdotti dal nuovo regolamento di cui al d.P.R. n. 146 del 2017 (impugnato con il ricorso introduttivo) avrebbero “premiato in modo abnorme le emittenti locali delle regioni demograficamente maggiori, a tutto danno di quelle che, come la ricorrente, pur avendo un numero considerevole di dipendenti (circa …) e un altissimo indice di ascolto rapportato agli abitanti, sono risultate gravemente penalizzate per l’unica colpa di operare in territori scarsamente popolati (nel caso di specie, in (…), (…) abitanti)”. Tale “penalizzazione”, aggiunge parte ricorrente, sarebbe stata ulteriormente aggravata dall’illogico e manifestamente irragionevole “scalino” preferenziale accordato alle prime cento (100) classificate in graduatoria, alle quali è stata assegnata, a mente dell’art. 6, co. 2, del d.P.R. 146/2017, la percentuale clamorosamente sproporzionata del 95% dell’importo complessivamente stanziato per le emittenti commerciali, residuando, per tutte le altre, solo il 5%; altrettanto illegittima e penalizzante per la ricorrente (e le altre imprese nelle sue condizioni) sarebbe anche la previsione di cui all’art. 6, co. 4, relativa ad una maggiorazione del 15% a favore delle sole emittenti operanti in regioni in cd. “obiettivo convergenza”.
Ad avviso della ricorrente, pertanto, la graduatoria definitiva e gli altri provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti sono da ritenere illegittimi e meritevoli di annullamento, in via derivata, in ragione delle stesse illegittimità che viziano il d.P.R. n. 146 del 2017 in applicazione del quale la graduatoria è stata formata.
Oltre all’invalidità derivata, nei motivi aggiunti (sub II) si lamenta quanto segue, con riguardo alla tabella 2 del d.P.R. n. 146 destinata ai punteggi da attribuire a ciascuno dei criteri di cui all’articolo 6 del presente regolamento e della tabella 1 ai fini della formazione delle graduatorie:

– l’incidenza del criterio di cui all’area a) (afferente alle unità di personale e, in particolare di giornalisti, impiegate nel biennio di riferimento), riferito ai criteri di cui all’art. 6, co. 1, lett. a) e b), nella formazione della graduatoria, in assenza di qualsivoglia meccanismo volto a rapportare ovvero rendere proporzionale il numero di dipendenti alla popolazione della regione e /o provincia nella quale trasmette;

– il meccanismo di calcolo non garantisce il pluralismo dell’informazione nè la qualità dei contenuti ma determinerebbe la sicura estromissione delle emittenti operanti nei territori più marginali e depressi;

– anche nell’applicazione del “criterio Auditel” si lamenta la mancanza di un parametro volto a rapportare proporzionalmente il criterio di cui all’art. 6, co. 1, lett. c), il quale produrrebbe “una gravissima penalizzazione della ricorrente ed una ingiusta ed irragionevole premialità per le emittenti aventi sede in zone demograficamente maggiori”;

– con riguardo al parametro Auditel – e alla disposizione di cui all’art. 6, co. 1, lett. c) secondo cui “per le domande relative all’anno 2016, si tiene conto della media dei dati del biennio 2015-2016” – si reitera la critica già esposta nel ricorso secondo cui la ricorrente non disponeva (e non era tenuta a disporre, in mancanza di prescrizioni o previsioni normative in tal senso) dei dati di rilevamento degli ascolti;

– si censura nuovamente come “ingiusta ed irragionevole norma di favore per emittenti concorrenti” la disposizione che favorisce con un incremento del 15% le regioni rientranti nell’ “obbiettivo convergenze UE” nonostante siano collocate in regioni demograficamente molto più consistenti del (…), con livelli di PIL superiori e con estensioni geografiche neppure paragonabili. Con il motivo aggiunto sub III, limitandosi peraltro ad approfondire e meglio illustrare quanto già esposto nel ricorso, la società ricorrente lamenta la violazione dei principi di cui alla Legge n. 208/2015 nella parte in cui i provvedimenti impugnati, premiando i dati di ascolto, non hanno minimamente valorizzato l’obiettivo di pubblico interesse sotteso al “miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti”; gli atti impugnati, inoltre, non offrono alcuna indicazione sulle regole seguite nella rilevazione ponendo dei dubbi sull’attendibilità delle verifiche alla base dell’assegnazione dei punteggi.
Infine (sub IV), in via subordinata – ove non si dia adito ad una lettura costituzionalmente orientata della norma che segue, intervenuta in corso di causa – si deduce l’illegittimita’ costituzionale della legge 21 settembre 2018, n. 108, di conversione in legge del d.l. 25 luglio 2018, n. 91, art. 4 bis, nonche’, ove necessario, dell’art. 1, comma 1034, della legge di bilancio 2018 (su cui “infra”).

7. – Con ordinanza n. 11603 del 2018, il Collegio ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le imprese in graduatoria, autorizzando la società ricorrente alla notifica per pubblici proclami, “mediante indicazione a sua cura, in forma sintetica, del “petitum giudiziale”, delle censure contenute nel ricorso e nei motivi aggiunti e degli atti impugnati…”. E’ stata prodotta in data 28.12.2018 la documentazione attestante l’assolvimento dell’incombente.

8. – Quindi, prodotti i documenti, le memorie difensive ex art. 73 c.p.a. e le note di replica dalle parti interessate, in data 4 dicembre 2019 la causa è stata discussa alla presenza, dei seguenti procuratori delle parti in giudizio: per la parte ricorrente gli avvocati (…), (…) e (…), per CCC, DDD S.r.L., EEE S.p.A., FFF S.p.A. GGG S.r.L. degli Avv.ti (…), (…) e (…), per HHH degli Avv.ti (…), (…) e (…), per AAA S.r.l. dell’Avv. (…) (solo nella chiamata preliminare) e per le Amministrazioni resistenti l’Avvocato dello Stato Spina.
Terminata la discussione la causa è stata trattenuta in decisione.

9. – Prima di poter esaminare il merito del ricorso e dei motivi aggiunti è necessario l’esame dell’eccezione pregiudiziale sollevata dalla difesa erariale (vedi memoria per l’udienza del 17.10.2018) e da alcuni dei soggetti intervenuti “ad opponendum” (vedi, in particolare, la memoria HHH dep.14.9.2018), secondo cui il ricorso sarebbe divenuto improcedibile per effetto della “legificazione” del regolamento contenuto nel decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017 n. 146 (oggetto dell’impugnazione), per effetto dell’art. 4-bis della legge 21 settembre 2018, n. 108, di conversione il D.L. 91/2018, che ha modificato l’art. 4 del d.P.R. impugnato, nei seguenti termini: “All’articolo 4, comma 2, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, recante il regolamento, da intendersi qui integralmente riportato, concernente i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali, in attuazione degli obiettivi di pubblico interesse di cui dall’articolo 1, comma 163, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, per l’assegnazione delle risorse del Fondo di cui all’articolo 1, comma 160, lettera b), della citata legge n. 208 del 2015, e successive modificazioni, destinate alle emittenti radiofoniche e televisive locali, al fine di estendere il regime transitorio anche all’anno 2019, dopo le parole: “alla data di presentazione della domanda” sono aggiunte le seguenti: «, mentre per le domande inerenti all’anno 2019 si prende in considerazione il numero medio di dipendenti occupati nell’esercizio precedente, fermo restando che il presente requisito dovrà essere posseduto anche all’atto della presentazione della domanda.».
La norma, secondo quanto eccepito dalla difesa erariale, avrebbe integralmente recepito il testo del d.P.R. con ciò denotando l’espressa volontà del legislatore di disciplinare con normativa di fonte primaria la materia relativa ai “criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali”.
Di ciò sarebbe indicativo l’inciso “da qui intendersi integralmente riportato”, contenuto nel primo periodo dell’art. 4-bis in commento e riferito al regolamento al fine di determinare il suo innalzamento e il suo recepimento a livello della fonte primaria che lo richiama. A conferma di ciò viene anche citata la previsione contenuta al comma 1034 dell’art. 1 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018) laddove prevede l’applicazione dei “criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146”, per la formazione della particolare graduatoria dei soggetti abilitati quali fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale, ai fini dell’utilizzazione della capacità trasmissiva di cui al comma 1033.
Da ciò consegue, secondo l’Amministrazione (e gli interventori ad opponendum), che, essendo intervenuta in corso di causa una modifica della natura della fonte regolamentare impugnata, che ne ha comportato la riqualificazione come fonte primaria, il gravame sarebbe divenuto improcedibile stante il difetto di potere giurisdizionale del Giudice adito rispetto al sindacato di legittimità su un atto (divenuto) legislativo.
Il Collegio non ritiene di poter accogliere l’eccezione di improcedibilità senza necessità, peraltro, di stabilire, se le disposizioni di legge citate (in particolare l’art. 4-bis del D.L. 25/07/2018, n. 91 inserito dalla legge di conversione) abbiano in effetti determinato l’innalzamento del regolamento al rango di fonte primaria, con conseguente “legificazione” del medesimo.
L’inserto introdotto dall’art. 4-bis, infatti, si inserisce nell’ultimo periodo del comma 2, dell’art. 4 del d.P.R. n. 146/2017, espressamente dedicato al periodo transitorio (2016-2019) di prima applicazione dei nuovi criteri di assegnazione dei punteggi. Il testo attuale del comma 2, ultimo periodo dell’art. 4, come modificato dall’art. 4-bis del D.L. n. 81/2018 (c.d. “Milleproroghe”) è dunque il seguente: “In via transitoria, per le domande relative agli anni dal 2016 al 2018 si prende in considerazione il numero dei dipendenti occupati alla data di presentazione della domanda, mentre per le domande inerenti all’anno 2019 si prende in considerazione il numero medio di dipendenti occupati nell’esercizio precedente, fermo restando che il presente requisito dovrà essere posseduto anche all’atto della presentazione della domanda.”. L’innovazione introdotta per via legislativa concerne dunque il solo anno 2019 atteso che, per gli anni anteriori e, segnatamente, per il 2016 che interessa nella specie, nulla è stato innovato rispetto al testo regolamentare originario (“In via transitoria, per le domande relative agli anni dal 2016 al 2018 si prende in considerazione il numero dei dipendenti occupati alla data di presentazione della domanda…”).
Deve dunque concludersi che la disposizione incisa “ex lege” si riferisce esclusivamente all’applicazione delle disposizioni del d.P.R. per l’anno 2019, in quanto l’art. 4-bis del “Milleproroghe” è volto a disciplinare, con disposizione a carattere transitorio, annualità diversa e successiva a quella per cui è causa e, dunque, non si applica “ratione temporis” alla fattispecie dedotta in giudizio che concerne l’annualità 2016.
L’esegesi che precede appare essere, peraltro, conforme al principio dell’interpretazione costituzionalmente orientata, ponendo, altrimenti, delle oggettive criticità un intervento di legificazione di norme regolamentari, incidente sui criteri di valutazione delle emittenti in concorso per l’anno 2016, entrato in vigore a graduatoria già approvata, dopo l’indicazione puntuale della generalità dei beneficiari e degli importi da ciascuno conseguiti, mentre erano pendenti vari ricorsi giurisdizionali presso questo TAR avverso la norma regolamentare e la graduatoria che era scaturita dalla applicazione di essa.

10. – Passando ora al merito del ricorso, il Collegio ne rileva l’infondatezza.

10.1. – Come si è visto le critiche svolte nel primo motivo ruotano intorno al presunto carattere irragionevole e non conforme alle finalità fissate dall’art. 1, comma 163, della Legge 28.12.2015, n. 208 (vale a dire: pluralismo dell’informazione, sostegno dell’occupazione nel settore, miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e l’incentivazione dell’uso di tecnologie innovative) del carattere nazionale della graduatoria e del carattere assoluto degli elementi di attribuzione del punteggio, non accompagnati da alcun meccanismo perequativo che tenga conto delle notevoli diversità demografiche ed economiche esistenti tra le diverse regioni italiane e, pertanto, tali da penalizzare proprio le regioni più piccole e meno popolose, costrette a competere con quelle di dimensioni non comparabili.
Invero la censura non convince in quanto, in realtà, il d.P.R. n. 146/2017 tiene conto della popolazione residente nelle diverse regioni con riguardo alla fase (prodromica rispetto a quella valutativa) di individuazione dei requisiti minimi che le emittenti debbono possedere per l’ammissione alla procedura, laddove prescrive, all’art. 4, comma 1, il possesso di un numero minimo di dipendenti (parametrato alla popolazione dell’ambito territoriale in cui opera l’emittente), secondo le seguenti tre fasce:
“1) pari ad almeno 14 dipendenti di cui almeno 4 giornalisti se il territorio nell’ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda abbia più di 5 milioni di abitanti;
2) pari ad almeno 11 dipendenti di cui almeno 3 giornalisti se il territorio nell’ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda abbia tra 1,5 e 5 milioni di abitanti;
3) pari ad almeno 8 dipendenti di cui almeno 2 giornalisti se il territorio nell’ambito di ciascuna regione per cui è stata presentata la domanda abbia fino a 1,5 milioni di abitanti;…”.
Tale criterio, nel richiedere, per l’ammissione alla procedura, il possesso di un numero maggiore di dipendenti ad un’emittente che operi in una regione maggiormente popolata e un numero più basso di dipendenti ad un’emittente che operi in una regione meno popolosa, sembra soddisfare il principio di proporzionalità e di non discriminazione tra tutti i soggetti partecipanti che siano attivi in regioni diverse, con diversi livelli di popolazione.
Peraltro va sempre rimarcato che la disposizione di legge (art. 1, comma 163, Legge n. 208/2015) che ha autorizzato l’adozione di un regolamento ex art. 17 Legge n. 400/1988, su proposta del MiSE, per la disciplina di criteri e procedure per l’attribuzione dei benefici economici, lascia aperti ampi margini di discrezionalità in capo all’Amministrazione nella scelta di procedimenti e criteri per la ripartizione del Fondo per il pluralismo radiotelevisivo tra le diverse emittenti locali, limitandosi ad individuare le finalità (sopra più volte menzionate) a cui i contributi economici sono funzionali. Data l’ampia discrezionalità di cui l’Amministrazione è titolare, le norme regolamentari impugnate potrebbero ritenersi illegittime e meritevoli di annullamento soltanto ove vi sia una evidente incompatibilità tra le stesse ed i principi fissati dalla legge oppure una macroscopica illogicità ed irragionevolezza delle stesse rispetto allo scopo a cui sono dirette ovvero, più in generale, rispetto all’interesse pubblico.
Invero, dal tenore delle censure, non è dato comprendere per quale ragione i criteri di cui all’art. 6 e alle tabelle 1 e 2 del d.P.R. n. 146/2017 sarebbero in palese contrasto con gli obbiettivi del pluralismo dell’informazione, del sostegno dell’occupazione nel settore, del miglioramento dei livelli qualitativi dei contenuti forniti e dell’incentivazione dell’uso di tecnologie innovative. La stessa “penalizzazione” delle emittenti operanti in ambiti regionali geograficamente meno popolosi – asseritamente collegata al calcolo dei dipendenti e dei dati Auditel, a livello assoluto e con graduatoria unica nazionale, in assenza di meccanismi diretti alla riparametrazione di essi in rapporto alla popolazione regionale – si è rivelata una petizione di principio ove si osservi l’esito concreto della graduatoria dedicata alle emittenti commerciali locali, nella quale diverse emittenti si sono piazzate tra le prime cento, pur essendo attive in contesti demograficamente svantaggiati (in rapporto alle più popolose regioni italiane).
Come evidenziato dalla difesa erariale ed emergente da un semplice esame della graduatoria definitiva per il 2016, l’emittente (…), pur operando nella regione (…), regione che ha (…) abitanti (largamente inferiore a quello, ad esempio, della (…), pari a (…)) si è collocata al (…) posto assoluto; l’emittente (…) che opera nella regione (…) si è collocata al (…) posto; le emittenti (…), (…), (…), che operano nella regione (…) si sono collocate rispettivamente al (…)esimo, (…)esimo e (…)esimo posto; le emittenti (…) e (…), che operano nella regione (…), si sono collocate rispettivamente al (…)esimo e (…)esimo posto.
Ciò dimostra concretamente come i criteri di cui all’art. 6, lett. a), b) e c) del regolamento impugnato – basati, rispettivamente, su: numero medio di dipendenti, effettivamente applicati; numero medio di giornalisti dipendenti (professionisti, pubblicisti e praticanti); media ponderata dell’indice di ascolto medio giornaliero basato sui dati del biennio precedente e del numero dei contatti netti giornalieri mediati sui dati del biennio precedente, calcolata secondo quanto indicato nell’allegata tabella 1 – non comportavano a priori uno svantaggio competitivo per la ricorrente, se è vero che diverse emittenti operanti in regioni non popolose hanno raggiunto risultati di vertice.
L’obbiezione della ricorrente, invero, non considera che in (…) – per rimanere alla regione più frequentemente esemplificata in ricorso quale modello di contesto demografico regionale non comparabile con realtà quali (…) o (…) – il mercato dei programmi televisivi è conteso tra un numero di televisioni nettamente superiore a quello delle emittenti che operano, ad es., in (…) (in (…) operano (…) televisioni, mentre in (…) (…)). Con la conseguenza che il conseguimento di buoni risultati in termini di audience può essere molto più arduo per una emittente (…) che non per un’emittente (…) o (…), come peraltro indirettamente conferma la graduatoria approvata la quale ha sancito l’assegnazione di risorse anche in regioni di limitato livello demografico (quali (…), (…), (…) e la stessa regione (…), dove vi sono state emittenti assegnatarie).
È la stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con la Delibera n. 41/17/CONS, in tema di “Individuazione dei mercati rilevanti nel settore dei servizi di media audiovisivi, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (fase 1)”, ad avere affermato che “le regioni con il maggior numero di fornitori di contenuti locali sono la (…) e la (…), seguite dalla (…), dalla (…) e (…). Le regioni con il minor numero di soggetti sono la (…), la (…) e (…)” (All. A alla Delibera n. 41/17/CONS, pag. 34 e par. 137).
La stessa AGCOM ha dunque avuto modo di rilevare, seppur al di fuori del contesto normativo afferente alla presente causa, che, per ragioni di intuitiva evidenza, nelle regioni più popolose vi è una concorrenza, tra emittenti in competizione per dividersi lo “share”, nettamente superiore a quella che caratterizza le regioni meno popolose (quale quella ove opera l’odierna ricorrente); in presenza di una offerta nettamente superiore risulta dunque più difficile “fare audience” nelle regioni più popolose piuttosto che in quelle demograficamente meno rilevanti.

10.2. – Con riferimento ai dati Auditel, il Collegio rileva, in primo luogo, il carattere non del tutto perspicuo della doglianza secondo cui la ricorrente non avrebbe avuto a disposizione tali dati per l’annualità in oggetto (2016), atteso che, in realtà, all’Allegato B al Decreto Direttoriale 1.10.2018 (di approvazione della graduatoria, cfr. all. 2 AGS dep. 23.11.2018) si evince che “XXX due”, marchio della società ricorrente, si è classificata alla posizione n. (…), totalizzando (…) punti per il punteggio di “Area B”, riguardante i dati di ascolto, circostanza che esclude l’assenza totale di dati auditel denunciata dalla ricorrente.
E’ noto in ogni caso che le emittenti televisive commerciali non possono prescindere dalla rilevazione dei dati di ascolto per la stessa programmazione dei propri obbiettivi economici e strategici, in quanto operano in un mercato nel quale la remunerazione dell’attività dipende (anche) dalla vendita di spazi pubblicitari, il cui valore è direttamente proporzionale ai dati di ascolto.
Le emittenti che, in quanto “commerciali”, vogliono restare proficuamente nel mercato non possono prescindere dai ricavi pubblicitari (e, quindi, dai dati di ascolto) né confidare nel fatto che la sostenibilità del business sia unicamente garantita dagli incentivi statali, secondo un modello che il d.P.R. n. 146 del 2017 mira in modo evidente a superare.
Peraltro della “capacità delle imprese del settore di investire e di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo”, parla ora espressamente la Legge 26 ottobre 2016, n. 198 (“Istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Procedura per l’affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale”), la quale, a sua volta, si riferisce ai medesimi principi espressi dalla Legge n. 208/2015.
Quanto all’assenza di doverosità nell’attivazione del servizio Auditel (per il punteggio di “Area B” previsto dal d.P.R. impugnato, vedi Tabella 2), il Collegio osserva – in aggiunta a quanto poc’anzi esposto in merito alla imprescindibilità “nei fatti” dei dati di ascolto per ogni impresa televisiva che voglia continuare a stare nel mercato – che già nelle Linee Guida, pubblicate il 9 maggio 2016, a seguito di consultazione pubblica, era noto che gli indici di ascolto rilevati da Auditel sarebbero stati adottati dall’Amministrazione quali criteri di valutazione per la formazione della graduatoria rendendo.
Pertanto i soggetti interessati erano stati già informati, fin dal maggio 2016, della futura adozione di nuovi criteri che avrebbero imposto l’onere della rilevazione dei dati auditel nell’interesse delle stesse emittenti, stante la rilevanza che sarebbe stata attribuita agli indici di ascolto. Tale informazione era stata diffusa tra gli operatori dall’Amministrazione circa un anno e mezzo prima dell’adozione del d.P.R. n. 146/2017 (pubbl. in G.U. n. 239 del 12.10.2017), il che rende non condivisibile la censura svolta con riguardo alla lesione dell’affidamento.
Va peraltro osservato che, in base a quanto eccepito dall’Amministrazione resistente (non contestata sul punto dalla ricorrente), l’onere economico per avvalersi del servizio Auditel comporta un costo contenuto per gli operatori (euro 3.500,00 annue circa), di regola sostenibile anche per le piccole aziende dell’emittenza locale.
Trattasi di ulteriore elemento che concorre ad escludere il carattere discriminatorio o irragionevole della previsione del “criterio auditel” di cui all’art. 6, lett. c) e Tabella n. 2 del d.P.R. impugnato. Peraltro giova rammentare che il rilevamento dati Auditel non costituisce un “unicum” contemplato dal d.P.R. citato in quanto è previsto anche in altri ambiti (anteriori alla normativa afferente al caso di specie), infatti: a mente dell’art. 6, comma 9 quinques del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, i dati Auditel costituiscono uno dei criteri per formare la graduatoria dei soggetti legittimamente abilitati quali Fornitori di servizi di media audiovisivi (FSMA) a utilizzare la capacità trasmissiva a cui fa riferimento la disposizione stessa;

– le graduatorie formate grazie anche al criterio di valutazione dei dati di ascolto sono poi utilizzate per l’assegnazione della numerazione LCN (acronimo di “logical channel number”) alle emittenti locali (sulla idoneità dei dati di ascolto a costituire un criterio valido per l’assegnazione della numerazione LCN cfr. anche Cons. St., Sez. III, 31 agosto 2012, n. 4658 che ha confermato TAR Lazio, Sez. III ter, n. 6901/2011).
Quanto, infine, all’attendibilità tecnica e all’imparzialità del rilevamento dei dati di ascolto, il Collegio si limita ad osservare che non sono stati segnalati da parte ricorrente specifici elementi (anche soltanto indiziari) da cui poter desumere possibili errori di stima. Va detto che i dati sono rilevati sulla base di una precisa metodologia la cui applicazione è soggetta alla vigilanza dell’AGCOM (cfr. la delibera n. 85/06/CSP, recante “Atto di indirizzo sulla rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione”). In ogni caso il “criterio Auditel” ha un peso limitato (17% per l’anno 2016) rispetto al punteggio di “Area A” (in funzione della media di dipendenti e giornalisti dipendenti dell’azienda)

10.3. – In definitiva, con il d.P.R. impugnato, la normativa secondaria ha inteso introdurre criteri diretti ad incrementare la qualità del servizio (attribuendo peso preponderante alla componente giornalisti e quindi all’informazione nella erogazione del servizio; ponendo altresì in primo piano i dati di ascolto, a testimonianza dell’interesse suscitato dalla trasmissioni presso gli utenti, e l’innovazione tecnologica ), in luogo dei precedenti criteri idonei a distribuire, come in passato, premi “a pioggia”.
Per tutto quanto precede, nessuna delle molteplici censure contenute nel primo motivo di gravame merita accoglimento.

11. In merito al secondo motivo – secondo cui alcuni soci dell’Auditel, “in quanto operatori del settore, ben potrebbero essere tra i soggetti beneficiari del Fondo di cui al DPR impugnato, ossia direttamente interessati a concorrere alla sua ripartizione” – il Collegio rileva che:

– i soci Auditel che sono operatori nazionali ((…), (…), (…)) non possono avere alcun interesse ad influenzare i dati di ascolto delle emittenti locali e a condizionare una graduatoria per la fruizione del Fondo per il pluralismo radiotelevisivo alla quale sono e restano estranei, in quanto operano in un mercato diverso da quello dell’emittenza locale (come conferma la delibera AGCom n. 41/17/CONS);

– nella composizione dell’Auditel vi sono, in ogni caso, le associazioni rappresentative dei diversi operatori e degli eterogenei interessi che si muovono a diversi livelli nel settore dell’emittenza radiotelevisiva e cioè: (…); (…); (…); (…); (…);

– in aggiunta a ciò, ulteriore elemento a garanzia dell’imparzialità dell’Ente va ravvisato nella circostanza che l’Auditel è sottoposta alla vigilanza dell’AGCom ed al rispetto delle previsioni della delibera della stessa Autorità n. 85/06/CSP, recante “Atto di indirizzo per la rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione dei mezzi di comunicazione”; nella delibera, tra l’altro, è anche previsto che la compagine societaria dell’Auditel debba essere effettivamente rappresentativa dell’intero settore di riferimento;

– l’AUDITEL costituisce, dunque, una figura di “governance” che garantisce la terzietà rispetto ai destinatari della sua azione perché i suoi soci sono in (potenziale) conflitto di interessi tra di loro ed è proprio questa eterogeneità/conflittualità degli interessi “associati” che garantisce l’equilibrio degli opposti interessi.
A tutto ciò va ad aggiungersi che non sono stati allegati dalla ricorrente elementi probatori di sorta atti a rappresentare errori, lacune o carenze nei procedimenti seguiti dall’Auditel nella rilevazione dei dati di ascolto, sicchè le censure svolte in astratto sulla mancanza di imparzialità (in ogni caso non fondate, per quanto sopra esposto), non sono state accompagnate dall’allegazione di prove in ordine al fatto che l’Auditel abbia in qualche modo danneggiato la ricorrente.
Alla luce di quanto sopra argomentato va anche respinto il secondo motivo di gravame.

12. – Gli argomenti che precedono e che hanno condotto al rigetto del ricorso appaiono più che sufficienti anche ai fini della reiezione dei motivi aggiunti che, come esposto, sono in larga parte reiterativi delle medesime censure già svolte nel ricorso introduttivo, costituendo la graduatoria impugnata atto meramente applicativo delle norme regolamentari del d.P.R. n. 146/2017, oggetto del ricorso introduttivo.

13. – Per tutto quanto precede il ricorso è da respingere al pari dei motivi aggiunti.

Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra tutte le parti in causa, stanti i molteplici profili di novità della controversia in cui si sono affrontate per la prima volta, in assenza di precedenti giurisprudenziali, questioni applicative relative alla nuova disciplina regolamentare della ripartizione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, respinge sia il primo che i secondi.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Blanda, Presidente FF
Achille Sinatra, Consigliere
Claudio Vallorani, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE
Claudio Vallorani

IL PRESIDENTE
Vincenzo Blanda

IL SEGRETARIO